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Niccolò Commeno Papadopoli (1655-1740)

Rettore e prorettore dell'università di Padova, 1654
Rettore e prorettore del Gymnasium (l'università) di Padova, nel 1654.
Da: Historia gymnasii patavini / Storia dell'Università di Padova [1726] [1]
XCV.
JACOBUS BONFADIUS
95.
Jacopo Bonfadio

/ p. 57 / (...) Sed enim inde [2].illi malorum omnium, funestaeque mortis causam fuisse, Scriptores plerique existimarunt. 

/ p. 57 / (...) Infatti la maggior parte degli scrittori stimò che ciò.[2].sia stato la causa di tutti i suoi mali e della funesta morte.
Nam vix editis aliquot historiae libris, cùm mordaciùs, quam ut Historicus, de procerum quorundam scripsisset familiis, ab his reus paederastiae factus, datus est in custodiam, convictusque conscientià patrati criminis, igni sceleri debito damnatus interiit nondum senex an. MDLI. Infatti, appena editi in alcuni libri della Storia, avendo scritto più mordacemente di quanto si addica a uno storico su alcune famiglie fra le più in vista, da esse fu accusato di pederastia, arrestato, e condannato per aver compiuto il reato. Giustamente condannato al fuoco morì, non ancora vecchio, nel 1551.
Sunt qui eum excusant, ac perditum calumnia putant: quamobrem Matthaeus Tuscanius (5).[3].haec de illo, carmine, quod incipit Ci sono alcuni che lo scusano, o lo dicono rovinato da una calunnia, ragione per cui Matteo Toscano(5) [3]. scrive nella poesia, che inizia:
Non minus intumuit nuper Benacus alumni
Bonfadii, ac Musis, docte Catulle, tuis.
Bis tamen infelix: rapuit nam Roma Catullum,
Bonfadium letho, das, scelerate Ligur.
/ p. 58 / 
Historia aeternùm, cujus fera Genua vivis,
immeritum saeva lege necare potes.
Mitius est, quod te spumanti vortice marmor
tundit, & es Scopulis durior ipsa tuis.
"Come per i tuoi canti, dotto Catullo, così da poco
s'insuperbì il Benaco per il figlio Bonfadio
Ma due volte infelice: Roma rapì Catullo, tu
scellerato ligure uccidi il Bonfadio.
/p. 58/ 
Barbara Genova, eternamente viva nella sua Storia
puoi giustiziare l'innocente con una spietata legge?
Più tenera è la pietra che ti forgia nello spumante 
vortice; tu stessa sei più dura dei tuoi scogli".
Eòdem videtur propendere Ghilinus (1).[4] Nello stesso senso sembra propendere il Ghilini.[4]:
At sanè pio & humano Genuensium ingenio tanta, tam iniqua saevities minimè conveniat: "Ma tante e tanto inique ingiustizie non sarebbero affatto degne dell'indole pia ed umana dei genovesi";
Dettaglio da ''La caduta dei giganti'' di Perin del Vaga.
La caduta dei giganti di Perin del Vaga nel  palazzo Doria-Pamphili di Genova ha queste strane allusioni omoerotiche il cui significato simbolico, per ora, mi sfugge. [Foto di G. Dall'Orto].
& qui cum Paulus Manucius (2).[5].laudat impensè, & de quo haec amantissimè cecinit: e quando Paolo Manuzio(2).[5] loda appassionatamente, cantando amorevolmente di lui:
Hic, & Romano eloquio, & praecellit Etrusco,
Mansuetus, facilis, dulci sermone disertus;
"Costui eccelse nella lingua latina e in quella toscana,
fu mansueto, affabile, esperto nel parlare dolcemente";
addit ingenuè, turpissimique ac nefarii sceleris reum fuisse non dubitat his, aggiunge poi candidamente che non dubita che fosse reo di turpissimo e innominabile crimine:
Lapsus erat miser in culpam Bonfadius, index [sic] [6]
detulerat Patribus, nec inani teste probarat;
quid facerent legum custodes? legibus uti
coguuntur [sic] ...
"Il povero Bonfadio era caduto in errore: il giudice
l'aveva deferito al Senato, lo provava una testimonianza valida. 
Cosa avrebbero dovuto fare i custodi delle leggi? Essi pensarono di applicarle: è giusto[7].
Nec aliud voluit Jo. Baptista Marinus in Monostropho Italico (3) [8], cum incendium Bonfadii Trojanis ignibus comparavit, nec discriminavit hoc ab illis aliundè, nisi ex eo, quod his causam dederit Helena, illi Ganymedes. Né altro intende dire Giovanbattista Marino ne La galleria (3).[8], paragonando le fiamme del Bonfadio a quelle dell'incendio di Troia, che non trovò diverse se non per il fatto che le une furono causate da Elena, le altre da Ganimede.

Damnatum eum fuisse igni, quo vivus arderet, ferunt: verùm mutatà sententià mitiùs actum, ut securi percussus poenam crimini debitam lueret.

Tramandano che fosse stato condannato al rogo, e ad essere bruciato vivo, ma che poi cambiato parere abbiano agito più mitemente, facendogli espiare la debita pena del crimine tagliandogli la testa.
Ajunt (4) [9].ipsa die, qua supplicium subiturus erat, Epistolam brevem scripsisse Jo. Baptista Grimaldo, eàque tum ipsi, tum Dominico Gryllo, & Cypriano Pallavicino Senatoribus amicissimis, nepotem suum Bonfadinum commendasse, ac destinasse sibi sepulcrum ad S. Laurentii, ubi conditus est.[10]. Dicono (4) [9] che nel giorno stesso in cui doveva subire il supplizio, abbia scritto una breve lettera a Giovan Battista Grimaldi, e con essa abbia raccomandato suo nipote Bonfadino a lui, a Domenico Grillo e a Cipriano Pallavicino, senatori suoi grandi amici, e abbia chiesto di avere la tomba in san Lorenzo, dove fu sepolto.[10].
Scripsit & edidit.... [segue elenco sue opere] Scrisse e curò... [segue elenco sue opere]

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Note

[1] Il testo l'ho copiato da: Niccolò Commeno Papadopoli, Historia gymnasii patavini, Coleti, Venezia 1726, tomo II, pp. 57-58.

La traduzione, inedita, come pure l'aggiunta di "acapo" e di neretti per migliorare la leggibilità, sono opera mia.

[2] L'aver accettato di scrivere la Storia di Genova.

[3] "(5) Peplo Italiae". [Nota di Papadopoli]. 
L'opera citata è: Giammatteo Toscano (1500-1576), Peplus Italiae [1576]. La traduzione che uso è di Gianni Delfino.

[4] "1) Ibid.<em,> p. 71". [Nota di Papadopoli]. 
Il libro citato è: Girolamo Ghilini (1589-1668), Theatro d'huomini letterati [1635], Guerigli, Venezia 1647, che parla del Bonfadio alle pp. 70-71.

[5] "2) Apud Teisser.<um> ad Elog.<ium> thuan.<i> T. 1. p. 180" [Nota di Papadopoli]. 
Cioè: "citato da Teisser, nell'elogio a lui dedicato".

[6] Refuso per "iudex".

[7] Mi baso sulla traduzione di Gianni Delfino.

[8] "3) Apud eund.<em> ibid.<em,> pag. 181". [Nota di Papadopoli]. Cioè, "Citato dallo stesso autore, a p. 181".
Nelle edizioni recenti i due epigrammi di Giovanbattista Marino (1569-1625) sul Bonfadio si trovano nella sezione XIII ("Poeti volgari", che è anche online, qui), ai numeri 14-15.

[9] "4) Ghilin.<us,> loc.<o> cit.<ato>". [Nota di Papadopoli]. Cioè ancora Ghilini (vedi nota 4) nel brano citato.

[9] Si allude alle lettere (Bonfadio rimase celebre per secoli come autore di stile per le lettere), tutte apocrife salvo forse una, che circolarono sotto suo nome come "ultima lettera dal carcere". 
Le si veda raccolte in: Jacopo Bonfadio (1500-1550), Le lettere e una scrittura burlesca, Bonacci, Roma 1978, alle pp. 154-156. 
In una di esse l'autore dichiara: "non credo di meritare tanto", senza però proclamarsi innocente.
Sulle "ultime lettere" del Bonfadio si veda Paolo Trovato, Intorno al testo e alla cronologia delle Lettere di Jacopo Bonfadio, "Studi e problemi di critica testuale", XX 1980, pp. 29-60, alle pp. 56-60.

[10] Non risulta che Bonfadio sia stato sepolto in nella cattedrale di san Lorenzo: le sue ceneri furono invece probabilmente, come era normale in questi casi, disperse.


Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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