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Hal Clement, Coesistenza pacifica, "Galassia" n. 83, novembre 1967 [1958].
 
Copertina di  ''Coesistenza pacifica'', di Hal Clement.

[Romanzo di fantascienza]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Quasi al punto critico

Ho faticato un poco per procurarmi questa vecchia (1958) opera di Hal Clement, uno dei miei autori preferiti di "fantascienza hard", perché a differenza del più volte ristampato Stella doppia 61 Cygni, che come struttura narrativa è praticamente identico, Coesistenza pacifica è stato stampato una volta sola.
Alla fine, ottenuto il romanzo, ho anche capito il perché: questo è un lavoro minore di Clements.
Che non è mai stato bravo con le trame, mentre ha sempre eccelso nella costruzione di mondi alieni dalle condizioni estreme, ma rigorosamente coerenti con i dati scientifici.
Però in questo romanzo con la trama è riuscito a far peggio del suo già scarso standard...
Forse avrà ricevuto troppe critiche per le sue trame scheletriche e si sarà quindi sforzato di ingabbiare il racconto in una struttura verso cui era totalmente disinteressato, fatto sta che a romanzo concluso il pasticcio è  palese.



Qui abbiamo un mondo con una bella forza d'attrazione, che ha attratto e compattato un'atmosfera densa come una zuppa, che si trova in quello stato "vicino al punto critico" (questo Close to critical, è il titolo originale del romanzo) in cui i gas si trasformano facilmente in liquidi e viceversa. L'alternanza di giorno e notte scandisce la parallela alternanza fra stato gassoso e stato liquido dell'atmosfera.
Le forme di vita evolutesi in questo pianeta (nella cui atmosfera riesce a filtrare troppa poca luce per gli occhi umani) sono ovviamente perfettamente adattate a questo contesto, tanto da sguazzare senza danni nelle pozze d'acido solforico lasciate dalla condensa notturna.

Una sonda umana (in ceramica: i metalli vengono sciolti dagli acidi), teleguidata da una navicella in orbita intorno al pianeta, atterra in questo contesto, e chi la guida si rende conto di non poterla far sopravvivere a lungo in un simile postaccio, e allora rapisce alcune uova d'una razza intelligente di indigeni primitivi e istruisce i piccoli che ne nascono, per usarli come esploratori.
Sfortunatamente una navicella-dirigibile creata per far atterrare fisicamente esseri umani (il pozzo gravitazionale è troppo forte per far ripartire un razzo) si distacca dalla nave prima d'essere completata, con dentro una bambina umana e il cucciolo d'una razza aliena (figlio dell'ambasciatore in visita alla stazione) e atterra sul pianeta.
Ma non può ripartire. Solo con l'aiuto delle "mani" degli indigeni sarà infatti possibile completare i collegamenti esterni che mancano, permettendo al "batiscafo" di sfuggire al pianeta.
Peccato che una tribù rivale sia in competizione per il possesso della sonda che parla e insegna tante cose utili...
Il resto del romanzo è il racconto di come tutti cerchino di arrivare al batiscafo, affrontino difficoltà, le superino, fino al lieto fine. Tutto qui, non c'è altro.


In effetti, a Clements non importa sapere se la bambina umana e il bambino alieno riusciranno a salvarsi (dentro di sé dà per scontato che il finale possa essere solo quello, quindi non si sforza più di tanto di motivarlo). A lui importa di più descrivere, che so, gli effetti d'una pioggia notturna di enormi palloni d'acqua che fluttuano pian piano verso il mare d'acido solforico quando la temperatura s'abbassa.
Ed è qui che Clements è capace di dare il meglio di sé. Sono scenari danteschi e mai letti prima che solleticano l'immaginazione del lettore.
Se Coesistenza pacifica fosse stato un racconto e si fosse limitato alla descrizione di questi scenari (anche senza una trama più complessa di quella richiesta dal viaggio d'un protagonista sulla superficie del pianeta), sarebbe stato un capolavoro, mentre così com'è il brodo è troppo diluito per risultare davvero gustoso.

Come verifica di quanto sto dicendo c'è il già citato Stella doppia 61 Cygni, che risulta molto meglio riuscito e compiuto e godibile, pur seguendo uno schema assolutamente identico (una sonda caduta da recuperare su un pianeta su cui gli umani non possono neppure metter piede) però limitandosi al solo il resoconto del viaggio degli indigeni sul pianeta, r risparmiandoci la menata dei poveri bambini soli e bisognosi d'un salvatore.

Non mi pento di aver fatto questa lettura, perché i mondi di Clement sono tutti memorabili, senza eccezione.
Ma di certo questo non è uno dei romanzi di fantascienza hard che metterei in un'ipotetica lista dei capolavori imperdibili...


 
 
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