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Dibattito Fregnani-Dall'Orto su Giacomo Leopardi e l'omosessualità: 
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Sempre caro mi fu...

Di: Angelo Fregnani

Questo lavoro è un interessante studio, trasgressivo anzi che no, di un mio amico di rete. A mio parere le sue tesi risentono un po' troppo del pubblico a cui sono dirette. Ma mi preme far rilevare l'infantile atteggiamento reverenziale con cui la cultura ufficiale si è sempre accostata alla questione; e, secondo me, qui Dall'Orto centra completamente il bersaglio. Potrei citare più di un episodio, ma mi limiterò a rammentare le parole che, nel '43, il Muscetta scriveva di Leopardi:"La sua teoria e la sua esperienza erotica [...] hanno un suggello di castità che soltanto discutere sarebbe sconveniente e oltraggioso". Ed è un atteggiamento che sembra sopravvivere in uno studioso del calibro di Achille Tartaro, quando considera una "testimonianza irresponsabile" il "memoriale di Ranieri" (su cui in pratica si basa lo studio del Dall'Orto). Affermazione che, se fosse presa in sé e per sé, sarebbe antistorica. Ogni persona che scrive deve fare i conti con la propria deontologia. Se il Ranieri ha ecceduto sono (stati) cavoli suoi. A distanza di oltre un secolo, noi dobbiamo solo ringraziare di possedere anche la sua testimonianza. Nostro compito è, se mai, stabilirne l'attendibilità. Perché è comunque un dato di fatto, anche a consentire che il Ranieri, quando scrisse il Sodalizio, non fosse pienamente compos sui, che gli studiosi cosiddetti "seri" accettano tranquillamente e molto spesso acriticamente tutte le notizie del Sodalizio fuorché quelle che non fanno loro comodo. A riguardo sono esemplari queste parole del grande Sapegno, che giudicava il Sodalizio "un libro di memorie, altrettanto utile per apporto di notizie biografiche preziose, quanto inopportuno per il rilievo dato ai pettegolezzi più meschini". Già, ma come distinguere i secondi dalle prime? E perché poi, "inopportuno"?

   Evidentemente perché ci introduce ad aspetti "lesivi" dell'immagine di Giacomo. A mio parere, si deve dare atto al Dall'Orto di aver sollevato proprio questo problema, ovvero la necessità di un approccio più franco, e libero da preconcetti, alla biografia di Leopardi. Anzi, in questo senso il suo studio travalica l'ambito leopardiano. Si può non consentire sulle sue tesi, che evidentemente peccano nell'eccesso opposto. Io mi limiterò a osservare che, secondo me, nella poesia leopardiana non c'è assolutamente traccia di omosessualità. Ma ciascuno potrà trarre le sue conclusioni da solo. E se qualcuno vorrà rispondergli, vuoi per sostenere vuoi per criticare quello che afferma, avrà in questo luogo altrettanto spazio e attenzione.

    Nota - Il lavoro del Dall'Orto è stato pubblicato su "Babilonia" n. 141, febbraio 1996, pp. 68-70. Una sua riflessione più pacata e ponderata, e comunque illuminante al di là delle conclusioni non sempre condivisibili, alla pagina Storia gay, opportunità & difficoltà. Non sarà fuori luogo ricordare anche che i Sette anni di Sodalizio con G. L. di Antonio Ranieri, sua fonte principale, sono presenti, come appendice, fra le mie pagine delle Opere leopardiane.

    Per le citazioni cfr. C. MUSCETTA, prefazione a Memorie e pensieri d'amore di G. L., Torino, 1943, p. XIV; A. TARTARO, Giacomo Leopardi in "La letteratura italiana. Storia e testi", vol. 7, I, Roma-Bari, 1977, p. 813; N. SAPEGNO, Compendio di storia della letteratura italina, vol. III, Firenze 1981 (nuova ed., 7a rist.), p. 212.

Forlì, 22 maggio 1998

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