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Qualche precisazione su Leopardi

13/04/2010

Gent.mo Sig.r Giovanni Dall'Orto

Per quanto riguarda le esperienze amorose di Leopardi, ho scoperto che a Recanati circola un'antica diceria, tramandata di padre in figlio, secondo cui il poeta, all'epoca molto giovane, avrebbe avuto una relazione con una giovane contadina del paese (forse proprio la Silvia della celebre canzone) da cui sarebbe nato un figlio di cui però egli non si sarebbe mai preso cura e che poi sarebbe sparito nel nulla.
Se la voce risponde al vero, ciò vuol dire che Leopardi riuscì, almeno una volta, ad avere un rapporto con una donna, quali che fossero le sue più autentiche tendenze sessuali.

Mi sembra di aver compreso che Lei non ama molto le indagini psicoanalitiche, eppure nel caso del Leopardi sembra abbastanza credibile che i molti problemi che ebbe il poeta a relazionarsi fossero nati da un infelicissimo rapporto con una madre aspra, rigida e anafettiva e con un padre di buon carattere ma troppo preso dai suoi studi.
Nemmeno i suoi fratelli, infatti, ebbero un'esistenza normale: un fratello rimase scapolo; l'unica sorella (morbosamente attaccata al suo Giacomo) non si sposò mai, pur lasciando scritto nel suo testamento di voler essere adornata sul suo letto di morte come una sposa pronta ad andare alle nozze; un quarto fratello fuggì di casa con una domestica, fatto decisamente insolito per un conte italiano del XIX secolo. Insomma una vena di bizzarria scorreva in tutti i membri della famiglia Leopardi, chi più chi meno, e a Recanati si racconta inoltre di una prozia di Giacomo, suora, che di tanto in tanto usava togliersi il casto abito monacale e danzare nuda nella sua cella...

Sperando che questo mio modesto contributo possa giungerLe gradito, Le porgo cordiali saluti

Renata Procacci

Gentile dottoressa,
ogni contributo mi è gradito se nasce, come il suo, da spirito di condivisione.

Non escludo affatto che Leopardi possa avere avuto esperienze con contadine locali. Anche Oscar Wilde era padre di due figli...
In altre parole ciò su cui mi ero interrogato non era tanto la sua capacità di funzionare sessualmente con persone dell'altro sesso (moltissimi giovani eterosessuali, a quell'epoca, si prostituivano a ricchi omosessuali, riuscivano a compiere l'atto come richiesto dal cliente, e restavano eterosessuali come prima... Non c'è nulla di misterioso, o di nuovo, nelle strane capacità dell'organismo umano di dare reazioni sessuali anche in assenza di uno stimolo adeguato. Siamo l'unica specie di primati che non entra mai nella stagione degli amori: lo è costantemente!).

Mi interrogavo insomma sul suo desiderio amoroso, all'epoca assolutamente proibito e mostruoso, per persone del suo stesso sesso.
Sapere se Ranieri e Leopardi abbiano in effetti "consumato" è di poco aiuto nell'indagine storica, e di nessun aiuto nel capire l'opera del Leopardi. Però a me interessa sapere se Leopardi amasse Ranieri, per capire il senso di certe sue lettere, e di certe affermazioni lunatiche del Ranieri nel suo Sodalizio.

Quanto alle sue osservazioni relative alla famiglia di Leopardi, non occorre essere cultori della psicoanalisi per concordare con la sua analisi. Effettivamente, genitori eccessivamente rigidi (Monaldo era un codino fatto e finito), fino al fanatismo, non hanno mai fatto la felicità della loro prole.
Sulla scelta di non sposarsi può peraltro aver pesato anche la condizione non florida della famiglia, che impediva di dotare la figlia in modo degno del suo rango... e Monaldo era ahimè troppo fanaticamente reazionario per far sposare la figlia ad un ricco borghese.
Che tutto questo possa aver creato in Giacomo problemi a relazionarsi, non solo glielo concedo, ma lo penso anche io.
Aggiungo solo che se, a questo fardello, si aggiunge anche il segreto di una condizione all'epoca molto malvista, certamente ciò avrà favorito ed accentuato i tratti oscuri e secretivi del suo carattere. Una cosa insomma non esclude l'altra, al massimo si rafforzano a vicenda.
E a questo punto, forse, parlare di pazzia non è necessario, dato che se fossimo cresciuti in quella casa, probabilmente molto "giusti" non saremmo stati neppure noi.

La ringrazio per il suo contributo.

I miei migliori saluti

Giovanni Dall'Orto

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