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Quei cattivissimi comunisti sovietici 

18/02/2008 

Caro Dall'Orto, mi chiamo Valerio e ho 21 anni. 
 
"Sodoma" n. 3.
Spulciando come sempre tra le varie riviste gay che mio zio tiene in casa ho trovato il numero di Sodoma n. 3 (Primavera-Estate 1986) e ho letto un po' stupito l'articolo di Simon Karlinsky - L'omosessualità nella letteratura e nella storia russa dall'XI al XX secolo. 

La parte dell'articolo sull'omosessualità sotto il governo bolscevico è un coacervo di mezze verità. 
Lenin era sicuramente maschilista, ma teneva in gran conto la questione femminile e redarguiva i compagni per le loro battute maschiliste, oppure la questione femminile veniva affrontata non nei termini intellettualoidi che piacciono ai radicali di oggi, ma in termini pratici, cercando di liberare le donne dal lavoro domestico con l'istituzione di lavanderie e mense pubbliche. 

Trotsky viene dipinto come omofobo quando da uomo di cultura aveva recensito opere di scrittori omosessuali senza la minima malizia o rimprovero morale. 

Da Lenin a Stalin viene tracciata una linea di continuità: l'autore non si è minimamente soffermato sul significato storico dell'avvento dello stalinismo. 

Insomma, emerge un anticomunismo viscerale e irrazionale, contraddittorio in moltissimi punti e incongruente con alcuni fatti storici. 

A questo punto si chiederà: ma che diavolo c'entro io, che ho solo partecipato con i miei articoli a "Sodoma", con i deliri di Pezzana e il suo antisovietismo? 
Presto detto: lei condivide queste opinioni? Un giorno sarà possibile trovare qualche sua riflessione in proposito sul sito? 

Cordiali saluti, la ringrazio per il tempo dedicatomi (anche solo nella lettura della mail!). 

Valerio I. 

 

Gentile Valerio,

io avrei un attimo di esitazione a definire "un coacervo di mezze verità" un lavoro come quello di Karlinsky, che ha retto bene alla critica per tre decenni (risale al 1976). Nel campo storico è sempre possibile contestare un punto di vista, o un'analisi, ma lo si fa con i documenti alla mano e non con i giudizi sulla punta della lingua.

I documenti storici di per sé sono muti (cartacce, cocci, sassi: nient'altro che questo), ed è lo storico ad organizzarli a dare loro un senso, cioè una voce, attraverso cui "significano" (letteralmente "fanno segni" a noi). Dunque, è pensabile dare altre letture ed altri significati ai documenti, tuttavia anche volendolo fare, è coi documenti che ci si deve confrontare, non con i giudizi di valore.
Ora, la persecuzione degli omosessuali nell'Urss è un dato di fatto storico (ed una delle persone che più di tutti hanno contribuito a farla conoscere è stato proprio Karlinsky). Per numero di morti, non è stata inferiore alla persecuzione degli omosessuali avvenuta nella Germania nazista. Come militante gay, non tollero quindi nessun tentativo di nascondere, occultare, minimizzare, censurare, scusare, e in qualsiasi modo giustificare questa tragedia storica. Tutte le persecuzioni antiomosessuali hanno sempre avuto qualcuno che le ha non solo difese ma esaltate, e per me essere un militante gay ha sempre voluto dire essere pronto ad accettare la sfida da parte di chiunque si faccia difensore o minimizzatore delle persecuzioni omofobe.
Quella avvenuta in Urss è stata una tragedia storica, nulla di meno. Punto. Libero chiunque di dire che è stata solo una gradevole passeggiata rinfrescante tra i fiori della olezzante primavera... siberiana, ma libero io di attaccare chi lo dice.

Ma sto divagando. Torniamo allora alla prospettiva storica: nel nostro caso, se tu ritieni che della persecuzione antiomosessuale in Urss Karlinsky parli in termini sovradimensionati rispetto ai fatti dimostrabili (come è accaduto peraltro anche con l'"Homocaust", che ha causato 15-30.000 morti, a fronte del milione che ipotizzò in passato Massimo Consoli) il modo corretto di agire è prendere i documenti e dimostrare che la lettura che ne è stata data non è autorizzata dal testo, ovvero che l'interpretazione è andata troppo oltre rispetto al dato documentato. Come han fatto gli storici gay tedeschi per ridimensionare il "milione" delle vittime gay dei nazisti.

C'è infatti sempre una certa misura di estrapolazione nello studio storico, dato che la documentazione è sempre e solo un frammento di quanto il passato ha prodotto, e salvo rari casi fortunati non è mai neutrale. Lo storico serve a colmare le lacune e ricucire i pezzi e brandelli della documentazione che è arrivata fino a noi. La sua abilità sta nel ridare forma sensata a mucchi di briciole e straccetti di vita che giacciono ammucchiati negli archivi, e farne una "tela storica", un "affresco storico".
Una certa dose di estrapolazione è quindi non solo lecita, ma addirittura indispensabile; tuttavia se la "certa dose" supera il dato storico effettivamente documentato, si ha uno scritto di propaganda politica che si ammanta di storia (esempio: l'invenzione leghista della "Padania", che non è mai esistita nella storia, ma solo nelle estrapolazioni che i leghisti han fatto). Se quindi pensi che questo sia il caso con Karlinsky, questa è la strada che devi seguire: tornare ai documenti, e mostrare che l'estrapolazione di Karlinsky è andata ben oltre la "certa dose" considerata lecita, arrivando a sostituire le sue idee ai dati.

Da questo punto di vista, chiedermi se io sia d'accordo con lui o no non ha quindi senso: se i documenti sono quelli che presenta Karlinsky, ovviamente sì, perché "carta canta". Ma se tu mi arrivi con altri documenti ed altre chiavi di lettura, non ho detto che io non cambi idea. Il dibattito storico serve esattamente a questo. Tu però devi venire con altri documenti... perché Karlinsky, di suo, ne ha citati di belli pesanti...
Chiedermi di schierarmi "pro o contro" Lenin non ha invece senso, se stiamo parlando di storia. Se si fa storia, non si è "pro o contro" Ramsete II. O si cerca di capirlo, o si rinuncia a farlo, e questo è tutto quanto può fare uno storico. Ma schierarsi pro o contro un cadavere mummificato in un museo, o nella Piazza Rossa, non ha senso. La politica, e massimamente quella di sinistra, vive del presente, e delle persone vive, non delle mummie. Solo i reazionari vivono di mummie.

Se invece, dio non volesse, tu mi avessi scritto non in quanto storico ma in quanto militante gay, e mi parlassi di Lenin, Stalin & c. come di figure non storiche, bensì ancora "vive" ed attuali per le tematiche LGBT, allora la situazione sarebbe grama.
Il pezzo di Karlinsky va infatti contestualizzato negli anni in cui fu scritto, ovvero i primi anni Settanta ("Sodoma" ci mise molti anni a tradurlo).
 
Wilhelm Reich
Wilhelm Reich
In quegli anni la prima battaglia del neonato movimento gay (1969) fu contro la sinistra rivoluzionaria che sosteneva che era dissennato creare un movimento di liberazione dei froci. La rivoluzione era il solo obiettivo da seguire, le contraddizioni economiche ("strutturali") erano le sole a contare, le altre questioni ("sovrastrutturali") erano solo derivate dalle contraddizioni economiche. Una volta fatta la rivoluzione, e risolte così le contraddizioni strutturali, anche la questione omosessuale si sarebbe risolta da sé, come pure quella femminile.

A dimostrazione, si citava La rivoluzione sessuale di Wilhelm Reich (1930), che dimostrava come il governo bolscevico avesse immediatamente abolito le leggi antiomosessuali zariste. Dunque, "e noi fare-e-mo / come 'n la Ru-u-ssia", e la questione dei culatt..., ehm dei compagni diversi, e ovviamente delle compagne rompica... ehm, femministe, si risolverà da sola.
Anche se nelle prime fasi io non c'ero (arrivai solo nel 1976, per motivi anagrafici :-) ) i primi anni furono dedicati esclusivamente a smantellare pezzo a pezzo questo demenziale ragionamento. E sono lieto del fatto che sia stato fatto: se io avessi rinunciato ad esigere i miei diritti (e ti assicuro che non fu facile, fu lotta vera e fu lotta continua) limitandomi ad aspettare la Rivoluzione, sarei arrivato ai miei quasi cinquant'anni aspettando Godot...

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Karlinsky si inserisce in questo dibattito.

Conclusione di Karlinsky: la rivoluzione non è una panacea, e l'esempio sovietico, lungi dal costituire un esempio di come le cose andranno tutte a posto da sole non appena fatta noi la rivoluzione, dimostra semmai l'esatto contrario, ovvero di dove si va a finire quando la questione omosessuale (e l'intera questione dei diritti civili ad essa collegata) viene liquidata come "sovrastrutturale" e subordinata ad altre questioni, definite "davvero importanti", gratificate del titolo di "strutturali".

Premesso questo, io sono allora molto d'accordo con Karlinsky, dato che la mia intera vita di militante si è basata sul rifiuto di quella che era stata battezzata allora "la questione delle priorità" (ovvero "prima facciamo XYZ, che è prioritario, e solo poi penseremo ai gay").
In trent'anni non ho mai incontrato nessun problema che non fosse abbastanza serio ed importante da non poter passare davanti alle richieste dei gay, quali che esse fossero e per quanto moderate essere fossero.
Dunque, sono vaccinatissimo contro la tentazione di cadere in qualcosa che somigli alla "questione delle priorità", anche se poi so benissimo che quello gay non è certo il solo problema al mondo, tant'è che personalmente la questione palestinese mi angoscia molto più di quella gay. Ma visto che nessuno di noi è Cristo, ne consegue che ognuno sceglie il proprio àmbito di attività politica compatibilmente col fatto che ha una vita sola, che non è onnipotente, che non deve farsi carico da solo di tutti i mali del mondo, e che deve anche lavorare per vivere, studiare, e magari, se ci riesce, anche amare.

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Josif Stalin.
Sulla figura di Stalin non ti starò a parlare. Se tu lo vedi come un grande uomo, farò riferimento a quanto ne disse il XX congresso del Partito Comunista sovietico che parlò espressamente di "crimini".
Stalin criminalizzò e perseguitò ferocemente l'omosessualità. Se tu volessi negarlo, accòmodati, non saresti il primo a farlo, e nemmeno l'ultimo, tuttavia il movimento di liberazione gay in cui io milito da trent'anni è nato apposta per sbarazzarci di tutti i complici di tutte le forme di omofobia, da Stalin a Hitler a Mussolini a Bin Laden a McCarthy al papa...

Per quanto riguarda Lenin e Trotsky, nutro solo un blando interesse di tipo storico nei confronti del loro punto di vista, così come peraltro mi lascia indifferente la grossolana omofobia di nonno Marx. "Indifferente" perché un marxista non ha bisogno di profeti che gli rivelino la Verità assoluta. Si è marxisti solo se si è riusciti ad andare oltre Marx, esattamente come lui andò oltre la sinistra hegeliana e Proudhon e Saint Simon e Fourier... e spesso anche oltre Marx. Appunto.
Anche perché il marxismo è dialettico, e sa che l'analisi si deve evolvere continuamente per tenere conto delle conseguenza causate proprio dai cambiamenti provocati dal fatto di essere stata formulata e messa in pratica. Il marxismo vuole cambiare la realtà, e non limitarsi ad analizzarla, ma così facendo cambia i dati su cui basava la propria analisi, e quindi condanna se stesso ad essere sempre superato dai fatti. Un'analisi marxista statica è quindi una contraddizione in termini.
Marx ci ha dato un metodo di analisi. Abbastanza flessibile da rivelarsi insuperabile anche oggi. Ma non ci ha dato risposte: nessuna. Lui stesso cambiava idea da un testo all'altro, ed era giusto così. Era un filosofo, non il Figlio di Dio. Aveva analisi e proposte, non Vangeli da rivelare. Fu Stalin che scrisse il "catechismo" comunista. Ma lui era un criminale, come del resto chiunque altro abbia scritto catechismi.

Far degenerare il pensiero a dogma, anziché mantenerlo come analisi dialettica e sempre in evoluzione del presente (che è a sua volte incessantemente in evoluzione) rivela il tipo di mentalità che nella storia abbiamo visto negli Angeli Pezzana o nei Giuliani Ferrara, che sono partiti come i più dogmaticamente di sinistra di tutti, e sono finiti dove sono finiti.
Mi sono chiesto spesso, negli anni, cosa sarebbe successo se la rivoluzione avesse vinto, ma poi avesse governato gente come loro, che ha rivelato abissi di autoritarismo ed intolleranza. E non riesco ad essere del tutto dispiaciuto del fatto che la rivoluzione non ci sia stata. (Anche se poi l'ironia è che i Pezzana ed i Ferrara ce li abbiamo comunque ancora sul gobbone lo stesso, sia pure dalla parte politica opposta... Ma almeno è giusto che i reazionari si presentino come tali, e che facciano il loro mestiere di reazionari: noi non abbiamo bisogno del loro consenso per fare il nostro, dico bene?).

Essere di sinistra significa (anche) capire che la realtà umana è costantemente in evoluzione e che la storia non si ferma mai. Pretendere che in un certo anno, o con una certa figura storica, la storia umana abbia raggiunto il suo culmine, e che da allora in poi nulla vada cambiato, è la quintessenza del pensiero reazionario, che ha "un grande passato davanti a sé".
Quando sento un marxista che rimpiange non dico Stalin o Lenin, ma perfino Marx o Engels, la mano mi corre alla pistola culturale.
ll marxismo che vive del passato porta inevitabilmente a Giuliano Ferrara (e prima di lui, al "compagno" Benito Mussolini): ce lo ha dimostrato la storia e l'esperienza. Mentre quello che vive senza passato, ci porta invece a D'Alema e Veltroni... e sinceramente non so cosa sia peggio.

Da parte mia, vivo bene senza santini, grazie, senza mummie da venerare, grazie, e senza complessi, grazie. Ma anche senza dimenticare il passato, incluso quello che ci ha dato i gulag e le leggi sovietiche antiomosessuali. Quando Karlinsky scriveva, e tu dovevi ancora nascere, l'Urss esisteva ancora e l'omosessualità era molto concretamente punita con la Siberia.
Se oggi ti puoi permettere di essere perplesso su Karlinsky è solo perché la sua lotta, assieme a quella di altri, ha messo fine a quella realtà, e le leggi antiomosessuali sono state abrogate (anche se l'omofobia nell'ex Urss resta un problema concretissimo).
Ma sarebbe meglio che, per quanto tu sia giovane e non abbia vissuto quelle lotte, per quanto sia giusto che tu sia nato godendo già di diritti che non erano tali prima che tu nascessi (abbiamo lottato proprio per quello, perché ne potesse godere fin dalla nascita chi fosse nato dopo di noi), tu non dimenticassi che questo passato è esistito, e che purtroppo (Ratzinger ce lo insegna) nessun passato è mai passato. "Un popolo che non impara dal proprio passato è condannato a ripeterlo".

Su tua sollecitazione, metterò questa mail sul mio sito, ovviamente depurata dai dati personali, in modo che possa servire al dibattito futuro.

Ciao, buon lavoro.
Giovanni Dall'Orto

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