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OVIDIO 
(Publius Ovidius Naso, 42 a.C.-17 d.C.)
 
di: Giovanni Dall'Orto

Publio Ovidio Nasone
Poeta latino.

Nato a Sulmona da famiglia dell'ordine degli equites, studiò a Roma grammatica e retorica. Il padre cercò di avviarlo alla carriera politica ma Ovidio, dopo aver ricoperto alcune magistrature minori, preferì dedicarsi alla poesia.

Riuscì presto ad acquisire fama con raccolte poetiche dedicate a temi amorosi e "alla moda" (Amores, Ars amatoria, Remedia amoris, Heroides). La fama portò con sé l'amicizia della famiglia imperiale e Ovidio iniziò a scrivere opere di maggiore impegno: i Metamorphoseon libri, il suo capolavoro, e i Fastorum libri.

Improvvisamente, nell'8 a.C. il poeta fu  esiliato a Tomi, sul Mar Nero, per motivi non chiari: si pensa che avesse offeso qualche membro della famiglia imperiale.

Qui rimase fino alla morte, componendo ancora: Tristia, Epistulae ex Ponto, Ibis.


Ovidio non fu omosessuale e non esaltò in prima persona l'amore omosessuale [1]. L'unico cenno, del tutto convenzionale, è negli Amores[2], dove si lamenta di non avere da cantare per amore né un ragazzo né una ragazza.
Anzi, nell'Ars amatoria Ovidio specifica [3] di odiare l'abbraccio che non dà lo stesso piacere ad entrambi i partner, aggiungendo che è per questo che l'amore per i ragazzi lo attrae meno di quello per le donne.

Per il resto, Ovidio condivide coi suoi contemporanei il disprezzo per l'uomo che si dà ad altri uomini [4].

Claude-Auguste Mengin - Saffo sulla rupe di Leucade - 1877Un aspetto interessante è però il fatto che, parlando di Saffo, egli prenda apertamente in considerazione il suo "lesbismo", sia pure condannandolo. Infatti nelle Heroides  l'intera lettera XV è dedicata al leggendario amore di Saffo e al suo suicidio dalla rupe di Leucade per amore del crudele Faone.

Al verso 19 Saffo ammette di aver amato Attide e altre cento donne "non senza delitto[5], e al verso 200 aggiunge che per aver amato le donne di Lesbo la sua fama è stata macchiata [6].

Alla luce di quest'opinione si spiega anche una frase dei Tristia, in cui, elencando a propria difesa il modo in cui gli antichi poeti parlarono, non sempre convenientemente, di amore, Ovidio chiede: "Che cosa ha insegnato Saffo se non ad amare le ragazze?" [7].


Il vero contributo di Ovidio all'immaginario omosessuale è però nella sua opera che per secoli è stata fra le più lette ed amate dell'antichità: i Metamorphoseon libri

Per molti secoli la forma con cui vi sono stati raccontati da Ovidio alcuni miti omosessuali è stata quella più accessibile e nota a scrittori, pittori e scultori, e al grande pubblico: sia direttamente, sia in compilazioni.
 

Claude-Marie Dubufe (1789-1864) - Apollo e Ciparisso [1821]
Claude-Marie Dubufe (1789-1864) - Apollo e Ciparisso [1821]

Accanto ai miti più noti (Orfeo inventore dell'amore per i maschi, Ciparisso e Apollo, Zeus e Ganimede, Giacinto e Apollo.[8], Narciso) vi appaiono cenni ad amori meno noti: Poseidone e Pelope, Cicno e Filio, Minosse e Mileto nonché, interessante per la sua rarità, il mito di Ifi che, nata femmina e innamoratasi d'una donna, è trasformata in maschio dalla dea Iside impietosita.

Un altro cenno all'amore mitologico di Bacco e Ampelo è infine nei Fastorum libri, III 407-414 [9].

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina.

Note

[1] Per l'omosessualità nell'opera di Ovidio: Saara Lilja, Homosexuality in Republican and Augustan Rome, Societas Scientiarum Fennica, Helsinki 1983, pp. 79-81.
Un ottimo repertorio su Ovidio in Rete, in tedesco è: Ovid im www.
Splendide le incisioni sei e settecentesche presentate dall'Ovid project.

[2] Ovidio, Amores, (traduzione italiana: Gli amori, Einaudi, Torino 1995), I 1, 20: "nec mihi materia est numeris levioribus apta, / aut puer aut longas compta puella comas".

[3] Ovidio, Ars amatoria, III 681-687. (Trad. italiana: L'arte di amare, Rizzoli, Milano 2000).

[4] Si veda Ars amatoria, (Op. cit.), I 520-523, e III 437-438 [Femina quid faciat, cum sit vir levior ipsa,/ forsitan et plures possit habere viros?].

[5] Ovidio, Heroides, (trad. italiana: Eroidi, Garzanti, Milano 1996), Epistula XV: "Non oculis grata est Atthis ut ante meis / atque aliae centum, quas non sine crimine amavi".

[6] Ivi: "Lesbides, infamem quae me fecistis amatae".

[7] Ovidio, Tristia, (trad. italiana in: Opere, Utet, Torino 1997, vol. 2), II 365: "Lesbia quid docuit Sappho, nisi amare, puellas?".
Il brano è interessante anche perché mostra come la comprensione di quel che ci dicono i testi antichi sull'omosessualità dipende da quel che ne pensiamo noi. Mettendo o no una virgola il brano può voler dire: "Cos'ha insegnato Saffo di Lesbo (se non ad amare) alle ragazze?" oppure: "Cosa ha insegnato Saffo di Lesbo, se non ad amare le ragazze?". Ovviamente i testi accademici scelgono sempre la prima ipotesi. Ecco un esempio di censura raffinata, sul filo di una banale... virgola.

[8] Tutti nel libro X delle Metamorphoses (trad. italiana: Metamorfosi, Garzanti, Milano 1995, 2 voll. - Una traduzione italiana online si trova qui).

[9] Ovidio, Fastorum libri, III 407-414. (Trad. italiana: I fasti, Rizzoli, Milano 1998). 



Originariamente edito in traduzione inglese parziale sul Who's who in gay and lesbian history (a cura di Robert Aldrich e Garry Wotherspoon), vol. 1,ad vocem. Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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