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RICORDO DI

MARIO STEFANI (1938-2001)
 
di: Giovanni Dall'Orto

Mario Stefani ritratto da Luigi Voltolina, 1985 - Da Poesie 1989

Mario Stefani ritratto da Luigi Voltolina, 1985 - Da Poesie, 1989

Abbiamo perso un poeta, che una volta tanto era davvero grande. Mario Stefani, critico d'arte, giornalista e appunto poeta, s'è ucciso impiccandosi nella sua casa di Venezia nella notte fra il 3 e il 4 marzo. Era nato nel 1938.

Ho conosciuto Mario Stefani in modo bizzarro. Avevo trovato per caso su una bancarella un suo libro di poesie, che m'era piaciuto, e decisi di scrivere all’editore per sapere se ne esistevano altri (parlo di oltre vent'anni fa: all'epoca i libri a tematica gay erano tanto rari che andavano inseguiti uno per uno). 
Per puro caso un mio corrispondente inglese mi chiese proprio nello stesso periodo notizie su un celebre poeta gay italiano, Mario Stefani, di cui voleva tradurre un'antologia[1].  "Celebre"?

Così una banale ricerca di volumi divenne una richiesta d'indirizzo di Stefani. Scoprii che abitava a Venezia, e alla prima visita alla casa di mia nonna in quella città presi appuntamento con lo sconosciutissimo "celebre" poeta, per chiedere il permesso di traduzione (che fu concesso) per conto del mio corrispondente.

L'incontro fu quanto di più scoppiettante potessi immaginare. Mario era un conversatore formidabile, abituato a intrattenere gli ospiti con aneddoti, barzellette, battute. 
Scoprii che insegnava alle superiori, che aveva conosciuto e frequentato letterati gay della levatura di Comisso e Palazzeschi (il quale aveva cercato di terrorizzarlo perché non pubblicasse poesie a tema omosessuale: le "velate", ieri ed oggi, sono sempre uguali…). 

Scoprii addirittura che eravamo un po' parenti: la madre di suo padre e quella di mia nonna erano sorelle! Ci scherzammo anche su per un po': "Vuoi vedere che l'omosessualità è davvero genetica?"…

Frontespizio di - Mario Stefani, Poesie a un ragazzo, Pan, Milano 1974Nacque così una conoscenza che è durata per tutti questi anni, complici i miei frequenti viaggi a Venezia. Mario mi teneva al corrente del suo lavoro, e mi aiutava nel mio: ad esempio per il libro -La pagina strappata, una serie d'interviste sul tema "omosessualità e cultura" che curai nel 1984. E devo aggiungere a suo onore che fu uno dei tre soli intellettuali italiani che accettarono l'intervista, perché tutti gli altri che contattai (da Bellezza a Patroni Griffi) rifiutarono con motivazioni raffinate del tipo: "non voglio avere nulla a che fare con queste porcate".

La sua militanza gay è stata costante ma discreta: ad esempio negli ultimi anni, pur minato nella salute, Mario ha aiutato molto l'Agedo, stando dietro le quinte ma prodigandosi per trovare una sala per una conferenza, contattare l'assessore giusto, per…

Con gli anni ho conosciuto Mario per quello che era: uno scrittore d'alto livello, ma ahimè pienamente "provinciale" (nel senso buono del termine). Amava Venezia oltre ogni dire, e a Venezia ha dedicato molte delle sue poesie. 
Venezia lo ricambiava facendo di lui una celebrità al punto che passeggiare con lui era un tormento, dato che conosceva, a quanto pare, tutti e 70.000 i veneziani superstiti e tutti si fermavano a salutarlo e a scambiare due ciàcole
E Mario non si tirava indietro, essendo da bravo veneziano un gran ciacolòn, e da bravo gay anche un gran… pettegolòn. (Ricordo un tragitto in vaporetto con lui, sul Canal Grande: Mario per ammazzare il tempo elencava distrattamente, palazzo per palazzo, senza accorgersi del crescente sbalordimento mio e del mio ragazzo, chi fosse il proprietario, se fosse gay o etero, con chi fosse andato a letto in passato e con chi andasse a letto in quel momento, eventuali benemerenze artistiche, situazione finanziaria, eventuali interessi culturali…). 

Mario era al centro di una venezianissima gestapo, una ragnatela di spionaggio in cui tutti sapevano tutto di tutti… e in cui tutti sapevano della sua omosessualità sin dagli anni Sessanta e la rispettavano, incredibilmente, con la stessa deferenza con cui rispettavano lui. Mario scriveva libri dal titolo Vino ed eros, Poesie eroticheo Poesie a un ragazzo, si divertiva a provocare pubblicando libretti a forma di cazzillo in onore del gay pride, e i veneziani imperterriti facevano festa per presentarli e commentarli. Cosa ancora più incredibile, alla sua morte sono apparse sui muri di Venezia citazioni delle sue poesie. Solo la Provincia può, in Italia, produrre questi miracoli di venerazione per un poeta. E non si sa ancora per quanto.

Questo fenomeno spiega perché Mario sia stato decisamente sottovalutato. Stefani è pur sempre uno dei pochissimi poeti italiani ad essere stati tradotti all'estero e a spese altrui per puro merito e non perché facesse parte d'una mafia letterario-politica, dunque la sua opera avrà pure avuto un valore! Ma so già che se chiedessi a chiunque di elencare i grandi poeti italiani, o anche solo i grandi poeti gay, il suo nome non apparirebbe.

Copertina di - Mario Stefani, Poesie a un ragazzo, Pan, Milano 1974Venezia dunque lo ha portato alle stelle, ma lo ha anche incarcerato. Per "sfondare" avrebbe dovuto andarsene verso le "capitali" dell’editoria, e non poteva, e non voleva. Era attaccatissimo alla "sua" città, e ancor più a suo padre - la morte del quale alcuni anni fa ha innescato la spirale di depressione (aggravata da una severa forma di diabete) che lo ha portato a togliersi la vita. 
A Venezia era un guru: per me milanese era incredibile, mai vista, la deferenza d'altri tempi con cui i veneziani si rivolgevano a lui. Se avessero potuto inchinarsi senza apparire ridicoli, lo avrebbero fatto. E la sua casa traboccava fino al soffitto oltre che di libri anche di quadri d'importanti artisti per i quali aveva scritto presentazioni di cataloghi.

Ma la figura pubblica aveva finito per imprigionarlo: "Sono le notti che mi fanno paura", aveva detto di recente a un mio amico veneziano. Di notte era solo, dopo incessanti bagni di folla durante il giorno. 
Come succede a tanti omosessuali, l'affetto per i genitori e la convivenza con loro gli avevano impedito di crearsi una "famiglia" propria. E per quanto Mario sia stato avanti nei tempi, anzi un vero e proprio pioniere gay, non ha potuto (per eccessivo amore dei genitori) sfuggire al destino dei gay della sua generazione: la solitudine. Che il recente pensionamento aveva solo aggravato.


Cosa ci resta di lui, ora che se n'è andato? Soprattutto le poesie, la parte meno "d'occasione" dei suoi scritti. Poesie per le quali Mario ha prediletto la forma breve, epigrammatica, traendo ispirazione tanto dalla lezione di Sandro Penna quanto dal modello classico dell'Antologia Palatina e delle ghazal (sonetti) persiane.

Poesie che ora attendono una mano che le riordini e le selezioni "per i posteri", dato che ciò che colpisce nelle sue raccolte è la diseguaglianza tra gioielli sfolgoranti e filastrocche nate solo per far ridere gli amici in qualche "bàcaro" (osteria) sperduto. Bisognerebbe scegliere le sole gemme scartando i vetri, per quanto luccicanti… ma per ciò immagino occorra tempo.

O forse no. Forse è un segnale positivo il fatto che negli ultimi anni cresceva il numero di studenti, soprattutto studentesse (e questo è un destino comune a quello di Sandro Penna), che s’interessavano al suo lavoro. Unico limite: erano tutti indigeni del Triveneto. Come volevasi dimostrare.

Ora che il ciacolàr nel dolce dialetto veneziano dello Stefani in carne ed ossa tace per sempre, ci rimane la voce più limpida da lui affidata alla carta stampata. 
Ora che lo abbiamo perso, è arrivato finalmente il momento di ritrovarlo.


Copertina di - Mario Stefani  - una solitudine inquieta

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Note

[1] Si trattava di No other gods: 55 poems, Kouros press, London 1982, traduzione di Anthony Reid.
 
 



















































Copertina di Mario Stefani - Una quieta disperazione




Originariamente edito su "Pride" n. 22, aprile 2001, pp. 58-59.
Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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