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José Saramago, Il Vangelo secondo Gesù Cristo, Feltrinelli, Milano 2010 [1997]

[Romanzo]

Recensione di Giovanni Dall'Orto

Copertina di José Saramago, Il Vangelo secondo Gesù Cristo


Un romanzo irreligioso ma mai blasfemo, ricco d'ironia e di simpatia umana

Ho iniziato questo romanzo con curiosità: quando un romanziere comunista, premio Nobel per la letteratura, affronta la figura di Gesù, il risultato non può che essere insolito.

E in effetti lo è, anche se per il motivo opposto a quello che m'attendevo. Perché chi si aspetta un Gesù totalmente "evemerizzato", cioè spogliato dai suoi panni di divinità e ricondotto alla sua natura umana, chi si aspetta l'eliminazione totale dell'aspetto soprannaturale dalla narrazione, ebbene, si troverà di fronte ad una bella sorpresa...
Perché nel romanzo di Saramago Diavolo e Dio entrano da subito nella narrazione, come protagonisti a pieno titolo, mentre è semmai l'aspetto storico ad essere un po' sacrificato a favore delle licenze poetiche e narrative.

Dunque, la Strage degli Innocenti - che storicamente non è mai avvenuta, e quindi in un romanzo evemeristico non avrebbe dovuto nemmeno apparire -  diventa addirittura un evento fondante della narrazione. E le presenze angeliche (ricordandoci qui del fatto che anche Lucifero è un angelo) guidano lo svolgimento degli eventi fin dalle prime pagine.

Gesù qui è per davvero il figlio d'una divinità. Il suo problema è che non sa cosa farsene di questa filiazione.
Nel romanzo, che è pervaso da uno sbarazzino senso dello humour, Gesù è lo strumento nelle mani di Dio e di Lucifero, in lotta per il predominio sulla Terra, e non ci mette molto a sentirsi usato. La sua morte sarà perciò il frutto d'un gesto di ribellione (nel quale rifiuterà il titolo di "figlio di Dio", proclamandosi solo e soltanto "re dei giudei") che però non avrà l'effetto sperato, ovvero prevenire la nascita d'una nuova religione, con tutto ciò che avrebbe comportato in termini di guerre, persecuzioni, martirii e crociate (assolutamente geniali sono le pagine e pagine in cui Dio elenca in ordine alfabetico a Gesù tutti coloro che sarebbero stati martirizzati per lui e nel suo nome: l'elenco da solo, senza alcun commento, è una tremenda e autoevidente condanna del fanatismo religioso).

Ricorrere qui alla solita formula del tipo "quello di Saramago è finalmente un Gesù pienamente umano" sarebbe ingannevole. Questo Gesù non è infatti per nulla umano: compie miracoli, è davvero figlio di Dio, vede Lucifero ci parla e lo frequenta, parla con Dio... E la vera sorpresa del romanzo, l'atto geniale dell'autore, è aver risolto l'eterna contraddizione fra Storia e Mito (nella quale i Vangeli delle Chiese hanno sposato il Mito senza compromessi) sposando contro ogni attesa anche lui il Mito, e non la Storia.

La Storia? Viene riscritta, bellamente, in base a esigenze narrative. Per esempio Giuseppe, senza nessuna giustificazione che non sia quella letteraria, viene fatto morire crocifisso, innocente, nella Sefforis strappata ai ribelli dalle truppe romane, per un mero atto d'ottuso puntiglio maschilista.
La Storia qui esiste solo come sfondo della recita, ed è proprio per questo che, per esempio, la ricostruzione della psicologia e della dimensione antropologica d'una famiglia d'ebrei del primo secolo è assolutamente superba, come può esserlo solo in un romanzo, dato che solo un romanziere può permettersi di colmare per analogia le lacune che la storiografia non riesce a colmare con i suoi documenti (sotto le parole traspare la frequentazione d'arcaiche e patriarcali famiglie contadine portoghesi quali modelli viventi dell'arcaica e patriarcale famiglia di Giuseppe e Maria).

L'attenzione dello scrittore va insomma tutta alla recita e ai suoi personaggi, più che allo sfondo storico o anche solo teologico. Nella querelle plurisecolare che contrappone il Gesù storico a quello mitico, Saramago si è "chiamato fuori" proponendoci un Gesù che è... personaggio letterario.

L'evemerismo di Saramago, ovviamente, si nasconde qui. Perché questo Gesù appartiene, assieme a Diavolo e Dio, alla fabula, che in latino significa "racconto", ma anche "favola". E che con la storia come la conosciamo ha qui poco a che fare, mentre con la mitologia, nel romanzo, è lui stesso a non voler avere a che fare.

Mi sono chiesto se un cristiano troverebbe irriverente o meno questo Gesù. Non essendo cristiano io, non posso rispondere per altri, però penso di poter azzardare che questo romanzo non è blasfemo.
È solo irreligioso, nel senso che la dimensione religiosa è totalmente al di fuori dell'orizzonte del narratore. Gesù e Dio sono solo personaggi di fabulae, e quindi essere blasfemi con loro è come essere blasfemi con Cappuccetto Rosso o la Fata Turchina. Lo si può fare, certo, ma a che pro? Non ne vale la pena. Altre, altre sono le questioni che ci interessano come esseri umani...

Ed in questo "altre questioni" che sboccia il romanzo. A me è venuta la pelle d'oca dal piacere nel leggere della scena in cui la Maddalena s'innamora di Gesù e abbandona la sua vita di prostituta per lui. Tanto è umana, tanto è dolce, tanto è delicata questa lunga scena, da far dimenticare che parlare di legame fra Gesù e la Maddalena significa ficcare il dito in una delle piaghe più aperte delle ipotesi non-religiose di lettura dei testi evangelici (canonici e apocrifi che siano).
Qui ed ora non m'importa sapere se un simile legame sia storicamente fondato (non lo è) o anche solo storicamente ipotizzabile (lo è, ma nulla di più). Qui è la narrazione a contare, e la narrazione è bellissima ed affascinante, al punto che ci si dimentica in un attimo di chi sia questa Maddalena e chi sia questo Gesù. Conta solo il fatto che sono due persone che s'innamorano, sulle ali dei versi del Cantico di Cantici.
La loro storia è "vera" perché lo è letterariamente, e Saramago non pretende di avere altra verità che non sia quella letteraria. Dal punto di vista storico può anche essere falsa, quanto lo è la Strage degli Innocenti, ma non è questo che importa al romanziere.

Ciò non significa, sia chiaro, che l'autore non abbia da dire nulla sulla religione. Il suo atteggiamento verso la divinità non è affatto rispettoso, e questo sia detto per rispetto ed avviso a chi progettasse di leggere il romanzo quale testo "parallelo" alla narrazione evangelica. Non lo è. Saramago ha diverse critiche da muovere alla religione, specie per quanto di ottuso e ciecamente fanatico è riuscita ad imporre alla razza umana.
Ma non ce l'ha col cristianesimo: ce l'ha col fanatismo. A iniziare da quello dei pagani, ma senza fermarsi a quello.

Un fine umorismo aleggia quindi sempre intorno ai personaggi sovrannaturali della vicenda, tanto quanto intorno a quelli umani.
È un umorismo a tratti arguto, laddove si permette aforismi un poco wildiani come: "Gesù disse all'adultera, Va', e, d'ora in poi, non ricadere nel peccato... ma in cuor suo era pieno di dubbi" (p. 277), però non è mai fine a se stesso: nella stessa pagina 277, per esempio, una lunga e divertita riflessione ragiona su come i virili lapidatori di adultere affrontati a muso duro da Gesù non avessero, personalmente, alcun timore di quella Legge che volevano applicare con tanto zelo. Infatti s'applicava solo alle donne.

O ancora, nel drammatico dialogo fra la Maddalena e Gesù:

A volte l'umorismo è davvero molto sottile, fino all'evanescenza, come nella citazione stravolta del Testimonium flavianum nella presentazione dell'indemoniato che va incontro a Gesù: "Strada facendo, si parò dinanzi a loro un uomo, se tale si poteva definire quella figura coperta di sporcizia (p. 278), o nelle ultimissime righe in cui la grezza ciotola d'argilla nera apparsa come stoviglia domestica all'Annunciazione e usata dal Diavolo si rivela essere, pur senza sottolinearlo, il Santo Graal.
(Queste allusioni rivelano se non altro che l'autore i testi storici li conosce, ed anche bene, anche se ha scelto di affidarsi ad altro – alla creazione narrativa – anziché ad essi).

Né è per anime pie il dialogo fra Gesù e Dio (che traggo dalla epica, indimenticabile scena del confronto a tre fra Dio, Lucifero e Gesù sulle acque del Lago di Tiberiade) laddove si legge:

Resta il fatto che questo umorismo, a tratti caustico, propone sempre una garbata riflessione sulla natura umana e sul suo destino, che dalla vicenda di Gesù prende solo spunto, e però si nutre da radici proprie.
Così, ad esempio, nello stravolgimento, carico d'amarezza, della scena della resurrezione di Lazzaro, che la Maddalena, sua sorella, impedisce: "Maria di Magdala posa una mano sulla spalla di Gesù e dice, Nessuno ha compiuto tanti peccati in vita per meritare di morire due volte, a quel punto Gesù lasciò ricadere le braccia e si allontanò per piangere" (p. 338).
E se, parlando della simpatia che a volte nasce fra persone che scoprono di avere lo stesso nome, Saramago si lascia scappare la considerazione "ecco qual è il problema di Dio, non c'è nessuno che abbia il suo stesso nome" (p. 259), non si tratta d'una battuta, ma d'una riflessione su come sia possibile concepire una divinità che riesca a provare la simpatia che negli esseri umani sorge fra eguali, quando questa divinità in tutto l'Universo non ha eguali.

Al di là dei singoli episodi, non esiste alcun personaggio del romanzo che non sia memorabile, a modo suo. Giuseppe tragica vittima del suo ottuso maschilismo di giovane paterfamilias ebreo, chiuso nella difesa del proprio onore in modo tanto puntiglioso e ottuso da cacciarsi da solo nella trappola che gli costerà la vita, o Maria sottomessa e ignara del sapere che i maschi monopolizzano, ma attenta e capace di fare da sola due più due, e poi i discepoli, i fratelli, Lucifero, perfino Dio: tutti personaggi ben riusciti e che restano impressi nella memoria.

Pur ripetendo nuovamente la raccomandazione di evitare la lettura se ci si aspetta un romanzo devozionale (non lo è!), le qualità narrative di quest'opera - ora epica, ora drammatica, ora lirica, ora sarcastica - la raccomandano senz'altro.
Il solo aspetto "difficile" è lo stile, che fa un uso alquanto "creativo" della punteggiatura, narrando come un concitato fiume di parole che non trova il tempo di tirare il fiato, e che per questo qui e là è un po' ostico. Ma tutto sommato è sopportabile.
Ciò detto, non è cosa da poco esser riuscito a rendere nuova ed interessante una storia già raccontata migliaia e migliaia di volte...
 


 
 
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