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Perché no alle guerre
[da "Pride", n. 42, aprile 2003, pp. 6-7]

di: Giovanni Dall'Orto

La nonviolenza è fin dalla nascita il solo e l’efficace metodo di lotta del movimento gay. Che per questo non può che essere contro la guerra.

[Nota del 2003, per mancanza di tempo metto online questo brano senza provvedere a correggerelo e senza creare link d'approfondimento].


Essere, per una volta, dalla parte della maggioranza è per me un’esperienza nuova. Gli esseri umani sono talmente bravi a trovare ottimi motivi per usare sempre la violenza (la guerra “giusta”, la violenza “necessaria”, la violenza “opportuna”; la violenza “educativa”, le missioni di “pace”, giù giù fino alla punizione “meritata”, il castigo “che stavolta glielo avrà fatta capire”, il pestaggio “che gli insegnerà qual è il suo posto”…) che ritenere che la violenza sia sempre un problema e mai una soluzione, ti condanna ad essere eternamente in minoranza.

E in effetti, a guardarmi attorno, i miei compagni di strada di questa improvvisa ondata di pacifismo sono alquanto bizzarri.

Come il Vaticano, corresponsabile della guerra iugoslava col suo a dir poco intempestivo riconoscimento del governo (cattolico) croato, che fece precipitare la situazione quando ancora tutti cercavano di evitare la guerra civile. Ora teme che la crociata contro il mondo islamico provochi una contro-crociata che colpirà i milioni di cristiani che vivono nel mondo arabo, Iraq incluso (chiunque sia il successore di Saddam Hussein, tiranno ma laico al punto da avere un vice-premier cristiano, per legittimarsi potrà essere solo un integralista islamico).

Poi, la Francia, i cui soldati sono impiegati in una decina di guerre per mezzo mondo, ma che sa (come la Germania) che questa guerra si combatte per dare il monopolio del commercio del petrolio agli Usa, e che a differenza dell’Inghilterra non ha pozzi petroliferi nel Mar del Nord, quindi non è d’accordo.

Poi, l’Ulivo, che ha infognato allegramente l’esercito italiano in svariati teatri di guerra, e che probabilmente ora sta accendendo i ceri per aver perso le elezioni, dato se avesse vinto e avesse dovuto scegliere da che parte stare, ora avrebbe fatto la fine di Tony Blair.

Poi, i noglobal, una parte dei quali non ha mai preso le distanze dall’uso della violenza come strumento di lotta politica.

Poi…

Ovunque mi giri, io non la vedo affatto la convinzione per cui usare la violenza per risolvere i problemi non sia non solo il metodo più giusto, ma neppure il più efficace.

Non importa; “non importa se il gatto sia bianco o nero: l’importante è che prenda i topi”. L’importante è che finalmente la coscienza morale di una civiltà s’è risvegliata, sia  pure, come ho appena detto, per motivi del tutto strumentali e di comodo (io non credo che Rutelli o D’Alema o Fassino abbiano una qualche forma di coscienza, figuriamoci di morale). Ma intanto s’è creato un precedente. La storia umana progredisce a furia di passetti piccoli e ambigui, ma importanti, come questo.


Noi omosessuali siamo, assieme al movimento delle donne e a quello ecologista, una degli esempi più coerenti di movimento che da decenni lotta per i propri diritti sempre e solo in modo nonviolento. Anche se troppi amerebbero dimenticarsene,  la nonviolenza è addirittura inserita nello statuto dell’Arcigay.

Noi omosessuali non abbiamo mai pensato che risolveremmo in modo più radicale e definitivo i nostri problemi assassinando i preti, spaccando il cranio ai naziskin, dando fuoco alle sedi di Forza Nuova, mettendo le bombe nelle troppe trasmissioni tv omofobe, uccidendo gli autori di libri omofobi, aggredendo per strada i politici che ci osteggiano… Abbiamo sempre seguito una strategia infinitamente più faticosa, lenta, che ci ha chiesto un prezzo salato: quella della lotta rigorosamente nonviolenta. Ci abbiamo così messo trent’anni per una manifestazione delle dimensioni del World Pride, ma quando ci siamo arrivati, la nostra vittoria è stata limpida, indiscutibile, non ambigua: è stata una vittoria di civiltà che ha scosso le coscienze ed ha cambiato il Paese, non solo noi.

Al contrario, ogni tentativo di arruolarci nella logica maschilista della violenza, di dimostrare che “anche” noi gay siamo “all’altezza” dell’uso della violenza e dell’assassinio, proprio come gli etero, è fallita clamorosamente. Coloro che, vent’anni fa, han sposato la battaglia per “i gay nell’esercito”, hanno fallito clamorosamente scoprendo infine che l’esercito non esiste per garantire libertà, civiltà, pari opportunità, ma per il motivo opposto: per imporre con le ragioni della forza ciò che rifiuta di farsi risolvere con la forza della ragione.
Quell’esercito statunitense che deve andare a portare la democrazia (e a prendere il controllo dei pozzi petroliferi per il petroliere George Bush) in Iraq, non ha mai espulso tanti gay e tante lesbiche come da quando è iniziata la battaglia per i “gay nell’esercito”.
Le espulsioni di gay aumentano di anno in anno (inclusi esperti in antiterrorismo che parlano arabo). “Per fortuna”, dico io. Ma qualcuno non dovrebbe farsi, dopo vent’anni, un mea culpa rispetto alla sua visione dell’esercito come faro di giustizie ed eguaglianza, e iniziare a chiedersi se non abbia ragione chi, come me, sostiene che è l’esatto opposto?

Chi fra noi ha approvato i massacri afghani per:

(1) catturare Bin Laden;

(2) portare la libertà ai gay afgani (!!!!);

(3) togliere il burqa alle donne

cosa risponderà ora che
(1) Bin Laden non è stato catturato;

(2) la pena di morte continua ad essere in vigore contro i gay;

(3) le donne continuano  indossare il burqa, a parte a Kabul, ed essere soggette alla legge islamica (mai abolita) che le rende inferiori (come denuncia l’associazione femminista afgana Rawa,  la più coraggiosa forza d’opposizione alla decaduta dittatura talebana, che cito testualmente: “La portavoce ha dichiarato inoltre che non vi sono differenze tra la situazione attuale e quella precedente la formazione del governo provvisorio in Afghanistan, aggiungendo che sono al potere fondamentalisti privi di rispetto per le donne, i bambini e gli afgani innocenti”)?

A un anno di distanza mi è lecito fare un bilancio e dire: la guerra è ingiusta non solo per motivi morali, ma anche perché non funziona.
Perché nessuna delle cose che avevate promesso si è avverata: avete mentito. Sì, la guerra è sbagliata perché non funziona, se il vostro scopo dichiarato è portare giustizia e libertà.
Serve invece benissimo se volete eliminare fisicamente qualcuno, distruggere una città, eliminare un Paese dalla scena internazionale, sterminare un popolazione: a questo serve eccome. Per questo i dittatori la amano, e la scatenano.
Ma nessuna giustizia, mai, è nata dalla guerra. Mai.


Dodici anni fa, all’epoca della guerra del Golfo, mi battei contro una guerra che non avrebbe risolto nulla. Ed ora eccoci a una nuova guerra che deve “risolvere” una situazione che la precedente, e dire dei suoi sostenitori, avrebbe dovuto risolvere dodici anni fa. Ho avuto ragione io e torto coloro che credevano nella “guerra risolutiva”: sono forse un profeta? Giovanni Dall’Orto legge il futuro? Non direi proprio, a meno che prevedere che domattina si alzerà il sole faccia di me un profeta. Io infatti ho banalmente notato che nessuna guerra risolve mai nulla. Quindi, prevedibilmente, neppure quella. E neppure questa appena iniziata (ma questo a Bush, che con sincerità inusuale ha già previsto vent’anni di guerra continua, non fa né caldo né freddo).

Tutte le guerre sono “risolutive”; tutte sono l’ultima. Tutte porteranno giustizia e democrazia. E lo fanno: visto che sono i vincitori a stabilire cosa sia la giustizia e la democrazia (Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant: “fanno il deserto, e lo chiamano pace”, questo è Tacito, duemila anni fa), le guerre le vincono sempre coloro che avevano ragione. Chissà perché! Magari si chiamano Josif Stalin, magari hanno massacrato venti milioni di persone, ma vincendo la guerra han fatto vincere la democrazia e la libertà!

La verità che tutti sanno è che la violenza chiama violenza: Israele dovrebbe insegnarcelo. Ma non l’ha insegnato agli israeliani che dalla violenza della Shoah non hanno dedotto l’inumanità della violenza, figuriamoci se l’ha insegnato a noi “popoli cristiani” che la Shoah l’abbiamo perpetrata. O forse, vedendo le città colorate da due milioni di bandiere, dovrei dire “non l’hanno insegnato ai nostri governi”, perché la gente lo sa?

Come omosessuale, come parte di un gruppo sociale che la violenza l’ha sempre subita sulla sua pelle, ho imparato che la violenza genera problemi, e non li risolve mai. Violenza è discutere con qualcuno che non vuole darti ragione, e aprirgli in due il cranio, per avere ragione tu. Ovviamente però, se il cranio te lo apre lui, allora ha ragione lui: logico. E purtroppo le guerre le vincono i più forti e i più cattivi e spietati, e non certo coloro che hanno più ragioni. Anzi, di solito ricorre alla guerra chi non ha nessuna ragione, come il balletto delle bugie sulle introvabili armi dell’Iraq ha dimostrato in questi mesi.
C’è un solo Stato che ha sicuramente armi di distruzione di massa (chimiche, biologiche ed atomiche) in Medio Oriente: Israele.
C’è uno Stato che ha infranto una sessantina di risoluzioni dell’Onu da mezzo secolo contro le sedici infranta da Saddam Hussein: Israele.
C’è uno Stato che occupa illegalmente le terre e le case di un altro popolo: Israele. C’è uno Stato che nega diritti politici e civili alla metà degli esseri umani compresi nel territorio che amministra: Israele.
C’è uno Stato che si arroga il diritto di assassinare per strada senza processo chiunque a suo dire sia un pericolo per la sua sicurezza: Israele.
Ecco perché gli Usa attaccheranno... l’Iraq. Perché la logica della guerra è questa. Le stesse cose, fatte dagli amici e dai nemici si giudicano con metri diversi. La guerra giustifica ogni tipo di ingiustizia: “la guerra è guerra”, è la sospensione di ogni regola di umanità e giustizia. Si combatte per la vita, tutto il resto passa in secondo piano.

Per questo i dittatori adorano le guerre: per avere la scusa di sospendere ogni regola di democrazia e di diritto.

Per questo Bush, il presidente che gli americani non hanno mai eletto, ha bisogno di una guerra.

E per questo noi non possiamo che essere contrari.


P.S. Per capire di più sulla politica attuale consiglio lo splendido e leggibilissimo Capire il potere di Noam Chomsky (per inciso Chomsky è statunitense ed ebreo), Tropea 2002, pagine 515, euro 19 (ma li vale). È zeppo di dati e fatti che non troverete da nessun’altra parte, e che vi sconvolgeranno il modo di vedere l’attualità.

Altri miei interventi contro la violenza da un’ottica gay su: http://www.giovannidallorto.com/attualita/indexguerra.html



Tratto da "Pride" n. 42, aprile 2003, pp. 6-7. Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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