Home page Giovanni Dall'OrtoScritti di attualità > Da Piazza Scala a Palazzo Marino

Milano: Vent'anni non bastano per andare
da Piazza Scala a Palazzo Marino.

[Inedito - 28 giugno 2012]

di: Giovanni Dall'Orto.
 
 

La manifestazione in piazza della Scala a Milano il 27 giugno 2012. 
Palazzo Marino è l'edificio sulla sinistra.
 

Vent'anni fa, ai "matrimoni in piazza", celebrati a Milano in piazza della Scala dal consigliere comunale Paolo Hutter, la folla era tale che era impossibile muoversi nello spazio gremito all'inverosimile.
Ieri, alla celebrazione del ventennale di quell'iniziativa, ho (letteralmente) contato poco meno di cento persone, e di spazio per muoversi ce n'era anche per gli autobus, se solo avessero voluto passare.
Gli organizzatori però erano soddisfatti e parlavano di un "successo".
Sono stati distribuiti sacchetti beneaguranti di riso ed è stata imbullonata a una ringhiera in ferro una catena che reggeva tanti romantici "lucchetti degli innamorati", da aprire - così hanno dichiarato gli organizzatori - solo quando ci sarà una legge per le coppie dello stesso sesso (quale tipo di legge, però, non l'hanno detto).
Il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha fatto (e gliene va reso merito) una puntatina di saluto, assicurando il suo impegno per il registro (simbolico) delle (simboliche) unioni di fatto, e l'assessore Majorino ha promesso che il suddetto registro (simbolico) sarà istituito entro la fine dell'anno.

Tutto bellissimo. C'erano persino dei ragazzi carini, cosa che non guasta mai.
Peccato solo che mancassero i cittadini milanesi, e soprattutto le coppie gay e lesbiche.


Certo, non si poteva mica organizzare una piazzata che attirasse altrettanta gente che vent'anni fa, questo è ovvio: ai tempi del "sobrio" Mario Monti la sobrietà è un must anche per gay e lesbiche:

Un auspicio super-condivisibile, ma anche poco realistico. Perché la realtà dei fatti è che, vent'anni dopo, la coppia svizzera che aveva partecipato alla cerimonia è tornata come coppia che ha già potuto registrare la propria unione, mentre la situazione italiana è rimasta esattamente la medesima, senza il minimo cambiamento. Il che fa pensare che contrariamente a quanto dichiara Mori, sia oggi più che ieri il vero momento dei "finti matrimoni in piazza", come li chiama spregiativamente lui.

Mi spinge a pensarlo l'esito di una "piazzata" del genere avvenuta a Torino durante il "Torino Pride 2012", il 16 giugno scorso, quando una ripetizione della celebrazione dei ("finti") matrimoni pubblici è stato un successo strepitoso, che ha obbligato il Pd ad aprire un dibattito sul tema, ha fatto parlare i massmedia per giorni (a differenza di quanto avvenuto col "Bologna Pride 2012", sparito in uno sbuffo di fumo dieci secondi dopo la conclusione), ed ha visto fra i celebranti anche i consiglieri regionali del Pdl Daniele Cantore e Fabrizio Comba (il sindaco del Pd Fassino, invece, non solo non s'è fatto vedere, ma ha anche imposto a quattro assessori della sua giunta di non partecipare alla cerimonia simbolica).

Il successo di partecipazione all'evento è stato tale che

A Milano, invece, abbiamo avuto un'iniziativa con manifestanti meno numerosi dei turisti giapponesi che posavano davanti al monumento a Leonardo da Vinci.
A chi va la responsabilità di questo "successo"?



 
Lucchetti degli innamorati in Piazza della Scala.
 
Ora, nel fornire una risposta a questa domanda è vero che non possiamo sempre dare la colpa al movimento lgbt, dato che l'Italia tutta, e non solo quella lgbt, ha marcito per un Ventennio in una morsa clerico-fascista trasversale, che l'ha portata in coda all'Europa sotto qualsiasi punto di vista (dai diritti dei lavoratori al diritto all'informazione, dai diritti dei migranti a quelli delle donne, dalla lotta alla corruzione alla lotta alla mafia, da...).

E però anche giocare agli innocentini sarebbe eccessivo. Se non altro perché pochi giorni prima Palazzo Marino (la sede del Comune di Milano che s'affaccia proprio sulla piazza della Scala) era stato usato da Alessandro Zan, storico esponente di Arcigay, per presentare una "proposta di legge d'iniziativa popolare" che come punto di partenza sceglieva un'impostazione già rinunciataria rispetto alle posizioni di Arcigay, chiedendo le "unioni civili" anziché il matrimonio.
In parole povere, è una proposta che ripete l'errore fatto ai tempi del governo Prodi, quando pensammo che se avessimo chiesto meno di quel che avremmo voluto tutti (la pura e semplice parità) sarebbe stato più facile ottenere almeno quel "meno" che chiedevamo. Si vide poi come andò a finire: dai Pacs ai Dico giù giù fino ai Cus ai Didoré, in un delirio di progressive mutilazioni alle nostre richieste, si pervenne infine al nulla assoluto che caratterizza la situazione italiana attuale.

Ciononostante per l'iniziativa rinunciataria di Zan, destinata anch'essa al nulla (le proposte di legge d'iniziativa popolare non sono mai state discusse dal Parlamento in tutta la storia della Repubblica, salvo un'eccezione o due) è spuntato fuori uno sponsor, che ha garantito un consistente finanziamento per quest'iniziativa che è tutta immagine e nessuna sostanza (basti dire che fra i promotori dell'iniziativa c'è Paola Concia, che essendo parlamentare quella proposta la potrebbe presentare domattina, senza bisogno di raccogliere e convalidare 50.000 firme). E forse sono solo troppo sospettoso io, però gli sponsor per le proposte di legge che davvero cambierebbero la situazione non si trovano mai, mentre in questo caso, per un'iniziativa di pura e semplice facciata, improvvisamente lo sponsor salta fuori, e si dimostra pure molto generoso. Sono troppo sospettoso? Giudicatemi voi.


Certo, Alessandro Zan e Paola Concia non sono propriamente il movimento lgbt, e tantomeno la comunità lgbt. Loro fanno parte della Casta politica, e quindi mirano per prima cosa a proteggere gli interessi della loro Casta, e non certo quelli del mondo lgbt.
Distrarre il mondo gay dalla "pericolosa" richiesta dei matrimoni (che "rischia" di essere un tema centrale della campagna elettorale prossima ventura) toglierebbe le castagne dal fuoco ai loro partiti di riferimento, SeL e Pd. Soprattutto al primo, dato che Nichi Vendola sta sempre più friggendo perché i compagnucci di merende cattoliche coi quali spera (o s'illude) di andare al governo da questo orecchio non ci sentono, mentre la sua base elettorale è ormai palesemente favorevole al matrimonio gay (che non per caso, come ricorda Gabriele Strazio, è perfino inserito nel documento programmatico di SeL, che chiede la "Possibilità per le persone, nel quadro di un effettiva parità di diritti, di scegliere liberamente con chi contrarre matrimonio indipendentemente dal genere dei contraenti").
Ecco quindi Vendola dichiarare:

Due bugie in una frase sola. Primo, come visto, la posizione a favore del matrimonio non è "personale", bensì del suo partito, a meno che il documento programmatico non sia per Vendola pura carta igienica. Secondo, qui si delira di una "piattaforma programmatica del centrosinistra" che, a meno di essermi addormentato per cento anni senza accorgermene, nessuno di noi ha mai visto discutere o approvare. Forse Vendola voleva dire "gli inciuci fra me e i clericali del Pd per mettermi una poltrona sotto al culo", ma questa è una cosa ben diversa da una "piattaforma programmatica".

Vendola non è comunque il solo a mentire. Alessandro Zan, per non essere da meno, sostiene (come rileva sempre Strazio nel suo intervento) che il matrimonio gay è impedito dalla stessa Costituzione italiana, mentre invece noi abbiamo una sentenza della Corte Costituzionale (la n. 138 del 2010) che, se da un lato ci ha deluso per mancanza di "coraggio" innovativo, dall'altro ha almeno sancito una volta per tutte che nulla, ma proprio nulla, nella nostra Costituzione proibisce il matrimonio fra persone dello stesso sesso, e che quindi qualsiasi decisione in proposito (pro o contro che sia) sta nella piena responsabilità e volontà dei politici.
I quali invece stanno da qualche tempo giocando a ripetere che "è la Costituzione che ce lo proibisce" nel tentativo di "tirare il sasso e nascondere la mano".
 
I sacchetti di riso distribuiti ai manifestanti.
 Bene quindi ha fatto ieri Franco Grillini a ricordare in piazza che

Aggiungendo: Eppure il grande assente alla manifestazione era proprio questo benedetto matrimonio. Sui sacchetti di riso non c'era scritto "Matrimonio gay ora", bensì... "Una legge per le coppie omosessuali".
In che senso "una legge"? Una legge purchessia? Una legge a casaccio? Estratta a sorte? Ci vanno bene anche i Pacs? O i Cus? I Didoré? I "diritti individuali delle persone"? Il Defense of marriage act?

In parole povere, non sappiamo neppure noi dire con chiarezza cosa vogliamo, pertanto organizziamo manifestazioni per comunicarlo alla cittadinanza ed ai massmedia.
In effetti, a quanto mi è stato raccontato, nel Coordinamento Arcobaleno di Milano non s'è riusciti a trovare una posizione unitaria su questa manifestazione, in quanto alcuni gruppi sono contrari, per motivi ideologici, al matrimonio di qualsiasi tipo.
Dunque, anziché usare il metodo chiamato "democrazia", nel quale in caso di dissenso irrisolvibile fra i delegati si chiede alla cosiddetta "base" di esprimersi lei, s'è scelto l'ennesimo gioco all'inciucio politico per paura del responso che la "base" avrebbe potuto dare.
Col risultato - prevedibilissimo - che "la base" il responso lo ha dato coi piedi, lasciando vuota la piazza. Chi mai si scomoda ad uscire di casa per andare a manifestare non per "una legge sui matrimoni gay", o al peggio "sui Pacs", bensì per "una legge a caso", una qualsiasi, non si sa quale?

A Torino celebrano il matrimonio in piazza e riempiono la piazza, a Milano no, e infatti la piazza la svuotiamo. Secondo il mio modo di pensare non è una coincidenza, bensì una pura conseguenza.


Certo, se lo scopo del movimento lgbt è permettere ai suoi dirigenti di piazzarsi, veloci come il fulmine, alla sinistra del sindaco Pisapia quando compaiono lui e i fotografi, allora la manifestazione di ieri è stata un vero successone.
E capisco quindi il compiacimento di chi s'è fatto fare la fotina-ricordo accanto al Pisapia. Nella vita, sono soddisfazioni...

Tuttavia io sono un po' meno soddisfatto per il fatto che ieri in piazza giravano due fotografe di "Vanity fair" che cercavano coppie da fotografare per un articolo sul loro giornale (che non è propriamente il bollettino parrocchiale di Cernusco Bernardone, e quindi qualche riguardo da parte nostra lo meriterebbe), e non ne trovavano...
Che splendido esempio di campagna comunicativa incisiva, il nostro!



 
Cartello in memoria di Gianni Delle Foglie e Ivan Dragoni, promotori dell'iniziativa del 1992, oggi entrambi scomparsi.
 
Del resto, la constatazione sul fatto che il movimento lgbt, o per meglio dire i suoi dirigenti, siano più arretrati d'una parte crescente del mondo politico italiano (ed è tutto dire!) è ormai un dato di fatto visibile a tutti.
A Bologna il sindaco Virginio Merola (del Partito democratico), dal palco del "Bologna Pride 2012", si è espressamente detto favorevole a una legge che riconosca i matrimoni fra persone dello stesso sesso, e ad un'altra legge per le unioni civili sia per eterosessuali, che per omosessuali. Impeccabile!

Per questo exploit dobbiamo ringraziare anche Antonio Di Pietro che (per calcoli elettoralistici, certo, però "...avercene"!) ha finalmente osato l'inosabile: rompere il fronte mafioso grazie al quale tutti i partiti, senza nessuna eccezione, per venti interminabili anni si sono dichiarati contrari al matrimonio gay, indipendentemente dal loro schieramento. "Siamo il primo partito a essere favorevole all'estensione del matrimonio civile anche alle coppie omosessuali", s'è pavoneggiato Di Pietro (e a ragione) il 15 maggio scorso.

Ciò che i nostri "leader" lgbtq piccini, miopi ed egocentrici non hanno ancora notato è che da quando Di Pietro ha rotto questo tabù omertoso, le dichiarazioni pro-matrimonio gay puro e semplice da parte di politici che non vogliono restare col cerino in mano alle prossime elezioni, si stanno moltiplicando di giorno in giorno a un ritmo crescente, andando dal segretario di Rifondazione Comunista Ferrero a Emma Bonino fino a un ministro dell'attuale governo, Claudio De Vincenti.
Quest'ondata di marea inarrestabile spiega la disperazione dei politburo di quei partiti "di sinistra" che non vogliono prendere posizione, né pro né contro, trovandosi lacerati fra il loro elettorato che è in maggioranza favorevole, e i clericali compagnucci di merende che sappiamo come la pensano.

Da qui l'operazione di mandare avanti gli ascari gay e lesbiche dei rispettivi partiti, affinché giochino al ribasso a nome dell'intero movimento, al grido di "non è più il tempo di finti matrimoni gay in piazza". Un grido che però rischia di ritorcersi loro contro, anzi, si è già ritorto contro, dato che la risposta è semplice: "è infatti arrivato il momento di veri matrimoni gay in Municipio: da Piazza Scala a Palazzo Marino!".

Che le cose stiano andando come ho appena detto lo ha del resto riconosciuto il giorno precedente alla manifestazione l'esponente del Pd Paola Bragadini, che certo preoccupata dai sondaggi pre-elettorali non proprio elettrizzanti per il suo partito ha dichiarato:

Ben detto. Persino nel Pd c'è chi capisce che la chiusura ai matrimoni gay ha fatto il suo tempo, ed ha i giorni contati.

A mio modesto parere, perciò, la dirigenza politica lgbt che sta pensando esclusivamente agli interessi dei partiti politici nei quali conta di fare carriera ha sbagliato i conti: questa Castina è infatti destinata a crollare assieme al resto della Casta nell'Apocalissi annunciata delle prossime elezioni (salvo forse Zan, a cui i trenta denari - e il seggio parlamentare - sono dovuti, per ringraziarlo di aver dato un bacio al matrimonio gay).

Quanto a me, la mia posizione la faccio esprimere da Andrea Berardicurti del circolo Mario Mieli:

[Per una galleria d'immagini fare clic qui].


Tratto da: Inedito
 
 
Quest'opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons "Attribuzione - Non opere derivate 2.5" Italia.
La ripubblicazione integrale è consentita a chiunque sotto i termini di tale licenza. La ripubblicazione parziale è concesso esclusivamente previo accordo con l'autore: scrivere per accordi.
 
[Torna alla pagina principale] [Torna all'indice degli scritti d'attualità]
[Mandami correzioni, suggerimenti o proponimi un nuovo link]