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Pancrazio Buciunì, "il Moro" (1879-1963)

Pancrazio Buciunì (o Bucinì) verso il 1900.
Buciunì tra il 1931 e il 1938.

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Dalla: Memoria di difesa contro il sequesto delle foto di Wilhelm von Gloeden  [settembre 1939] [1].

(...)

Il sottoscritto [2] si trova a gestire a Taormina un piccolo studio fotografico ereditato dall’artista tedesco Von Gloeden, presso il quale prestò servizio per circa trenta anni in qualità di Aiuto.

Faceva parte dell’attività patrimoniale dello studio un ricco assortimento di negative riproducenti panorami, mezzi nudi e nudi drappeggiati, il tutto di sommo interesse artistico; aveva meritato l’attenzione degli stranieri che affollano ogni anno la stazione turistica, e anzi qualche soggetto aveva ottenuto in varie esposizioni nazionali e internazionali classifiche lusinghiere, premi e diplomi di cui l’esponente è ancora in possesso.

Accadde che, nei primi mesi del 1933, l’allora questore di Messina Comm. Lauricella ordinò e fece eseguire una perquisizione nello studio del sottoscritto che portò al sequestro di un migliaio di negativi e di oltre duemila foto. 
Motivo del provvedimento - secondo l’Autorità di P.S. - che il materiale di cui trattasi era offensivo della morale pubblica, dato che i mezzi nudi e i nudi, per quanto artistici, rivelavano un’audacia che... mal si confaceva alle direttive del Regime in materia di buon costume
A nulla valsero le proteste e le istanze del sottoscritto per la restituzione del materiale sequestrato: egli dovette rassegnarsi a continuare il suo lavoro coi residui dell’assortimento Von Gloeden e con alcune più recenti - ma meno artistiche - negative di sua produzione. 
Quanto al materiale non sequestrato, perché riconosciuto dall’autorità di P.S. commerciabile, l’esponente continuò, sotto l’egida della legge, a esporlo e a offrirlo ai visitatori del suo studio per tanti anni ancora. (...)   
La foto da cui è tratto il dettaglio col ritratto di Buciunì.
Buciunì davanti al suo negozio di fotografia, tra il 1931 e il 1938.

Senonché con sua indicibile sorpresa, nel mezzo del corrente anno, un maresciallo della Stazione di P.S. di Taormina, procedendo a perquisizione nell’abitazione dell’esponente, metteva le mani sul materiale scampato alla prima perquisizione e, asserendo trattarsi di soggetti che secondo il comune sentimento offendono il pudore, ne operava il sequestro, denunciando - per di più - il sottoscritto all’Autorità Giudiziaria.

(...)

L’instante esponeva succintamente i fatti, chiedendo che, 

  • anzitutto, si procedesse a perizia del materiale sequestrato, per accertare se i soggetti fotografici fossero come si pretende osceni:
  • che venissero intesi come testimoni autentici gli artisti della piazza, degni di ogni credibilità, ai quali risulta che la collezione di Von Gloeden, di cui i soggetti fanno parte, aveva fama in tutto il mondo di collezione eminentemente artistica,  tanto è vero che alcuni ingrandimenti fotografici - come ad esempio Caino, Primavera e altri - sono tuttora esposti nei saloni dei più grandi alberghi della stazione turistica
(...)

L’istante chiede che si proceda alla chiesta perizia e all’escussione dei testi indicati, nonché all’esame dei diplomi riferentisi a collezioni di singoli soggetti del defunto Von Gloeden come si è detto presentati in varie esposizioni nazionali e internazionali.

(...)

<Dai risultati di questa indagine, e particolarmente della perizia, si potrà  accertare la sua "buona fede">.

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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note

[1] Il testo è quello citato da: Diego Mormorio, Processo a von Gloeden, "Gente di fotografia", n. 3, inverno 1994, pp. 8-11, così come era stato riedito online sul sito Gentedifotografia (da dove nel frattempo è stato tolto), collazionato con quello in Marina Miraglia e Italo Mussa (curr.), Le fotografie di von Gloeden, Longanesi, Milano 1996, pp. 48-49. I neretti sono stati aggiunti da me.
Il testo è verosimilmente opera dell'avvocato Di Martino, di Messina, a cui s'era affidato Buciunì.

Annota Mormorio che: "sulla base di questa autodifesa e dell'esame del materiale sequestrato, il 17 ottobre 1940, il tribunale di Messina mandò assolto l’imputato". Questo avvenne nonostante una perizia sfavorevole del prof. Bottari [2/1/1940].
Contro l'assoluzione fece però ricorso il pubblico ministero, Francesco Panetta.

[2].Pancrazio Buciunì (talora il cognome si trova scritto come Bucinì) fu dapprima modello di Gloeden, poi suo aiutante, e infine erede dello studio fotografico.
Nell'ottobre 1931, alla morte di Gloeden, la sua sorellastra ed erede aveva infatti dichiarato per iscritto:
"Signor Pancrazio Moro, per i Suoi meriti a riguardo del mio defunto fratello sono ben volentieri pronta a prestarLe il mio aiuto e con ciò dichiaro, ad uso dell'autorità competente, che, quale unica erede di mio fratello, del signor Guglielmo von Gloeden, deceduto a Taormina, cedo a lei tutti i diritti inerenti alla ditta del defunto in Taormina. 
La prego ancora una volta d'urgenza d'inviarmi subito per raccomandata il testamento non sottoscritto di mio fratello che Lei conserva" (da: Marina Miraglia e Italo Mussa, Op. cit., p. 46).

Il ritratto di Buciunì in questa pagina è tratto da una foto gentilmente concessa dal nipote Pancrazio Buciunì.
Non siamo però ancora in grado d'identificare Buciunì da giovane nelle foto di Gloeden. Siamo però certi del fatto che abbia posato per Gloeden perché ciò è espressamente testimoniato in un articolo del 1903, che raccontò: [L'addetto del negozio di Gloeden] "ci mostra tutti gli album delle stampe che sono in vendita, e ci vende il proprio ritratto nel sommario costume che qui si adotta, molto volentieri, pare, per farsi fotografare e, con garbata attenzione, lo firma con il suo nome: “Pancrazio Bucinì”.


Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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