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Emiliano Brancaccio e Marco Passarella, L'austerità è di destra. E sta distruggendo l'Europa, Il Saggiatore, Milano 2012.
 
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[Saggio]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Nobile tentativo di divulgazione. Non riuscito in pieno, ma valeva la pena tentare

Il problema contro cui si scontrano i molti docenti d'economia che oggi stanno cercando di ridimensionare il dogma neoliberista (che ogni giorno che passa si rivela sempre più come "il dio che ha fallito"), sta nelle questioni di linguaggio.
Mentre infatti il neoliberismo ha potuto contare su orde di abili giornalisti e divulgatori (profumatamente pagati da chi aveva interesse a spargere le sue bubbole) loro sono "solo" professori universitari abituati a parlare in accademichese stretto. In parole povere: se la cantano e se la suonano fra loro e i loro colleghi, senza incidere sul dibattito sociale, nel quale il neoliberismo continua a farla da stra-padrone come se le avesse sempre azzeccate tutte, dal "Sole 24 ore" ai Tg fino a "Repubblica", con puntate anche sull'"Unità" o "Il fatto quotidiano".

Commendevole è quindi il tentativo di questi due autori di spiegare a tutti i motivi per cui la visione di un "liberismo di sinistra" portata avanti per oltre un decennio dal Pd e compagni di merende, sia fallace. Lo fanno, destreggiandosi in drastici limiti di spazio, concentrandosi sulla spiegazione dei motivi per i quali la politica di "austerità", voluta in questo 2012 da sedicenti "tecnici" e sedicenti "politici" con unanime entusiasmo, non può che avere effetti opposti a quelli propagati.
E la loro spiegazione è ben argomentata, anche se alla fin fine quel che fanno è spiegare in modo dotto quel che sa anche la sora Olga Cocimel'ova (la cuoca a cui Lenin voleva affidare la gestione della politica): se la gente non ha soldi da spendere, ci saranno meno soldi spesi, e chi ha merci e servizi da vendere a sua volta vedrà meno soldi, e così via.


Iniziativa commendevole, ma non riuscita. Perché anche se gli autori riescono a non parlare in accademichese, evitandoci la solita grandinata di note inutili a piè di pagina, scrivono comunque in difficilese e professoralese, con un periodare tipicamente accademico, greve e pedante. E non so se Olga Cocimel'ova sarebbe riuscita a tenere aperti gli occhi fino alla fine del libello...
Peccato, perché l'occasione era ghiotta.

Il libro merita comunque la lettura, perché dice cose sensate e ben argomentate, tuttavia non è certamente un'opera divulgativa (a differenza di 23 cose che non ti hanno mai detto sul capitalismo di Ha-Joon Chang, tra l'altro dello stesso editore), né l'esposizione è ravvivata almeno da qualche guizzo grazie alla verve polemica, come avviene nell'altrettanto greve e altrettanto poco riuscito Liberista sarà lei!, di Carnevali e Pellizzetti.
Lo acquisti perciò solo chi abbia una prima infarinatura sui temi di cui si sta parlando, perché l'interlocutore a cui pensano gli autori scrivendo è uno studente universitario che abbia già cognizioni in materia.

Ciò detto, anche questo instant book è il benvenuto nella lotta, ancora agli inizi, contro uno dei dogmi che è stato coltivato con un fanatismo e un'ottusità maggiori di quelle che tutte le Inquisizioni di questo mondo sono mai riuscite a suscitare.


 
 
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