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Margaret Wertheim, Tutti pazzi per la fisica. Anelli di fumo, circloni e teorie alternative del tutto, Dedalo, Bari 2013.
 
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[Saggio]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Un modo scherzoso per porre domande serie sulla scienza oggi

Una bella recensione su "Query online" mi ha convinto a comprare questo libro nonostante io non sia minimamente in grado di seguire la fisica teorica contemporanea, e devo dire che il recensore ci ha azzeccato perché il libro (per quanto scritto da una laureata in fisica) è un testo di divulgazione comprensibile anche al non-specialista.
In realtà, il tema discusso offriva materiale per un saggio di trenta-quaranta pagine, e per arrivare alla lunghezza del libro l'autrice ha dovuto allungare il brodo, al punto che in due o tre punti ho trovato noiosa la trattazione: per fortuna si tratta d'un paio di punti soltanto.

L'argomento di cui tratta sono i "genialoidi", quei "genii incompresi" che si alzano al mattino e scoprono una teoria rivoluzionaria del Tutto in grado di cestinare secoli di riflessione scientifica... se solo gli scienziati si degnassero di ascoltare loro, invece di perdere tempo con gli acceleratori di particelle. Cosa che, ovviamente, non riescono ad ottenere, il che li spinge a produrre opere dai toni sempre più frustrati, complottisti e pieni di autocompatimento per come l'arroganza degli scienziati impedisce al mondo di giungere alla Verità... grazie a loro.

L'autrice ha scelto di accettare la loro sfida ed ha iniziato a collezionare e leggere gli elaborati di questi genii incompresi. Fra tutti ha eletto a suo beniamino un certo Jim Carter, che ha frequentato per molti anni, documentandone vita e scoperte (ne cito solo una: la gravità non esiste. Quando ci sembra che un oggetto cada, si tratta di un'illusione ottica, in quanto è la Terra che si espande senza mai smettere, e quindi è il suolo che va verso l'oggetto e non l'oggetto che va verso il suolo).
La parte in cui l'autrice esagera è proprio nella biografia di questo Carter, che è troppo lunga e troppo dettagliata. Essendo diventata sua amica, la Wertheim giudica con un'indulgenza eccessiva la "straordinaria" intelligenza e lo "straordinario" spirito artistico di quest'uomo. Dimostrando che è sempre un errore, per uno studioso, affezionarsi a ciò che sta studiando. Specie se si tratta di un essere umano.


I temi davvero interessanti di quest'opera risultano così un po' sacrificati, diluiti. Non per questo però perdono interesse. L'autrice in primo luogo si chiede cosa motivi la legione dei genii incompresi che, senza avere la minima preparazione sul tema, impestano gli studiosi di fisica con i loro memoriali e le loro teorie. L'autrice risponde, dopo un'analisi storica, che la matematizzazione spinta che la fisica ha avuto dal XIX secolo l'ha resa un argomento comprensibile solo a un gruppo ristrettissimo di specialisti, smettendo di essere un'interrogazione sul "come funziona il mondo in cui viviamo" (tema su cui s'interroga ogni essere umano) per diventare un gioco intellettuale riservato a pochissimi.
Ciò che accomuna gran parte di questi genialoidi è in effetti la volontà di riportare la riflessione sul "funzionamento del mondo in cui viviamo" a dimensioni e funzionamenti di tipo meccanico, che prescindono nella maggior parte dei casi dalla matematica e sono quindi accessibili a tutti, o almeno lo sono al "senso comune". E' in altre parole un ritorno alla "filosofia naturale", in cui il ragionamento logico e non l'astrazione matematica era lo strumento con cui si cercava di capire il funzionamento del Cosmo.
Dettaglio importante: non si tratta della stessa cosa del movimento antiscientifico che rifiuta la scienza e il metodo scientifico, e che ha oggi sempre maggiore spazio; si tratta d'una tendenza che immagina un modo di fare scienza facendo a meno della matematica. Che ciò sia possibile è tutto da dimostrare, ma questa è appunto la battaglia in cui si lanciano a corpo morto i genialoidi.


Il secondo punto interessante toccato dall'autrice - ahimè troppo brevemente - è il paradosso per cui la fisica teorica ha raggiunto ormai tali livelli d'astrazione speculativa da diventare praticamente indistinguibile dalla "scienza" dei genialoidi, visto che moltissime di tali tesi hanno come base pure speculazioni matematiche prive della minima prova sperimentale e soprattutto, quel che è peggio, della possibilità d'immaginare in che modo applicare il criterio popperiano della "falsificabilità".
Ricordo che Popper aveva postulato l'impossibilità per la scienza di dire cosa sia "vero", potendo al massimo dire cosa sia falso. La sua definizione di scienza - che per quanto sottoposto a molte critiche è oggi ancora la più diffusa ed accettata - si basa proprio sul concetto di "falsificabilità": se di una teoria non riusciamo a immaginare un esperimento scientifico che, se condotto con successo, ne dimostrebbe la falsità, allora ci è impossibile definire scientificamente "vera" quella teoria. Ma questo è esattamente quanto avviene con gran parte delle speculazioni più avanzate della fisica teorica, come la teoria delle stringhe.

L'autrice legge dunque il proliferare dei "genii incompresi" come una forma sociale di protesta verso una scienza che da oltre un secolo ha perso i contatti con quello che il "senso comune" dei non-iniziati pensa e crede.


Complessivamente ho amato questo libro, che è scritto in modo scorrevole e di buon intrattenimento, anche se avrei preferito meno pagine di racconto sulle esperienze di Jim Carter come pescatore di abaloni e cercatore d'oro (cheppalleeee!) e più pagine di riflessioni sulle implicazioni epistemologiche del fenomeno che la Wertheim ha individuato. Ma al di là di questo difetto è un libro riuscito, la cui lettura consiglio..


 
 
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