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Audrey Niffenegger, La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo, Oscar Mondadori, Milano 2010 [2003].
 
Copertina di ''La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo'', di Audrey Niffenegger.

[Fantascienza con personaggi lgbt]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Sintesi perfetta di romanzo tradizionale e romanzo di fantascienza.

Ecco il libro ottimo che ti capita solo di tanto in tanto di riuscire a scovare. Non che sia il fantomatico libro "privo di difetti" che tutti sogniamo da sempre di trovare, e che non incontriamo mai. Anche qui i difetti ci sono (a iniziare da una certa melensaggine di sentimenti da "romanzo rosa", fino alla presenza d'una quantità eccessiva di sogni, per me privi d'interesse narrativo) ma i pregi sono tali da compensarli ampiamente.

Ma andiamo con ordine. Questo libro si colloca a cavallo fra la letteratura "mainstream" e quella di fantascienza. Da molti anni si porta avanti il tentativo di fondere le due tradizioni letterarie (che hanno criteri narrativi diversi) in una sintesi. Ciò ha prodotto anche opere di fantascienza pretenziose, turgide, retoriche e scombinate (come Dhalgren di Delaney) o viceversa opere di narrativa pseudo-SF ma totalmente prive di "senso del meraviglioso", in cui il richiamo fantascientifico era o poco credibile o del tutto superfluo (come in Oi Paz di Richard Thompson).

Da qualche tempo, però, mi capita di leggere sempre più tentativi d'innesto riusciti, come ne L'anno dei dodici inverni di Tullio Avoledo (che sembra a tratti essersi un po' ispirato al presente romanzo...) o Eudamon di Erika Moak.
E come il romanzo in questione, ovviamente.


Non è facile fondere un romanzone (senza offesa a nessuno) d'amore come questo con un'opera di fantascienza.
Il romanzo rosa si basa infatti sulla descrizione delle emozioni e dei sentimenti, e tanto più strappano lacrime meglio è, anche a costo di rallentare l'azione; il romanzo di fantascienza si basa al contrario sulla produzione a getto continuo d'idee e situazioni insolite. E pazienza se, per mantenere il ritmo giusto di "idee nuove", si sacrifica lo scavo psicologico ed emozionale dei personaggi, che così tendono ad essere "tipi" (a volte addirittura standardizzati).

In questo libro, invece, l'autrice è riuscita a cucire, stringere e allargare i due pezzi di stoffa che aveva, e ne ha tirato fuori un vestito che sembra un pezzo unico.
E lo è, dato che è certamente nuovo ed insolito per tutti e due i pubblici a cui può interessare: quello dei lettori di romanzi mainstream, e quello dei lettori di romanzi di fantascienza.
I primi sono costretti ad attivare finalmente i neuroni su concetti insoliti come il "Principio di retroazione", famigliare ai lettori di fantascienza ma arcano per gli altri (ciò che accade oggi è la conseguenza di un'azione compiuta domani grazie al fatto che l'azione di ieri mi ha convinto oggi a fare ciò che serve per arrivare all'azione da compiere domani.... iuuuupppiii!).
I secondi invece si trovano di fronte a personaggi corposi, spessi, che necessitano d'un intero romanzo per essere scoperti, e che vivono un'intensa storia d'amore quale raramente si trova in un romanzo di fantascienza più "tradizionale".


L'autrice ha intelligentemente "dato via" l'idea centrale del romanzo fin dal titolo. In questo modo ha tenuto lontano la massa di coloro che avrebbero potuto dire "viaggi nel tempo? Urgh!".
Leggendo le recensioni qualche lettore totalmente privo di "senso del fantastico", che quindi fatica ad andare al di là della complessità della trama d'un romanzo "Harmony", lo si trova. Ma si tratta di pochi casi: chi compra il libro, o non ha letto il titolo, o sa che tratterà di viaggi nel tempo.

Grazie ai quali una bimba incontra un uomo, condannato da un'anomalia genetica a viaggiare involontariamente nel tempo senza poter controllare né destinazione né periodo.
L'uomo è completamento nudo, perché ad ogni viaggio tutto ciò che non sia parte del corpo rimane al punto di partenza: con tutti i guai e drammi che ciò comporta al povero viaggiatore.

L'uomo le scrive una lista di date da lui memorizzate (che ha ottenuto dal diario della bambina una volta cresciuta: retroazione!), chiedendole di portare vestiti e cibo in quel posto in quelle date, nelle quali lui riapparirà. In questo modo i due fanno amicizia, che con gli anni da parte della ragazza diventa amore.
E il titolo del libro spiega perché, ed anche come andrà a finire.


Il romanzo segue grosso modo l'ordine cronologico reale, alternando la voce di lei (Clare) e di lui (Henry), con Henry che ogni tanto sbuca fuori provenendo da tutti i momenti del futuro... e in qualche caso anche dal passato. E talvolta incontrando se stesso.

L'autrice ha saputo sfruttare l'ipotesi di partenza del romanzo in modo leggero e credibile, al punto da farci dimenticare, dopo poche pagine, che i viaggi nel tempo sono impossibili. E l'ha trattata in modo decisamente insolito, almeno se si giudica in base alle convenzioni del genere fantascientifico.
In un romanzo di fantascienza, infatti, l'eroe che viaggia nel tempo di solito inizia subito a trescare per diventare imperatore del mondo... Invece qui vive il suo "dono" come un problema, che lo allontana dalla moglie, rende drammatico il desiderio d'un figlio, crea guai a non finire con lavoro, amici, vita normale.
 
Questo anti-eroe non sogna infatti la corona del mondo: sogna disperatamente una vita normale.
Ed è in questo tratto l'elemento più da "romanzo rosa" del libro, con sentimenti che rischiano quasi di risultare melensi. Henry vorrebbe solo, dalla vita, poter stare con la sua mogliettina e far l'amore con lei, dato che l'ama tanto.

Fortunatamente l'autrice sfugge dalla trappola di creare un maritino super-umano, e ci dà un personaggio abbastanza credibile da fare quel che faremmo anche noi se viaggiassimo nel tempo: al momento di metter su casa, va a comprare il biglietto vincente della lotteria... e di tanto in tanto consiglia a se stesso nel passato qualche azione su cui sarebbe saggio investire... Oh be', allora è umano anche lui, dopo tutto.


Dopo tanto miele di questo amore, il finale è agrodolce: chi viaggia nel tempo inevitabilmente finisce per conoscere la data della propria morte. Magari rivelata involontariamente da qualcuno, incontrato nel futuro, che gli dice: "Tu qui? Ma tu sei morto...". Ahi.

Eppure la scena del viaggio finale, con Henry che chiede a Clare di abbracciarlo e stringerlo perché sta per sparire per andare incontro all'incidente fatale (contro il quale non può fare assolutamente nulla) ha il pathos e l'ineluttabilità del dramma greco.


Oltre che con l'insolito utilizzo del viaggio nel tempo, l'autrice ha voluto stemperare gli aspetti più "rosa" della sua storia d'amore attraverso l'inserimento di alcuni personaggi di contorno un po' scapestratelli, come Ingrid (l'amante di Henry negli anni precedenti al suo primo incontro con la bambina/futura moglie: i viaggi verso lei bambina sarebbero infatti iniziati solo dopo la conoscenza e il matrimonio); Ben, uno spacciatore omosessuale e sieropositivo (le cui sofferenze il protagonista sarà in grado di lenire provenendo dal futuro e rassicurandolo sul fatto che nel futuro sarebbe stata trovata una terapia e lui sarebbe stato ancora vivo); Celia, donna lesbica e nera innamoratissima senza speranza d'Ingrid; Gomez, intimo amico di Clare ed Henry da sempre, ma da sempre segretamente innamorato di Clare...

Divertente la scena alle pp. 63-64, in cui Henry, in due versioni (una delle quali, ovviamente, proveniente dal futuro) adolescenziali ma non ancora in grado di avere accesso a una ragazza, si danno letteralmente una mano a vicenda per sfogare gli eccessi di ormoni.

Si vedano anche le pp. 99 (Beatrice Dilford "è lesbica per davvero"), 139-143 e 149 (Henry picchia un omofobo che intende violentarlo o picchiarlo perché lo aveva visto indossare abiti da "checca", i soli che avesse trovato dopo un balzo nel tempo); 161 (Celia); 237-239 (Celia porta Clare a incontrare Ingrid in un bar lesbico, per convincere Ingrid del fatto che la sua storia con Henry è ormai finita); 246 (l'omosessualità e la sieropositività di Ben vengono fuori in modo molto indiretto mentre lui ed Henry discutono, nella vana speranza di trovare una droga in grado d'inibire i viaggi nel tempo); 406 (la fedeltà della Clare adolescente al suo futuro marito aveva fatto sì che si spargesse la voce che era lesbica); 460 (Henry arriva a casa di Ingrid durante un litigio, quello definitivo, fra lei e Celia).

Altre allusioni più sottili sono sparse qua e là, ma sono tali che il lettore disattento, se non desidera recepire questo aspetto del loro carattere, finisca per non notarlo.



La sola nota stonata nella narrazione (che, pur non avendo uno stile magistrale si mantiene sempre su un livello molto pacato, elevato e signorile), è l'inserimento di qualche "cazzo" qui e là, di cui sinceramente non sentivo il bisogno. A mio parere l'autrice ha voluto far vedere d'essere disinibita, ma non ce n'era nessun bisogno. Però in fondo a noi "La Gioconda" piace anche se ha qualche crepa sulla superficie, no?

Questo è insomma un romanzo che mi sento di consigliare. Come minimo è insolito proprio per la sua natura ibrida, a cavallo fra due generi letterari; come massimo... be', è semplicemente bello.
E per i dieci euro (per 503 pagine) che costa l'edizione economica, non rischiate molto, anche nel caso alla fine non vi piacesse.

Accattativìllo...


 
 
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