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Una storia felice

08/03/2005

Gent.mo Dall'Orto,

be', innanzitutto le faccio i complimenti per il sito, mi pare molto interessante anche se lo sto ancora scoprendo. Ho trovato il suo sito grazie ad un mio amico che mi ha dato il suo indirizzo e ho iniziato a leggerlo, soprattutto la pagina dei commenti e delle lettere.
Che dire? Be', io sono un ragazzo di 25 anni della provincia est di Milano (tra Milano e Bergamo, per la precisione) e sottolineerei questa posizione, non indifferente per quello che voglio dire.

Scrivo questa lettera non tanto per dare consigli, ma semplicemente per far sapere che a volte non è tutto nero come lo si dipinge. Leggo ovunque solo di storie tristissime di emarginazione e di brutture... io sarò un pazzo e isolato felice? Non penso... Quindi perché non testimoniare anche il fatto che i gay possono vivere felici senza avere tutti quei rimorsi e quei problemi che sembrano essere i nostri unici compagni di vita?

Io vivo in un paese piccolo, di neanche 2.000 abitanti, e il mio coming out l'ho iniziato "solo" quattro anni e mezzo fa. Non frequentavo molto Milano, avevo appena iniziato l'università, e non avevo mai avuto un ragazzo, ma solo una ragazza. Ho sempre saputo di essere gay, ma prima che l'accettassi io ce ne è voluta... :-)

Tutti i miei problemi in effetti sono partiti e si sono risolti da questo punto. Una volta che io mi sono accettato, tutto il resto è venuto da sé. Il coraggio di affrontare il mondo l'ho trovato capendo e accettando quello che ero e non nascondendomi.
Naturalmente le premesse potevano sembrare non buone. Paese piccolo, la gente mormora. Gli amici, i genitori, la chiesa, l'università... quanti problemi.

Ebbene, esistevano solo nella mia testa. Il paese mormora, è vero, ma non morde. Anzi. ho scoperto che nel mio paese esistono ben due coppie omosessuali che vivono allo "scoperto" da tempi immemorabili. (Basti pensare che l'età di una delle due è intorno ai 70 anni). 
Ma il problema fondamentale erano i miei genitori. Glielo ho detto nel modo peggiore possibile. Cioè portandogli a casa il mio allora ragazzo e praticamente gettandoglielo in faccia come una secchiata di acqua gelida. Ebbene, i miei, come se nulla fosse, hanno accettato la cosa e mia madre è addirittura diventata la mia confidente amorosa più sincera. La sua reazione alla notizia che suo figlio era gay è stata "Be', pensavo ti drogassi!!! Su ora, andiamo ad attaccare le tende". 
Io ero pronto a muovere mari e monti per difendere la mia tanto conquistata consapevolezza e loro con tanto di sorriso mi hanno guardato e mi hanno detto "Be', lo immaginavamo. Tu sei felice? Lo siamo anche noi". Sono rimasto come un ebete istupidito perché pensavo di dover affrontare tutte quelle ondate di rabbia e furore che caratterizzano le testimonianze del mondo gay.

Mia madre oltretutto ora sta cercando di aiutare anche un ragazzo del paese che si era confidato con me sulla sua omosessualità, e lei lo aiuta facendo da ascoltatrice.
Mia sorella, anche lei è diventata una mia confidente e ci divertiamo in casa a fare i commenti sugli uomini tra me mia madre e lei. Famiglia del Mulino Bianco? Non penso, solo una famiglia che mi sta vicino e che sa che nulla è cambiato da prima.

I miei amici, anche loro... come dirglielo? Ebbene, quelli del paese si sono arrabbiati!!! La prima vosa che mi hanno detto è stata: "Ma come? Ce lo dici così? Ma ti pigliamo a botte! Vuol dire che finora ci siamo scomodati a presentarti ragazze quando potevamo presentarti ragazzi? Ne abbiamo tanti..." e hanno cominciato a snocciolarmi nomi di ragazzi single delle varie università di Milano che conoscevano!
Il mio migliore amico era felice per la notizia, perché, parole testuali, così gli lasciavo le mie sette donne dei dati statistici e così lui ne aveva 14...
La mia migliore amica si è arrabbiata per il solo motivo che l'ho detto prima al mio migliore amico e non a lei.

Ho dimenticato di dire che a quel tempo lavoravo in un call center, dove anche lì mi si è aperto un mondo. Nei call center milanesi il 90% degli impiegati maschili è gay, e il restante 10% sono donne. E non solo nel mio, ma in tutti. E lo confermo per un' analisi fatta anche su altri call center
Lì non ho avuto problemi, praticamente quando mi sono dichiarato nessuno è rimasto sconvolto, anzi aspettavano solo che io lo palesassi. (E premetto che non sono uno che va in giro con il boa di struzzo).
Altro ostacolo superato.

Un altro ostacolo che pensavo insormontabile è stata la Chiesa. Ebbene, il mio prete mi ha preso un giorno dopo la messa e mi ha detto che mia madre gli aveva parlato. Io ero già diventato bianco cadaverico. Lui mi ha guardato e mi ha detto: "Sono molto contento che tu l'abbia capito. Se vuoi puoi andare in queste associazioni, o in questi posti, dove ci sono tanti ragazzi che conosco"... e ha cominciato a darmi un libro, riviste... tutti di associazioni gay cattoliche e non. Ebbene, dove è la tanto decantata intolleranza della Chiesa? Il suo divertimento dopo la confessione è stato vederlo ridere e assolvermi, dicendomi: "Pensa, tu almeno sei sicuro di essere gay. Sai quanti uomini ho sentito a Milano con mogli e figli, e poi si venivano a confessare perché si facevano fare i pompini dai ragazzini? Quelli non sono da assolvere..." Un prete solo la pensa così? Non penso... Pochi, è vero, ma non unici...

L'università è un mondo strano, invece. Ne conosco tanti, di ragazzi gay. Soprattutto la facoltà di lettere è pienissima di gay, eppure vige l'omertà più assoluta anche per quelli dichiarati.
Anche un mio professore, gay anche lui, con cui parlo tranquillamente e al quale non ho avuto problemi a dichiararmi subito già alla seconda lezione, ha notato questa omertà latente: cosa incredibile, soprattutto in ambito universitario, dove si pensa che un ragazzo dovrebbe essere libero finalmente di essere se stesso.

Io questa cosa non la capisco. Io sono gay, sono fiero di esserlo, e non ci vedo nulla di male. Fa parte di me, e se uno mi vuole bene, mi vuole bene per come sono e non per chi mi porto a letto o bacio. Tutti continuano a dirmi che è difficile parlarne, ma il problema fondamentale è che spesso non ne vogliono parlare.
Per questo ho deciso di scrivere questa lettera, e autorizzo la pubblicazione del mio nome e del mio indirizzo e-mail per chiunque voglia rispondermi.
Per far capire che a volte i problemi ce li creiamo noi.

Io non ho trovato tutti questi problemi di accettazione o altro. Anche quando parlo con le persone e viene fuori nella conversazione che io ho avuto un ragazzo, oppure il mio ex ecc ecc, nessuno mi dice nulla. Nessuna reazione scandalizzata, nessuna filippica contro l'omosessualità. Immagino solo un attimo di smarrimento perché io ho imparato a parlare della mia omosessualità.
E così non solo io.

Altri amici miei hanno ottimi rapporti in famiglia. Solo un paio di persone che conosco hanno effettivi problemi di chiusura mentale dei rispettivi genitori, ma sono un paio di esempi a fronte di decine di ragazzi che ho conosciuto. Il mio ex ragazzo mi ospitava in casa durante le vacanze e i genitori sapevano di noi. I genitori lo sapevano e si preoccupavano più della felicità del figlio che della sua omosessualità. Quasi tutti i miei amici hanno avuto la stessa reazione con i genitori. "Lo sapevamo, ma aspettavamo che fossi tu a dircelo".
Non è forse questo il problema? I genitori lo sanno quasi sempre, soprattutto, come dice un mio amico, "se consigli i vestiti a tua madre e guardi con lei Colazione da Tiffany piangendo  come due fontane sul divano".

Non dico di non aver conosciuto la realtà antigay, ma quando sei sicuro di te, la affronti e ti passa addosso. Sono stato inseguito per corso Cavour con una scopa a Bari perché in una libreria ho baciato il mio ex-ragazzo, sono stato tacciato di essere frocio, rottinculo, finocchio... e la mia risposta è sempre stata. "Be' sì, lo sono". Mi sono girato e ho continuato per la mia strada.
Il coraggio è dentro ognuno di noi, basta rendersene conto e andare avanti.
La vita non è facile per nessuno, quindi penso sia inutile pensare di vittimizzarsi per il fatto di essere gay. Una mia amica mi ha detto "Tu pensi di essere vittima perché sei gay? Pensa a me. Io sono donna, meridionale e grassa!" E andando in giro con lei mi rendo conto... che ha ragione. La gente è piena di pregiudizi e i gay ne sono solo una parte.

Morale della lettera, anzi del romanzo, è che ho voluto testimoniare semplicemente e far sapere che a fronte di storie brutte esistono anche vicende felici? Non saprei, io mi ritengo normalissimo. Né più né meno degli altri. 
A volte i problemi sono solo nella nostra testa. (Ripeto: a volte, so perfettamente che ci sono circostanze veramente difficili... ma a volte ce le creiamo solo noi).

Giacomo 

A quanto pare la sezione "lettere" del mio sito è diventata una specie di "blog", con tanto di forum dei lettori!
Di fronte a questa evoluzione inattesa ho due opzioni: esecrare la cosa e maledire i lettori, oppure accettare l'idea che nella vita tutto evolve, tutto cambia... e noi con la vita: "Omnia mutantur, et nos mutamur in illis"....

Scelgo la seconda opzione.
Ok, pubblico questa lettera così simpatica e così sincera, anche se non ho nulla da obiettare, nulla da osservare, e nulla da aggiungere: sono banalmente d'accordo! (Sono sono felice che abbiamo lottato per trent'anni per arrivare alla fine ad avere dei giovani gay così genuinamente "così". Mon dieu, ci abbiamo messo un millennio, ma ce l'abbiamo fatta. Ne sono molto felice.. ed anche un poco fiero!).

Certo, esiste il rischio che a lasciar fare ai lettori finisce che il mio sito me lo scrivono loro al posto mio...
Ma a ben pensarci, è una gran comodità... :-)

Grazie a Giacomo per la sua testimonianza, e d'ora in poi, vai col semi-blog nelle lettere!
L'unico cambiamento da parte mia, sarà che non aggiungerò più foto, per risparmiare lo spazio che ormai, sul mio sito, scarseggia di brutto ;-)

G. Dall'Orto

PS: Non pubblico indirizzi email, per evitare scherzi di cattivo gusto e relative querele. Al massimo pubblicherò link a siti e blog personali. Scusatemi, ma la legge è legge.

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