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Bartolomeo Fiadoni (ca. 1240-1327)

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NOTA BENE. Questo testo è un semplice "appunto", pubblicato provvisoriamente in attesa di trovare il tempo
per curare o farne curare la traduzione, il commento, o entrambe le cose.

Da: De regimine principum continuatio [12__[1]
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liber IV, cap. 14.
De politia lacedaemoniorum, quam reprehendit circa regimen servorum et mulierum, et circa bellatores.
Libro IV, cap. 14. 
Sul Governo degli Spartani, che [il filosofo] critica riguardo al trattamento degli schiavi e delle mogli, e riguardo ai militari. 

Nunc igitur ad alias politias procedendum, quas philosophus refert in praedicto libro secundo, ut cretensium et lacedaemoniorum, quae clarae videbantur et ex fama regionis, et ipsarum antiquitate, et earum auctore. 
Et licet in multis Aristoteles commendet politiam praedictam, multa tamen ibidem reprehendit.
(...)

Ora dunque procediamo agli altri governi, che il filosofo riporta nel predetto libro secondo, come quello dei cretesi e degli spartani che sembravano famosi sia per la reputazione della regione, sia per la loro antichità sia per il loro fondatore. E anche se in molte cose Aristotele ne elogia il governo, tuttavia ne critica anche molte altre
(...) 
Tertium autem, quod Aristoteles disputat de lacedaemoniorum politia, est circa milites, utrum deberent uxores habere, vel mulieribus coniungi: quia, si hoc est, distrahuntur a pugna. un terzo punto poi che Aristotele discute riguardo al governo degli spartani, riguarda i soldati, se debbano avere moglie o congiungersi in matrimonio: poiché, se questo accade, vengono distratti dalla battaglia.
Ex actu enim carnalis delectationis mollescit animus et minus virilis redditur, ut dictum est supra: et sententia est Platonis, ut Theophrastus refert, quod militaribus rebus intentis non expedit nubere.  Infatti, l’animo è indebolito dall’atto di godimento carnale ed è reso meno virile, come detto sopra: e secondo una frase di Platone, che riporta Teofrasto, sposarsi non giova alle questioni militari. 
Sed Aristoteles istud reprobat dicto secundo libro, quia bellatores naturaliter sunt proni ad luxuriam. 
Causa autem assignatur in quodam libello, De problematibus, translato de graeco in latinum Frederico imperatori. 
Ma Aristotele respinge ciò nel secondo libro, poiché i militari sono per natura inclini alla lussuria. La causa viene attribuita in una specie di libretto, De problematibus, tradotto dal greco al latino dall’imperatore Federico.
Sed philosophus ibidem introduxit Hesiodi poetae fabulam, quae Martem cum Venere iunxit: unde si abstineant a mulieribus, prolabuntur in masculos Ma il filosofo presentò lì il mito del poeta Esiodo che congiunge Marte a Venere: dunque si astengano dalle mogli, si lascino andare ai maschi.
Et ideo Aristoteles in hoc reprobat Platonis sententiam, quia minus malum est mulieribus carnaliter commisceri, quam in vilia declinare flagitia.  E perciò Aristotele critica in ciò la sentenza di Platone, poiché congiungersi in modo carnale con le mogli è un male minore che deviare in spregevoli atti sconci.
Unde Augustinus dicit, quod hoc facit meretrix in mundo, quod sentina in mari, vel cloaca in palatio: tolle cloacam, et replebis foetore palatium: et similiter de sentina: tolle meretrices de mundo, et replebis ipsum sodomia Da ciò Agostino afferma che la prostituta nella società fa quel che fa la sentina nella nave, o la fogna nel palazzo: togli la fogna, e riempirai di puzza il palazzo, e lo stesso per la sentina: togli le prostitute dalla società, e la riempirai di sodomia.
Propter quam causam idem Augustinus ait in quartodecimo De civ.<itate> Dei, quod terrena civitas usum scortorum licitam turpitudinem fecit. Per questo motivo lo stesso Agostino dice nel  quattordicesimo libro della Città di Dio, che  la Città terrena rende l’andare a prostitute una turpitudine lecita. [nella città terrena l'uso delle puttane ha reso lecita la turpitudine].
Hoc etiam vitium sodomiticum ipse philosophus, in septimo Ethic., dicit accidere propter vitiosam naturam et perversam consuetudinem: et horum etiam non est convenientiam vel inconvenientiam assignare, cum non sint per se delectabilia humanae naturae: unde medium virtutis ibi esse non potest.  Lo stesso filosofo [Aristotele] nel 7° libro dell’Etica [nicomachea] afferma che anche questo vizio sodomitico accade a causa di una natura viziosa e di un’abitudine perversa: e anche di questi non si può attribuire la convenienza o la sconvenienza, poiché non sono per se stessi piaceri dell’umana natura: perciò in questo caso non può esserci una via di mezzo della virtù. 
Et hoc concordat cum apostolo, Ad rom.<anos>, qui tales actus ignominiae passiones appellat. E ciò concorda con l’Apostolo Lettera ai Romani, che chiama tali atti passioni dell’ignominia.

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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note

[1] Il testo del De regimine principum continuatio di Bartolomeo Fiadoni (Tolomeo da Lucca, Ptolomaeus de Lucca),  tramandatoci anche come opera apocrifa di Tommaso d'Aquino, sta in: S. Tommaso d'Aquino, S. Thomae Aquinatis opera omnia., Fromann, Stuttgart 1980, 8 voll., vol. 7, pp. 550-570.
Il presente estratto è dal testo  online qui.

La traduzione dal latino, inedita, è di Pierluigi Gallucci, che ringrazio per il contributo. 
La revisione del testo italiano è mia, quindi eventuali errori sono da imputare a me soltanto.

Vedine liber IV, cap. 14, p. 565, su sodomia

Riprende i difetti che Aristotele imputava agli spartani a causa della loro organizazione politica.
 

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Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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