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Perché la proposta Cirinnà è sbagliata.
Intervista ad Antonio Rotelli.

[Da "Pride", dicembre 2015]

di: Giovanni Dall'Orto.
   

Antonio Rotelli
Antonio Rotelli.
Foto di Giovanni Dall'Orto.
 



Negli ultimi mesi i mezzi d'informazione hanno sollevato un polverone sulla proposta di legge Cirinnà sulle Unioni civili. Che dai politici gay viene presentata come un primo passo: “meglio questo che niente”.
Abbiamo intervistato Antonio Rotelli, uno fra i militanti più attivi di “Rete Lenford” (la rete dei giuristi e avvocati che si batte per i diritti lgbt), che ci ha dato una valutazione molto meno ottimistica.

L'intervista è stata effettuata il 25 ottobre 2015 ed a causa della lunghezza è apparsa in versione ridotta. Questo è il testo integrale, ovviamente rivisto dall'intervistato.


Tu sei notoriamente critico verso la proposta Cirinnà. Perché?
Perché credo che sia sbagliato chiedere le unioni civili anziché il matrimonio “come se” si stesse chiedendo un “matrimonio in versione light”, cioè “come se” fossero un primo passo verso il matrimonio. Le unioni civili sono una cosa diversa dal matrimonio, tant'è che in molti Paesi sono previste sia le Unioni civili che i matrimoni. E da nessuna parte sta scritto che se ottieni una cosa poi otterrai l'altra. Infatti in Italia si sta parlando di darcene una proprio per evitare di darci l'altra.
Questa scelta rinunciataria viene giustificata con l'argomento che non ci sarebbero i numeri per approvare il matrimonio egualitario. La realtà ci mostra che non ci sono i numeri per approvare neppure le Unioni civili. Il problema quindi non è il numero di voti, ma la mancanza nel partito di maggioranza di una cultura capace di portare avanti i nostri temi, a qualsiasi livello.
E poi se proprio non posso fare a meno di combattere una battaglia, allora tanto vale che la posta in gioco sia il matrimonio: tanto lo sforzo si sta rivelando esattamente il medesimo, quindi tanto vale che il premio in palio sia quello che desidero io.

Cosa trovi di sbagliato nella proposta Cirinnà?
Gli emendamenti approvati sono andati a individuare tutte le disposizioni in cui ricorre la parola “famiglia” e a cancellarla, in modo che questa legge conceda unicamente quello che i tribunali ci hanno già concesso, e nulla di più, anzi: sbarra la strada alla possibilità che in futuro possano concederci altro. E una volta stabilito ufficialmente che quelle omosessuali non sono famiglie, e che non lo sono perché così ha voluto il legislatore, i giudici saranno tenuti ad applicare quel principio.
Pensa che per ottenere quel risultato sono andati a modificare perfino la regola sul cognome, per impedire che in caso di vedovanza il coniuge possa conservare il cognome del defunto, cancellando anche il punto in cui si parlava di vedovo o vedova, in modo da poter negare che quell'unione abbia mai avuto lo stesso valore sociale che ha un matrimonio!

E il movimento lgbt ha accettato tutto questo senza fiatare?
L'onorevole Cirinnà ha dichiarato che tutte le modifiche erano state concordate con le associazioni, ma le associazioni sono state solo convocate una volta per comunicare loro quello che il Pd aveva già deciso e che intendeva fare. Il Pd ha poi strumentalizzato l'incontro, presentandolo come un dialogo in cui si era concordato qualcosa tutti assieme, costringendo le associazioni a smentire e a ribadire che per loro l'obiettivo era il matrimonio.
Del resto in assenza d'una strategia comune le campagne fatte, che pure ci sono state (pensiamo a quella di Arcigay) non sono riuscite a far parlare di coppie dello stesso sesso come di famiglie, o di far parlare di omogenitorialità, anziché del fatto che quelle omosessuali non sono famiglie. Fin qui sono stati i nostri avversari ad avere l'iniziativa.

Eppure Renzi ha promesso che la proposta sarà discussa in Parlamento a inizio anno nuovo.
La proposta ha già un iter molto lungo, con rinvii e rimandi che molti non conoscono, ma che ci sono stati. Quindi prima di giudicare aspettiamo a vedere cosa succede.
Sfortunatamente i proponenti della legge non avevano capito che la battaglia che andavano a combattere non sarebbe stata affatto in discesa solo per il fatto di accontentarsi delle unioni civili, ma che visti gli avversari, che ne fanno una questione di principio, sarebbe stata una lotta esattamente identica a quella che avrebbero comunque dovuto combattere se avessero optato per il matrimonio. Scusa se insisto, ma se c'era il rischio di perderla, allora tanto valeva perderla sul matrimonio. Perché se fai la battaglia sul matrimonio fai anche una battaglia culturale, la stampa e i cittadini sono portati a discutere di uguaglianza, ma se parli di unioni civili parli solo delle differenze fra cittadini eterosessuali e cittadini omosessuali.
In Italia dalla giurisprudenza abbiamo paradossalmente ottenuto molte cose perché la legislazione ci ignora (a parte una norma della legge 40 sulla riproduzione assistita), quindi è stata possibile una fecondità d'interpretazioni da parte dei tribunali. Invece una volta che ci saranno le unioni civili avremo paletti piantati intenzionalmente per stabilire che le nostre famiglie non sono come le famiglie eterosessuali, anzi che non sono proprio famiglie, sono un'altra cosa, sono una “formazione sociale specifica”.

Molti militanti, specie in area Pd, affermano che se perdi sul matrimonio perdi automaticamente anche sulle unioni civili, quindi resti senza mosse “di riserva”.
A costoro ricordo che dieci anni fa abbiamo già combattuto e perduto la battaglia per i Pacs, però non è che perduta quella battaglia ci siamo preclusi altre strade... anzi.

Ma le stesse persone dicono che sarebbe comunque saggio iniziare a porre una prima base con la Cirinnà, dato che niente impedisce di proseguire nei tribunali la battaglia per ampliarla.
Se quanti affermano che questa battaglia va combattuta e vinta sul piano della politica, agiscono pensando che anche se si fa una cattiva legge tanto poi provvederà la giurisprudenza a colmare il vuoto che loro hanno intenzionalmente creato, io chiedo che cosa ne è di quella “preminenza della politica” che loro hanno sempre presentato come uno scudo per le loro idee.
I politici gay hanno sempre visto male il ruolo della battaglia giuridica. E allora perché adesso improvvisamente si spera che sia la giurisprudenza a fare quello che i politici intenzionalmente non hanno voluto fare? Non è una contraddizione?
E poi, stiamo parlando quasi come se questa scelta rinunciataria fin qui avesse pagato, e invece non è stato affatto così. Sarebbe infatti stato logico che una volta presentato il testo della Cirinnà già concordato in Commissione fra i partiti, esso fosse adottato, o al massimo emendato qua e là. Invece qui il testo prima ancora di essere adottato è stato modificato una prima volta. Alle audizioni, il centrodestra è riuscito a portare tutti, compresi coloro che pensano che noi siamo malati, mentre dall'altra parte hanno chiamato solo persone che sostenevano che non si poteva aprire al matrimonio. Nessuno si è mai sognato di chiamare noi, non fino a quando le associazioni non hanno protestato perché volevano essere audite anche loro.
Dopodiché ci sono state ulteriori modifiche sulla base di proposte della stessa relatrice Cirinnà, tutte peggiorative, eppure non basta ancora: adesso arriverà una terza ondata di modifiche, ovviamente ancora al ribasso. È lo stesso gioco fatto dieci anni fa coi Pacs/Dico/Didoré/Cus. Non abbiamo imparato nulla?

Che cosa dicono le modifiche?
I cattolici del Pd e del centrodestra hanno insistito per differenziare sempre più le unioni civili dal matrimonio: l'obiettivo che perseguono è escludere che le coppie di persone dello stesso sesso siano considerate famiglie, ossia quello che diverse sentenze di tribunale hanno già stabilito che sono.
Io sostengo che la battaglia va combattuta per il matrimonio, tuttavia che questa sia la posta in gioco lo hanno capito solo i nostri avversari.

Ivan Scalfarotto sostiene che se non abbiamo ottenuto mai nulla in Italia è stato solo perché siamo stati troppo “massimalisti”: avremmo dovuto chiedere di meno, non di più.
Non si tratta di ragionare in termini di quantità, ma di significato. Gli altri stanno facendo una battaglia di principio: vogliono sancire attraverso la legge Cirinnà che le nostre coppie devono essere trattate in modo differente perché le nostre non sono famiglie. Quindi il problema non è contare quante cose ci danno, il problema è capire cosa questa legge finirà per dire che noi siamo.
I nostri avversari stanno combattendo per capovolgere quello che la giurisprudenza ha già accettato. Eppure quando la politica interviene dovrebbe partire dai principi che la giurisprudenza (per esempio, la Corte Costituzionale) ha già accertato, e progredire; invece nel nostro caso il gioco dei politici serve solo a farci andare indietro rispetto a quanto abbiamo già ottenuto.

Puoi farmi un elenco di quanto abbiamo già ottenuto?
Abbiamo ottenuto che la giurisprudenza sancisse che le nostre famiglie non sono un fatto privato ma una “rilevanza sociale”, cioè che la nostra battaglia non riguarda il diritto a fare sesso con chi ci pare, ma il fatto che noi creiamo unioni in cui ci sviluppiamo umanamente, facciamo progetti, e questi progetti sono riconosciuti degni di tutela da parte della legge e dello Stato, allo stesso titolo a cui sono riconosciuti degni di tutela gli analoghi progetti delle persone eterosessuali.
Questo vuole dire che la società deve rispettarci in quanto tali, deve rispettare la nostra famiglia, ha l'obbligo di rimuovere gli ostacoli che essa incontrasse.
La giurisprudenza ha stabilito questo principio, smentendo chi come la Bindi verso il 2007 diceva: “Questo è solo un fatto privato”, o come Giovanardi o Buttiglione, che affermano che sono fatti privati nostri, e che lo Stato non ci deve nessuna tutela.

E in che modo ci si è arrivati?
Innanzi tutto le sentenze 138 e 179 della Corte costituzione hanno stabilito che le unioni tra persone dello stesso sesso godono del diritto fondamentale alla vita famigliare, previsto dall'articolo 2 della Costituzione. Questo vuole dire che anche le unioni tra persone dello stesso sesso sono famiglie tutelate dalla Costituzione.
È vero che la Corte ha avuto un atteggiamento eccessivamente prudente, in base al quale non ha mai affermato apertamente che quella omosessuale è una famiglia, e lo ha fatto dichiaratamente per lasciare che fosse il Parlamento a stabilirlo. Secondo me ha esagerato con i piedi di piombo, tuttavia la decisione è stata questa.
La sentenza è comunque stata importante perché è stata poi integrata nel giugno 2015 dalla Corte Europea dei diritti Umani, che ha precisato che ciò che si va a tutelare è proprio la vita famigliare, quindi stavolta è stato affermato a chiare lettere che le nostre sono famiglie. Come vedi è una specie di puzzle, in cui aggiungiamo un pezzettino alla volta, con immensa pazienza ed enorme dispendio di energie e soldi, per ovviare alla mancanza di volontà politica di farlo.
Oltre a queste sentenze abbiamo la numero 4184 della Corte di Cassazione nel 2012, che in tema di matrimonio ha sancito che un matrimonio tra due persone dello stesso sesso non è impossibile (giuridicamente si dice: “non è inesistente”): quando sia stato celebrato secondo le leggi di un Paese che lo ammette si tratta di un matrimonio esistente e valido, anche per l'Italia.
Purtroppo a quel punto, dovendo concludere che essendo valido allora produce effetti anche in Italia (e torniamo alla questione della reticenza dei giudici a intervenire nel campo della politica) si è inventato che in Italia quel matrimonio è sì valido, però non produce effetti, perché in Italia non si potrebbe celebrare.
Dimenticandosi del fatto che noi siamo anche cittadini dell'Unione europea e che il concetto di “matrimonio” e “coniuge” a livello d'Unione è diverso da quello italiano, cioè più ampio, e che ciononostante quei matrimoni esteri producono effetti anche in Italia. Ad esempio, quando s'è dovuto stabilire se il coniuge cittadino non UE avesse o meno diritto alla carta di soggiorno, sì è detto di sì anche in Italia, perché la norma che si applica è quella di derivazione comunitaria, che lo prevede.
Per finire con l'elenco delle cose che abbiamo ottenuto, la Cassazione è intervenuta molte volte: ad esempio quest'anno con la sentenza 2400, che riguardava il rifiuto delle pubblicazioni matrimoniali in Italia, dicendo che queste persone hanno il diritto alla vita famigliare e che se il legislatore lo volesse potrebbe aprire con legge ordinaria il matrimonio, come è stato fatto in Spagna. Però ancora una volta la Cassazione dice: ci fermiamo qua. Per cui il rifiuto delle pubblicazioni, gira gira, alla fine è legittimo. Eppure anche con queste limitazioni ha aggiunto un ulteriore tassello, ha stabilito un ulteriore principio.

Ma se queste sentenze stabiliscono solo principi astratti, perché fare per questi processi?
Non si tratta di questioni astratte; sono princìpi che hanno conseguenze molto pratiche. Ad esempio quest'anno il tribunale di Treviso, di fronte a un Comune che non voleva dare le ceneri di un compagno morto al sopravvissuto, ha stabilito, basandosi proprio su quei principi, che i due essendo conviventi da una vita erano una famiglia, e che quindi questo diritto esisteva.
Una volta che la giurisprudenza ha stabilito un principio, esso non rimane sulle nuvole: gli altri giudici lo applicano, e pian pano le applica anche la pubblica amministrazione. Nel caso della concessione del permesso di soggiorno per un compagno dello stesso sesso c'è stata una sentenza favorevole al ricorrente, dopodiché il Ministero dell'interno ha mandato una lettera chiarificatrice che in sostanza diceva: se c'è una sentenza in questo senso, allora d'ora in poi concedete il permesso. Non è stato più necessario tornare in tribunale, perché la Pubblica amministrazione ha accettato il principio secondo cui quello è un coniuge.
Addirittura in un caso successivo, quello d'una coppia non sposata all'estero ma unita da una unione civile, la corte ha riconosciuto che il permesso andava concesso in quanto si trattava di un “famigliare” del cittadino italiano.

E nel campo dei figli?
In tema di omogenitorialità è stato stabilito dal Tribunale per i minorenni di Roma che il partner dello stesso sesso del genitore, anche non coniuge, può adottarne il figlio in base a un articolo della legge sull'adozione che regola i casi particolari. Questo perché s'è assunto come punto di vista quello della tutela del diritto del minore ad avere due genitori che lo educhino, e non il diritto dell'adulto ad avere un figlio. Questa sentenza è stata poi impugnata, ma la sentenza d'appello è per ora in sospeso.
Poi, la corte d'appello di Torino, dovendo decidere della trascrivibilità in Italia dell'atto di nascita di un minore che risulta avere due mamme, di cui una spagnola ed una italiana, ha stabilito che in questi casi va solo verificato che quell'atto di nascita redatto all'estero sia rispettoso delle leggi dello Stato in cui è stato redatto, e che non sia contrario all'ordine pubblico. Nel caso in esame questi requisiti ci sono tutti, quindi oggi in Italia quel bambino ha due mamme, ed è anche cittadino italiano: la madre ora lo può portare in giro in Italia senza il rischio che glielo sottraggano.
Anche questa sentenza è stata impugnata, e quando dico che la battaglia è tuttora in corso intendo proprio queste cose.
L'elenco si potrebbe ancora allungare: pensa alla questione dei congedi matrimoniali, per i quali molti contratti integrativi prevedono ormai la parità fra coppie gay e ed etero, ma per non farla troppo lunga, basterà concludere che l'intervento del legislatore non può limitarsi a consolidare con una legge quello che i tribunali hanno già deciso, e tanto meno a mettere paletti per fare addirittura un passo indietro. Quello che io mi aspetto è che sulla base dei quei principi stabiliti dai tribunali, il Parlamento faccia un passo avanti, e questo passo si chiama solo “matrimonio”.

Quindi dobbiamo accettare l'idea che la strategia che passa attraverso il Parlamento e i partiti è fallita, e dobbiamo concentrare gli sforzi sulle aule dei tribunali?
Io non ho mai visto un contrasto fra le due strategie. Sarebbe stato indubbiamente meglio se il legislatore fosse intervenuto e se il movimento avesse ottenuto qualcosa, però essendo un giurista, sono andato dal giudice perché esplicitasse che io ho diritti, e pensavo che questo potesse poi essere di puntello e aiuto a chi fa la politica.
Con amarezza ho dovuto constatare che chi fa la politica, anche nel movimento lgbt, ha sempre visto come fumo negli occhi che intervenissero i giudici. Paola Concia ha parlato espressamente di “invasione di campo” da parte dei giudici, altri hanno fatto dichiarazioni che parlavano delle sentenze che ci riconoscevano i nostri diritti in termini di “schiaffo” e “umiliazione” ai politici. C'è una dichiarazione di Sergio Lo Giudice che afferma che, ancora una volta, il parlamento si deve far dire dai giudici cosa deve fare...
Questa mentalità non fa altro che esacerbare un conflitto inesistente, e non aiuta la politica, perché sembra quasi che la politica debba “correre ai ripari” per arginare i giudici, o per fare qualcosa che altrimenti, se fosse dipeso solo da lei, non avrebbe mai fatto.

Il che peraltro è probabilmente verissimo...
Perché pensi che i politici, soprattutto quelli gay e lesbiche, abbiano reagito in questo modo?
Perché i nostri politici, tutti, non hanno una formazione in materia di diritti fondamentali, e pensano che sui diritti fondamentali sia sempre possibile fare una mediazione. Ma i diritti fondamentali sono tali proprio perché è impossibili fare mediazioni su di essi. Se sono un essere umano, io non posso essere umano solo al 50%, o al 70%. I diritti, o si hanno o non si hanno.
Il matrimonio me lo devi dare perché è un diritto fondamentale, e io non posso esserne escluso solo per una caratteristica del mio modo di essere.

Il movimento lgbt italiano non ha fallito solo sulla battaglia per il matrimonio egualitario. Anche sulla legge contro l'omofobia il bilancio è disastroso. Dove abbiamo sbagliato?
Abbiamo accettato anche qui che qualcuno potesse pensare che noi non siamo uguali agli altri, che le persone omosessuali vanno tollerate, ma che qualcosa in loro comunque “non va”.
I nostri avversari hanno sostenuto che uno può scegliere di essere omosessuale, mentre non può scegliere se essere ebreo o nero, quindi è logico applicare criteri diversi quando si parla di discriminazioni. E poi, hanno aggiunto, come facciamo a capire chi sia omosessuale? Basta la mera dichiarazione dell'interessato, o no?
Tutti questi cavilli sono stati presi sul serio come se fossero fondati, nonostante il fatto che la legge Mancino-Reale punisca già ora le discriminazioni su base religiosa e linguistica, che sono entrambe scelte che chiunque può fare, anzi che chiunque ha il diritto fondamentale a fare.
Chi ha portato avanti la nostra battaglia avrebbe avuto il dovere di rendere evidente che non esiste differenza tra discriminazione compiuta in base all'orientamento sessuale e discriminazione compiuta in base all'appartenenza religiosa, e invece ha deciso per motivi politici, ossia per tenere assieme il suo partito, fondamentalmente una minoranza del Pd, di modificare il testo.
Lo ha fatto aggiungendo tutta una serie di eccezioni che consentivano le discriminazioni, creando però il problema che se quelle discriminazioni fossero state approvate avrebbero creato precedenti che avrebbero svuotato il senso stesso della legge Mancino. Se approvata in quei termini, infatti, la legge sarebbe stata fondamentalmente un favore a Forza Nuova, e niente di più.

Cosa pensi succederebbe se fosse approvata la proposta di legge Cirinnà?
È evidente che se anche passassero le unioni civili Rete Lenford andrebbe avanti con la strategia giudiziaria, perché esistono persone in carne ed ossa con esigenze concrete. Ma se passeranno le unioni civili la battaglia per il matrimonio verrà rallentata, perché verrà fissata per legge la distinzione fra cittadini eterosessuali, di serie A, e cittadini omosessuali, di serie B.
Poi, non si può mai dire: se domani diventasse capo del governo uno Zapatero, la situazione si sbloccherebbe. Non possiamo sapere in anticipo come andrà a finire.

Ma tu pensi che “gli italiani sono pronti” al matrimonio egualitario?
Il fatto che ci viene sempre detto che gli italiani non vogliono il matrimonio, nonostante le indagini Istat mostrino che ormai la metà degli italiani è favorevole al matrimonio fra persone dello stesso esso, è un puro alibi.
Il problema non sono gli italiani, il problema è l'influenza della Chiesa che è e continuerà ad essere forte in assenza di politici forti, e quindi anche la strategia giudiziaria dovrà continuare a scontrarsi con questa realtà.

Il presidente del Consiglio una volta all'anno va a cena coi cardinali; a noi non dà udienza nemmeno se glielo chiediamo: il rapporto di forze è quindi impari. Ma non abbiamo nessuna alternativa se non proseguire, perseverare, pazientare, e continuare a combattere.  


Tratto da: "Pride", dicembre 2015.
 
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