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Andrew Keen, Dilettanti.com, De Agostini, 2009 [2007].
 
Copertina di ''Dilettanti.com'' di Andrew Keen.

[Saggio]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Il punto di vista di chi non ama che l'informazione sia libera.

Ho comprato il libro pensando di trovare un'analisi dei limiti del "Web 2.0" - a iniziare dal narcisismo delirante dei bloggers - ed una proposta per superarli.
Mi sono trovato invece in mano un attacco forsennato contro Internet, mezzo di comunicazione "comunista" che distrugge il lavoro dei veri esperti, ai quali dovrebbe esser riservata la comunicazione.

Ora, io sono un giornalista, e so fin troppo bene che se il Web 2.0 esiste è (anche) perché i giornalisti non hanno fatto il loro lavoro. Keen ha un'idea talmente propagandistica del lavoro dei giornalisti che mi spinge a chiedere se abbia mai letto un giornale (oltre tutto è laureato in storia e scienze politice, dunque la sua competenza professionale non riguarda né la Rete né il giornalismo. Esatto, in questo campo Keen è solo un "dilettante"!). Oppure se, più semplicemente, questo sia un pamphlet in favore della censura.
Leggendo a p. 17 si capisce che è vera la seconda ipotesi: Keen dice che preferisce che le notizie sulla guerra in Iraq vengano diffuse solo dal New York Times.
Cioè il giornale che si era bevuto tutte le bufale sulle inesistenti "armi di distruzioni di massa"...

O si prenda a p. 113 il racconto di come un anonimo bloggettaro abbia duffuso calunnie su Obama, che essendo state riprese dal network televisivo Fox News hanno danneggiato Obama.
Questo episodio dimostra, secondo Keen, quanto sia inaffidabile la Rete.
Secondo me invece dimostra quanto sia inaffidabile "Fox News", che rilancia "notizie" anonime senza averne verificata la fonte, l'attendibilità e la provenienza.
In altre parole dimostra come la stampa "professionista" sia "dilettante" tanto quanto la Rete, con l'aggravante che dai professionisti ci si aspetta professionalità, dai blogger no.

Conclusione: la verità delle notizie non dipende dal medium che utilizzano, ma dalla credibilità di chi le dà.
Il che vale per la Rete, quanto per i giornali cartacei.

Il punto è che Keen parte dall'assioma per cui i giornali su carta sono sempre attendibili... ed io non so quante persone possano ascoltare una dichiarazione del genere senza scoppiare a ridere.
E se queste sono le premesse...


Eppure non mi pento dell'acquisto.
Questo libro è un lucido, chiaro riassunto di tutto quello che una persona di destra, legata all'idea che l'informazione va sottoposta a controllo, ha da dire sulla Rete.

Conoscere le idee di questo mondo, che ha una FORTE influenza sui legislatori, è molto importante.
Quindi questa è una lettura assai istruttiva e interessante.



P.S. Penso che avrei creduto di più all'onestà intellettuale dell'autore se avesse avuto l'onestà, appunto, di raccontarci la sua avventura di imprenditore della New Economy, conclusa in modo non proprio lusinghiero (la sua "music company" Audiocafe.com è fallita nel 2000).
A mio parere la sua esperienza avrebbe potuto chiarire il punto del perché la Rete è così cattiva.

In assenza di tale chiarimento, è per lo meno legittimo il sospetto che il livore di Keen non parta da motivi razionali bensì da rancore verso un medium che gli ha fatto perdere denaro...


 
 
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