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Giustiniano imperatore (483-565 d.C.)

Giustiniano in età avanzata
Giustiniano in età avanzata.

NOTA BENE. Questo testo è un semplice "appunto", pubblicato provvisoriamente in attesa di trovare il tempo
per curare o farne curare la traduzione, il commento, o entrambe le cose.


Novella 141 del Corpus Iuris civilis [559] [1]
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CXLI
Edictum Iustiniani 
ad Constantinopolitanos.
141
Editto di Giustiniano 
agli abitanti di Costantinopoli.
De luxuriantibus contra naturam.
Di coloro che copulano contro natura.

Praefatio:

Premessa:
Semper quidem humanitate et clementia dei omnes indigemus, maxime vero nunc cum multitudine peccatorum nostrorum multis cum modis ad iracundiam provocavimus.  Tutti noi siamo certamente sempre in difetto della benevolenza e clemenza di Dio, soprattutto ora con la moltitudine dei nostri peccati e in molti modi lo abbiamo provocato all’ira. 
Et minatus est quidem, et ostendit, quid peccata nostra mereantur, clemens tamen fuit iramque rejecit poenitentiam nostram expectans, et qui nolit mortem nostram, peccantium, sed conversionem et vitam. E minacciò e mostrò cosa meritavano i nostri peccati, tuttavia fu clemente e respinse l’ira, aspettando la nostra penitenza, e non vuole la morte di noi peccatori, ma la conversione e la vita.
Quare justum non est, ut omnes divitias bonitatis, et tolerantiae et patientiae clementis dei contemnamus, ne duro et poenitentiam non agente corde nostro accummulemus nobis iram in diem irae, sed ut omnes quidem pravis cupiditatibus et actionibus abstineamus, maxime vero illi, qui in abominabili et deo merito exosa atque impia actione contabuerunt. Perciò non è giusto che disprezziamo tutte le ricchezze della bontà, della tolleranza e pazienza di Dio clemente né che, non avendo fatto penitenza il nostro cuore duro, accumuliamo in noi l’ira nel giorno dell’ira, ma che tutti ci asteniamo da azioni e desideri perversi, soprattutto coloro che si sono consumati in azioni abominevoli, odiose contro Dio ed empie.
Loquimur autem de stupro masculorum, quod multi impie committunt masculi cum masculis turpitudinem perpetrantes. Parliamo della vergogna dei maschi che molti maschi commettono in modo empio con maschi, perpetrando turpitudine.
Giustiniano e la sua corte
Giustiniano e la sua corte. Mosaico a Ravenna.
Cap. I. 
Cap. 1

Scimus enim sacris scripturis edocit, quam justam poenam deus illis, qui Sodomae olim habituarunt, propter insanam hanc commixtionem inflexerit, adeo ut huiusque regio illa inextincto igne ardeat, atque per hoc nos docet, ut impiam illam actionem aversemur. 

Infatti sappiamo che le Sacre scritture ci insegnano che Dio inflisse giusta pena a coloro che una volta abitavano a Sodoma, a causa di questa insana congiunzione, tanto che quel luogo bruciò di fuoco inestinguibile, e perciò ci insegna di respingere quella empia azione. 
Recursus vero scimus, quid de his sanctus apostolus dicat, quidque reipublicae nostrae leges sanciant, atque ut omnes, qui timori dei intenti sunt, impia et profana actione abstinere debeant, quae nec a brutis perpetra invenitur, atque illi quidem, qui eius rei sibiconscii non sunt, in futurum etiam tempus sibi caveant, 
 
Sappiamo che può riaccadere, ciò che di essi il santo Apostolo <San Paolo> dice e ciò che le leggi del nostro Stato sanciscono, affinché tutti quelli che sono attenti al timore di Dio debbano astenersi da azioni empie e profane che non capita siano commesse nemmeno dai bruti, e quelli che non sono consapevoli di ciò, anche nel futuro badino a se stessi,
qui vero hoc affectu jam contabuerunt, non solum in posterum desistant, set etiam verum poenitentiam agant et deo supplicentur, et beatissimo patriarchae vitium indicent, et sanationis modum accipiant, et secundum id, quod scriptum est, fructum poenitentiae ferant, ut clemens deus pro divitiis misericordiaesua nos quoque clementia sua dignetur, et omnes pro illorum, qui poenitentiam agunt, saluti gratias ipsi agamus, in quos etiam nunc magistratiis inquirere jussimus, deum placentes, qui juste nobis iratus est. quelli che in verità si erano già consumati in questa passione, non solo desistano in futuro, ma anche facciano davvero penitenza e supplichino Dio, rivelino il vizio al beatissimo patriarca, accettino il modo di guarigione e, secondo ciò che è scritto, sopportino il frutto della penitenza, affinché Dio clemente per le ricchezze della misericordia degni della sua clemenza anche noi, e tutti rendiamo grazie alla stessa salvezza per quelli che fanno penitenza, verso cui anche ora abbiamo ordinato ai magistrati di indagare, piacendo a Dio, che giustamente è adirato con noi.
Et nunc quidem ad sacrorum dierum honorem respicientes benignum deum rogamus, ut illi qui in impiae huius actionis coeno volvuntur, ita resipiscant, ut alia eam puniendi occasio nobis non detur; E ora, considerando il rispetto dei giorni sacri, chiediamo a Dio benigno che coloro che si rotolano nel fango di questa azione empia, si pentano in modo che non sia data a noi un’altra occasione di punirli;
denunciamus autem omnibus, qui einsmodi peccati sibi conscii sunt, nisi peccare desinant, atque se ipsos beatissimo patriarchae deferentes salutis suae curam agant, propter impias eiusmodi actiones deum intra sanctum festum se non detulerunt, vel in impia illa actione perseveraverunt, ne per negligeniam hac in re commissam deum contra nos irritemus, si tam impiae et prohibitae actioni, quaeque maxime idonea sit ad bonum deum ad omnium perniciem irritandum, conniveamus.  annunciamo poi a tutti quelli che sono consapevoli di tale peccato, se non smettono di peccare, deferendo se stessi al beatissimo patriarca, di avere cura della propria salvezza, a causa di tali azioni empie, non parteciperanno al santo giorno di festa, o che hanno perseverato in quella azione empia, non irriteremo Dio contro di noi per negligenza commessa in questo, se chiudiamo gli occhi di fronte ad un’azione tanto empia e proibita che è la più adatta ad irritare il buon Dio per la sventura di tutti.

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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note

[1] Il testo latino dal sito Schwulencity e dal sito The Roman online library
A stampa come: Novellae. In: Rudolf Schöll & Wilhelm Kroll, Corpus Iuris Civilis, vol. 3, Weidmann, Berlin 1954 (testo greco e testo latino).
Testo greco e traduzione italiana anche in: Danilo Dalla, Ubi Venus mutatur, Giuffrè, Milano 1987, pp. 205-207.

La traduzione dal latino qui proposta, inedita, è di Pierluigi Gallucci, che ringrazio per il contributo. 
La revisione del testo italiano è mia, quindi eventuali errori sono da imputare a me soltanto.

Le novellae sono le leggi emanate per la prima volta dall'imperatore Giustiniano, e da lui aggiunte, come sezione a parte, al Corpus iuris civilis. Furono promulgate con doppio testo, greco e latino. 

Oltre alla presente novella 141 [559 d.C.], si veda la novella 77  [ca. 535/539 d.C.]. 
Di questa legge è sopravvissuto solo il testo greco (online ne è presente una versione in latino).

Il testo dice: Nuovamente, per non abusare della pazienza divina, ci si rivolge contro chi pratica lo "stupro sui maschi" (tòn arrénon fthoràn). Contro di esso ci ammonisce la Bibbia laddove parla di Sodoma, e ce ne parla S. Paolo.
Dunque ci si astenga da tale azione, che nemmeno gli animali compiono, e chi è caduto vittima di tale malattia (nòson) la confessi al patriarca e cerchi il modo di curarlo (therapéias) con la penitenza, evitando così ulteriori punizioni.
Chi infatti non confesserà e non farà penitenza entro la Pasqua del 559 d.C. si esporrà alle pene peggiori, perché si indagherà su coloro che non si sono confessati, in modo tale che Dio non si adiri per la noncuranza degli uomini.

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Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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