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La nuova sede di rappresentanza di Arcigay nazionale a Roma

[Da "Facebook"  - 22 febbraio 2011]

di: Giovanni Dall'Orto. 
 

Congresso nazionale Arcigay a Perugia, 2010. 
Foto Daniela Tommasino, WikiCommons..
 

Vorrei chiarire (a titolo personale: non sono il portavoce di nessuno) un piccolo equivoco relativo alla notizia secondo cui Arcigay avrebbe aperto una nuova sede a Roma.
Ebbene, ovviamente a Roma il comitato provinciale Arcigay-Roma una sede ce l'ha già, quindi non occorreva aprire nulla di "nuovo".
Chi ha aperto un ufficio è stata in effetti l'Arcigay nazionale.
Che però mantiene la propria sede nazionale a Bologna, com'è stato sin dalla fondazione.
E allora di cosa si tratta? Di un ufficio di rappresentanza, da usare per il lavoro, ormai sempre più fitto, di lobbying presso il mondo politico, che com'è noto ha sede a Roma. Città che fino a prova contraria è la capitale d'Italia, piaccia o no a Bossi & c.
 
La decisione è stata presa nel corso del passato Congresso nazionale a Perugia, nel 2010.
Si può discutere - e infatti io ne sto discutendo esattamente ora - sull'opportunità d'investire una somma notevole di denaro in un ufficio di rappresentanza.
E in effetti, qualche dubbio lo nutro pure io.
Non conosco la cifra dell'affitto, ma trattandosi d'un appartamentino a due passi dal Colosseo, non possiamo aspettarci nulla di meno d'una ventina di migliaia di euro, se i prezzi delle case di Roma sono paragonabili a quelli di Milano (dove vivo io).
Per me che vengo dalla fase "pauperistica" del movimento, sentir nominare "20.000 euro" vuol dire iniziare a fantasticare su quante altre cose si potrebbero fare con quei soldi: bollette del telefono da pagare, affitti di realtà piccole e "sfigate" da integrare, rimborsi spese...


Epperò, almeno per questa volta non me la sento di dar retta ai miei istinti. Perché era arrivato il momento di affrontare il problema costante costituito dal rapporto fra Roma e il resto del movimento lgbt.
Sarebbe, oltre che falso, anche scemo dare la colpa al movimento lgbt romano della situazione di stallo in cui noi ci troviamo in Italia. Le responsabilità sono molte, ed equamente distribuite, dentro e fuori il movimento stesso.
Epperò non posso dimenticare che - per fare solo un esempio - per anni ed anni ed anni i gruppi gay romani sono stati alla testa dell'opposizione alle proposte di legge per la regolamentazione delle coppie di fatto. Nel nome d'un ideologico rifiuto del "matrimonio borghese", che a loro dire andava abbattuto, e non certo esteso alle coppie dello stesso sesso.
E visto che i politici vivono a Roma e se ne fregano di qualsiasi cosa che avvenga al di là del Raccordo Anulare, è indubbio che tale atteggiamento non ha certo favorito le richieste del movimento lgbt nazionale.

Per fortuna questa "fase del no" fa ormai parte del passato, tant'è che ormai si esagera in senso opposto e si fa fatica a distinguere qualsiasi differenza di teoria e prassi politica fra un gruppo come il Mieli e l'Arcigay.
Ma quel che è stato fatto è stato fatto, e quindi è opportuno rimediare, ora.

Troppo spesso i circoli di Roma hanno parlato a nome di tutto il movimento lgbt nazionale, senza chiedere né permessi né deleghe: lo hanno fatto, e basta. Far sentire anche la voce degli "altri" non è quindi inopportuno.



 
Sia chiaro che non sto dicendo che "i romani sono brutti e cattivi". Il problema in effetti non sono "i romani" (categoria inesistente quanto lo sono "i milanesi", "i lombardi" o "i padani"), il problema è la classe politica residente nella capitale (quella gay inclusa, inclusissima!) ed il suo rapporto patologico col resto della nazione.

I problemi del movimento lgbt nazionale con questa categoria di residenti a Roma sono quindi solo una conseguenza indiretta d'un problema ben più ampio.
Il che non toglie però che siano problemi reali e urgenti.
Sorvegliare più da vicino il mondo politico, incluso quello gaylesbico che ha il vizietto di parlare sempre a nome nostro senza mai consultarci, era da molti anni una necessità.

Per questi motivi, ho concluso che l'idea d'una sede di rappresentanza costaggiù non è sbagliata, nonostante mi pianga il cuore all'idea del costo.
Ma di sicuro costerebbe di più passare altri dieci anni lasciando fare ai politici tutte le cazzate che vogliono senza mai andarci almeno a parlare per dire che non siamo d'accordo.



 
Un'ultima domanda (che ho sentito fare): "Ma non era possibile chiedere ospitalità ad uno dei gruppi esistenti?".

Certo, come no! A Roma i gruppi gay hanno in ballo processi di fronte al Tar l'uno contro l'altro.
Farsi ospitare da uno qualsiasi di loro - ivi incluso il comitato provinciale Arcigay - implicava per l'associazione nazionale venir risucchiata nel vortice delle accuse reciproche, dei boicottaggi, delle scomuniche che agitano ormai da moltissimi anni il mondo dell'associazionismo lgbt romano.
L'associazionismo tutto: non "solo" l'Arcigay o il Mieli o Di'Gay project o Whad. Tutto.

Non ci vuole molto a immaginare che, in cambio dell'ospitalità, sarebbe stata chiesta una "piccola" solidarietà contro gli altri gruppi con i quali l'associazione ospitante, qualunque essa fosse, comunica ormai solo tramite avvocati...

Era il caso di farlo? La risposta la dia chi mi legge...


Per tutti questi motivi, un ufficio di rappresentanza di Arcigay nazionale, indipendente e separato da quelli della galassia di gruppi e gruppetti romani, era secondo il mio punto di vista più che mai necessario.

Vedremo ora se ne varrà il costo.


Tratto da: Facebook
 
 
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