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Giovanni Garbini, Vita e mito di Gesù, Paideia, Brescia 2015.
 
Copertina di ''Vita e mito di Gesù '', di Giovanni Garbini

[Saggio]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Un libretto agile ed affascinante. Ma...

Garbini è un grande semitista e un grande filologo che in questo libro si concede un'incursione al di fuori (e lui lo ammettere fin dalla prima pagina) dalla sua area di competenza, affrontando i testi dei vangeli in ottica filologica, sfruttando il bagaglio d'una conoscenza straordinaria dei testi biblici in originale.

Il risultato è molto bello e interessante. Ma...

Ma proprio perché Garbini non è nel suo territorio, mi è capitato spesso nel corso della lettura di non veder discusse tesi e proposte di altri studiosi neotestamentari che avrebbero dato ben altre risposte ai dubbi da lui espressi. In particolare nuoce al libro la tesi centrale dell'autore, ossia che il Gesù storico fosse il sostenitore d'una rivoluzione teologica, che sosteneva che "Dio è Amore" e che solo questo conta, mentre nessun rito religioso conta. Questa rivoluzione piacque poco alla Chiesa del primo secolo, per la quale furono scritti i vangeli stessi, che quindi offuscarono per quanto possibile tale messaggio.

Stupisce il modo in cui a Garbini sfugge completamente la dimensione politico-polemica di questo amore di Dio per il "suo" popolo eletto, che comprendeva, proprio come dimostrazione di tale amore, la liberazione politica della Palestina dal giogo romano. A p. 131 Garbini si spinge addirittura a giudicare "improbabile" che Pietro avesse una spada con sé al momento dell'arresto di Gesù, mentre nel testo evangelico è proprio Gesù che sceglie "zeloti" (ossia jihadisti ebraici) per discepoli, e dice loro di vendere il mantello per poter comprare una spada.

Diciamo quindi che Garbini è sviato dalla tesi che vuol dimostrare, perdendo di vista il fatto che forse i Gesù presenti nei vangeli sono almeno tre: l'uomo storico, il Figlio dell'Uomo / Figlio di Dio escatologico della riflessione teologica, e il messia-re / Figlio dell'Uomo che avrebbe riportato la libertà politica in Palestina. Quanto queste tre figure coincidano è motivo di dibattito, anzi è tutto il motivo del dibattito, ma limitare la discussione a due soli di questi aspetti non è una buona idea.


Resta il fatto che la prima metà dell'opera, soprattutto la ricostruzione del ruolo giocato da Paolo nella creazione della religione cristiana come la conosciamo oggi (anzi, del ritratto di Gesù quale appare dai vangeli canonici, che sono tutti scritti in ottica paolina), o l'opera della Chiesa delle origini per offuscare il ruolo dei famigliari e delle donne in genere nella vicenda del Gesù-uomo, è una magistrale sintesi di conoscenze spesso accessibili solo a uno specialista del livello di Garbini, e quindi risulteranno di straordinario interesse a chi non sia, come non sono io, uno specialista del settore.

Con il bagaglio che ha, Garbini può permettersi anche di proporre ipotesi nuove che si stenta a liquidare a cuor leggero, come la straordinaria lettura parallela del concetto di Amore nel Cantico dei Cantici (di cui ha curato una traduzione critica) e del Vangelo di Giovanni, che però è anche in assoluto la parte che mi ha convinto meno. Forse, ad avere la profondità di cognizioni che ha Garbini, il parallelo potrà sembrare ovvio, fatto sta che non avendole, a me ovvio non pare...

Viceversa, la prudenza accademica di Garbini regge da vincitrice il beauty contestcon le impetuose ipotesi d'un David Donnini rispetto all'uomo storico che sta alla base della narrazione evangelica, tuttavia DOnnini, però per la mancanza d'un taglio accademico, può spingersi più in là nei suoi: Cristo. Una vicenda storica da riscoprire e Nuove ipotesi su Gesù, che grazie alla sua acribia hanno molto di più da proporci su questioni come la famiglia carnale di Gesù e la sua frequentazioni di ambienti politicamente eterodossi se non "eretici" (e a questo proposito l'incomprensibile "lebbroso" che a Betania ospita Gesù e i suoi è stato con una convincente proposta d'emendazione testuale di Pinchas Lapide riportato a "esseno", ma Garbini non prende neppure in considerazione la proposta, coerente nel suo disinteresse alle implicazioni politiche del testo).



Il libro è scritto con stile piano e chiaro, solo sporadicamente dà forse per scontata la conoscenza da parte del lettore di concetti non scontati per tutti, come per esempio il reale significato dell'espressione "Figlio dell'Uomo" o il fatto che il Gesù storico non abbia mai affermato di avere natura divina; peraltro è vero che l'opera appare in una collana di studi teologici che presuppone un lettore non alle primissime armi, e che come minimo abbia già letto i vangeli e possibilmente anche gli Atti e le epistole paoline.

Con questo avviso (ossia che il libro non è adatto a un lettore totalmente digiuno di conoscenze sul testo dei vangeli) me la sento di raccomandarlo, anche in virtù delle contenute dimensioni (150 pagine) che ne permettono la lettura in una giornata, al massimo in un weekend.

 Un'opera gradevole, stimolante, vero "cibo per la mente".


 
 
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