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INVERTITO

Copertina del romanzo di Armand Dubarry, Les invertis, del 1896

Questo è un termine per così dire "artificiale", quello che i linguisti chiamano un "calco", nato nel 1878 nell'articolo  per iniziativa di Arrigo Tamassìa, che cercava un corrispondente adeguato del tedesco Conträrsexuale(tradotto poco elegantemente da qualcuno come sessual-contrario o contrarsessuale).

Gli scienziati della fine dello scorso secolo (e Tamassia con loro) ritenevano infatti che l'omosessualità fosse una condizione in cui nell'organismo di un determinato sesso si osserva un atteggiamento tipico dell'altro sesso, ovvero, per l'appunto, invertito.

Oggi le persone che Tamassia descrive nel saggio in cui conia la parola invertito (Sull'inversione dell'istinto sessuale, "Rivista sperimentale di freniatria e medicina legale", IV 1878, pp. 97-117) sarebbero classificate come "transessuali", ma all'epoca si riteneva che costoro fossero i più rappresentativi esempi (o esemplari...) della "categoria" dei "diversi".

Questo neologismo ebbe un tale successo che non solo sopravvive ancor oggi, seppure come termine ingiurioso o comunque sprezzante, ma è stato ripreso da altre lingue (per esempio nell'inglese invert, francese inverti ecc.).
Nerina Milletti suggerisce che invertito
 

"si diffuse poi nelle altre lingue europee forse anche perché chiamarla sessualità "contraria" poteva dare un'idea di ribelle, alternativa, mentre una sessualità "invertita" era chiaramente anomala e innaturale"

Un buffo calco popolare di questo termine è capovolto, in uso negli anni Cinquanta e Sessanta.


Ecco alcune attestazioni recenti:
 

L'internazionale degli invertiti, tragicamente spezzata dalla guerra, si ricomponeva in questo primo lembo d'Europa liberata dai bei soldati alleati. 
(Curzio Malaparte, La pelle [1949], Mondadori, Milano 1978, p. 73).

Per loro il bidet era una raffinatezza da invertiti. 
(Giulio Salierno, La repressione sessuale nelle carceri italiane, Tattilo, Roma 1973, p. 107).

Per ben due volte in vita sua qualcuno ha telefonato, in città forestiere, a suoi datori di lavoro per definirlo 
"uno sporco invertito comunista".
(Aldo Busi, Vita standard di un venditore provvisorio di collant, Mondadori, Milano 1985, p. 441).

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