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FROCIO o FROSCIO

Stazione di Ragusa, 27/3/1999 - Foto - Cortesia di Massimo Consoli
"Bastardi froci al rogo" - Stazione di Ragusa, 27/3/1999.
Foto: cortesia di Massimo Consoli

Nonostante gli sforzi fatti, si può ancora definire "oscura" l'etimologia di questa diffusissima parola. Essa ha avuto origine in un àmbito - quello gergale/dialettale (di Roma) - che normalmente non lascia di sé tracce scritte. Ciò rende molto difficile, se non impossibile, verificarne l'evoluzione servendosi di documenti storici.

L'evoluzione della parola ci è chiara solo a partire dall'Ottocento, mentre l'origine vera e propria è ancora dubbia.

Le etimologie proposte per frocio sono perciò davvero numerose. Massimo Consoli (Feroce, floscio o al limite gay, "Paese sera", 22 ott. 1985, p. 5) ne propone addirittura (troppa grazia!) tre:

In generale, l'etimologia più diffusa (proposta da Chiappini, accennata anche nel Battaglia ed accettata da De Mauro) mette in relazione con froscio / frocio  i perversi costumi (sessuali e non) dei lanzichenecchi del papa, che fra l'altro sarebbero stati spesso e volentieri ubriachi, ed avevano quindi le "froge" (narici) del naso rosse e gonfie. Da qui l'epiteto di frogioni / frocioni che nella seconda forma è ancora in uso (seppur con il nuovo significato) a Roma.


Ho lasciato in ultimo le due proposte meno diffuse. Entrambe fanno riferimento all'uso antico (vale a dire dell'inizio del secolo scorso) di questa parola, che era (si veda Battaglia-sub voce) termine spregiativo per definire i francesi (un po' come oggi si usa crucco per definire ironicamente un tedesco).

Da quel che mi è stato possibile notare, non esistono infatti attestazioni antiche dell'uso odierno di frocio: la prima che io conosca risale alle schede che Filippo Chiappini lasciò inedite alla sua morte, avvenuta nel 1905.
Si tratta oltre tutto di un uso ancora dichiaratamente dialettale/gergale romano, per di più giudicato recente dallo stesso Chiappini.

Escluderei insomma anche in questo caso un largo uso antico della parola nel significato di "omosessuale": anche qui essa è giunta fino a noi attraverso un progressivo slittamento di significati.


Delle due etimologie che presento in ultimo, la prima suggerisce una derivazione diretta da français, attraverso una storpiatura satirica che su bocca romana ha riprodotto come "fronsce" quello che su bocca francese (quale?) suonava come "fronsé" (l'abbondare nel fonema "sc" sarebbe tipico di chi imita burlescamente la pronuncia francese). Non mi convince molto, ma per dovere di completezza la riporto.

La seconda, rifiutando la tesi dell'evoluzione satirica da français, propone una derivazione dal tedesco frosch ("ranocchio"), che ha un parallelo nell'inglese frog ("ranocchio" e "francese").
Che pure il "livello basso" della lingua possa arricchirsi di prestiti da altri idiomi lo dimostrano innumerevoli esempi, a cominciare dal diffusissimo "brindisi!" (dal tedesco (ich) bring dir's, "bevo alla tua salute") per finire proprio col già citato crucco, che ci viene addirittura dal serbocroato.
Proprio come brindisi! è stato introdotto in italiano dai mercenari svizzeri presenti nel Cinque-Seicento, le loro ironie su qualche frosch potrebbero essere state imitate dagli italiani, pur senza capire il significato della parola, proprio come crucco è stato usato senza preoccuparsi dell'etimologia, che aveva a che vedere col "pane" (kruh).

Purtroppo non conosco il tedesco e la sua evoluzione; ciò m'impedisce di verificare quanto di vero possa esserci in questa proposta. Per quel che ne so, potrebbe a sua volta trattarsi (come suggerisce Aldo Mieli in "Rassegna di studi sessuali", II 1922, p. 374) d'una "etimologia popolare" o d'una storpiatura burlesca di qualche nome di popolo, ad esempio Friese, "frisone", passato a indicare spregiativamente gli stranieri in genere. (Il Belli in effetti usa "frocione" per "frisone"). Friese infatti, secondo Mieli, in tedesco significa proprio "straniero", e non certo in senso positivo.
Ma la prudenza mi impone di fermarmi qui.


''Enzo frocio'' - Scritta su un muro di Roma 16-08-2000 (foto G. Dall'Orto)

Quale che sia l'origine della parola, è comunque possibile seguire buona parte della sua trasformazione successiva.

Le prime attestazioni scritte che ho trovato risalgono all'inizio del XIX secolo, durante l'occupazione di Roma da parte dei francesi. Contro di loro furono prodotti stornelli, pasquinate e sonetti, come ad esempio quello che dichiara:
 

Bigna davvero, che 'sti froci matti
che da tutti son detti sanculotti
pensino che de stucco semo fatti
che vonno venì a Roma a fà scialotti.
(Emilio Del Cerro, Roma che ride, Roux e Viarengo, Torino 1904, p. 76).

Che a quell'epoca i "froci" fossero sì francesi, però "normali", lo rivelano tre versi di uno stornello antifrancese degli stessi anni:
 

Fiore de pera;
sto frocio che a mia fija fa la mira,
ha voja de cenà l'urtima sera.
(Emilio Del Cerro, Op. cit., p. 79).

Come si noterà, qui ad essere presa di mira è la fija (e non il fijo) dello stornellatore.

Dopo solo un quarto di secolo ritroviamo questa parola con un significato più largo, che comprende indistintamente tutti gli stranieri ("svizzeri" del Papa inclusi, ovviamente; e forse fu proprio la presenza di questo contingente di lingua tedesca a dare a frocio il significato antonomastico di tedesco, che è quello conosciuto da Chiappini). In una pasquinata, scritta durante il conclave del 1823 contro il cardinale bavarese Höfflin, si legge infatti:
 

Non ve fidate tanto de sti froci:
sò de fà bene ar prossimo incapaci:
sò a pagà tardi, ed a piglià veloci
(Aldo Mieli: Recensioni. "Rassegna di studi sessuali", II 1922, p. 374)

Va incidentalmente aggiunto che non sarebbe senza importanza lo stabilire se più antiche attestazioni di questa parola (se esistono) usino frocio nel significato generico di "straniero", oppure nel significato particolare di "francese" o di "tedesco". Riuscire a verificare simile priorità aiuterebbe a privilegiare una delle etimologie proposte piuttosto che l'altra.

Ad ogni modo è certo che verso la metà del secolo scorso "frocio" veniva usato genericamente contro tutti gli stranieri.


Vignetta di Vauro per il ''Gay Pride'', ''Il manifesto'', 27-6-1998.E siccome il razzismo è quello che è, non tardò a manifestarsi un ulteriore slittamento di significato. Dopo l'attestazione appena riportata, frocio entrò infatti nella crisalide del gergo della malavita, dove fu ulteriormente rielaborato.

Non ho ovviamente trovato testimonianze relative a questa evoluzione sotterranea, ma è facile intuire che durante questa fase frocio assunse dapprima il significato di "uomo spregevole" in genere (spregevole come uno straniero, evidentemente), "infame", "persona che merita disprezzo". Infine, nella seconda metà del secolo (cioè nello stesso periodo in cui anche finocchio subiva un'evoluzione analoga) il significato di "uomo infame" andò restringendosi a un solo tipo di persone: l'uomo spregevole per eccellenza: il sodomita passivo.

In questa fase sì che può aver giocato un ruolo l'assonanza con froscio nel senso di "floscio", "molle", "flaccido", che è anche di altri dialetti, come ad esempio il siciliano:
 

Ma l'ultimo, jucannu a pari e zìpari
si muzzicava li labbrazza frosci
(Ma l'ultimo, giocando a pari e dispari / si morsicava le labbracce flosce: Giuseppe Calvino (1785-1833), Lu dimoniu e la carni, Trincale, Catania 1978, p. 140).

Nel 1910 frocio uscì infine dal bozzolo col significato assestato di "sodomita passivo":  Emanuele Mirabella registra infatti in quell'anno nel gergo dei criminali questo termine (oscillando tra la grafia frocio e quella froscio) e lo glossa come "effeminato":
 

Nel gergo sono numerose le frasi ed espressioni dapprima platoniche, poi crudamente oscene: "Ninello mio" significa "giovane caro ed amato" (...), "froscio" "cianciuso", "tartante" <significano> "effiminato" (sic).
(Emanuele Mirabella, Mala vita, Perrella, Napoli 1910, p. 232).

Da qui al significato odierno ("omosessuale" in genere) il passo è ormai breve, e scontato.

L'uscita di questa parola dal gergo dei "coatti" avverrà subito dopo la seconda guerra mondiale per mezzo del cinema e dei romanzi più o meno "neorealisti", che col loro desiderio di riprodurre il linguaggio "colorito" del "popolo" hanno introdotto nell'italiano colloquiale numerose espressioni di origine "bassa".

Oggi frocio è diffuso in tutta Italia: sebbene al Nord (dove è pronunciato /fro'tcho/) gli sia sovente preferito finocchio e al Sud prevalga spesso ricchione, è d'uso interregionale.
Come è ovvio la sua "roccaforte" è nel Centro Italia e a Roma (dove è pronunciato /fro'sho/).


Eccone alcuni esempi d'uso:
 

Vedi che cosa succede a lasciar sola la propria fidanzata? (...) Torni e la trovi come Penelope in mezzo ai "froci".
(Giò Stajano, Roma capovolta, Quattrucci, Roma 1959, p. 59).

E poi, sei frocio pure tu,
peggio di una sgualdrina ti vanti del tuo
povero corpo di mal nutrito.
(Dario Bellezza, Morte segreta, Garzanti, Milano 1976, p. 44).

Erano i carabinieri. Appena ci hanno visti hanno iniziato con gli insulti: "froci", "rottinculi" etc. Siamo stati ridicolizzati in tutti i modi.
("Babilonia" n. 33, febbraio 1986, p. 59).

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