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Theodore Sturgeon, Nascita del Superuomo, "Urania collezione" n. 5, giugno 2003 [1953].
 
Copertina di ''Nascita del superuomo'', di Theodore Stugeon.

[Romanzo di fantascienza]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Un bel romanzo, a suo tempo di grande avanguardia, e che dopo sessant'anni è ancora godibile. 

Per apprezzare questo romanzo occorre contestualizzarlo. Uscito nel 1953 raccogliendo un ciclo di racconti pubblicati negli anni precedenti, l'opera apparve proprio nel bel mezzo del maccartismo, il rigurgito parafascista di "caccia alle streghe" (e ai "diversi" di tutti i tipi) che colpì il mondo occidentale fra il 1950 e il 1954.

Per quegli anni non doveva essere tanto indifferente costruire un romanzo di fantascienza in cui quattro bambini "sottoumani" (due gemelle negre e afasiche, un minorenne criminale, un "mongoloide" e una bimba asociale) e un adulto, idiote sçavant, tutti dotati d'insospettati poteri ESP, si uniscono e formano assieme un nuovo passo dell'evoluzione umana, un super-uomo "di gruppo".

E qui pensiamo a come risalisse a meno d'un decennio prima la sconfitta del tentativo di creare gli Über-menschen ariani attraverso lo sterminio fisico degli "scarti umani": handicappati, invalidi, ebrei, froci, zingari...
Insomma, decisamente questo romanzo, alla sua pubblicazione, doveva suonare notevolmente provocatorio...


"Purtroppo" (per il romanzo, non certo per noi) oggi le idee per le quali combatteva Sturgeon sono molto meglio accolte, e quindi tutto questo aspetto "scandaloso" e "provocatorio" non lo percepiamo più. Peccato.
E se l'ottima postfazione (quasi più interessante del romanzo stesso) ci aiuta a ben contestualizzare questo autore, resta il fatto che il suo stile di scrittura è un po' impacciato e la sua costruzione narrativa è goffa. Non so in effetti definire altrimenti un finale in cui il ragazzo criminale, che dopo tutto ha assassinato la donna che aveva aiutato i cinque nel momento del bisogno, si rende conto di aver fatto del male dopo un "sermone" del protagonista buono, si pente, e si redime.
Bleurgh... Qui siamo nel più scontato romanzo edificante, che magari sarà stato famigliare - e quindi plausibile - per i lettori di allora, ma che a me nel XXI secolo fa solo venire il latte alle ginocchia.
E che dire dell'onniscienza di "Baby", il neonato, in grado di agire come un calcolatore umano senza aver avuto la minima esperienza della vita? Diciamo insomma che la verosimiglianza in questo romanzo ce la scordiamo... evidentemente erano altre, le cose che stavano a cuore all'autore!


Ma sarebbe ingiusto essere troppo severi con Sturgeon. È troppo facile sottolineare i suoi difetti dopo che la rivoluzione da lui portata nel romanzo di fantascienza ha dato i suoi frutti più maturi.
Sturgeon fu infatti un innovatore: fu lui a cercare di dare uno spessore "umano" ai personaggi della fantascienza, che fino a quel momento erano stati bidimensionali, "tipi fissi" (lo Scienziato, la Pupa dello Scienziato, l'Alieno, il...) di un genere letterario molto stereotipato.

Ecco perché questo è un romanzo antiretorico, che ci promette Superman nel titolo e poi ci mette a confronto con handicappati, disadattati, e "diversi" in genere. Sostenendo che di essi sarà il Regno dei Cieli, perché la pietra scartata dai costruttori è diventata pietra angolare per l'Evoluzione dell'Homo sapiens... Amen.
E questa tesi la sostiene con un buon mestiere narrativo, che permette una lettura gradevole, anche se non al punto da fare gridare anche me al "capolavoro letterario", come han fatto altri recensori. Io in effetti trovo Nascita del Superuomo un buon prodotto, anche se non un capolavoro.
Lo stesso Sturgeon ha scritto di molto meglio, negli anni successivi.

Vedo del resto dalle recensioni precedenti alla mia che questo romanzo può risultare commovente, affascinante, struggente.
A me non ha smosso queste emozioni: il mio apprezzamento è più intellettuale ("Però, che fegato aveva per scrivere queste cose senza paura in quegli anni!") che emotivo (le scene più drammatiche mi sanno troppo di romanzo rosa o di Incompreso, scusatemi: è più forte di me).

Ma siccome il bello d'un romanzo, se è buono (e questo lo è, nonostante i difetti che denunciavo) è che ammette più d'un livello di lettura, non ho dubbi sul fatto che sì, commovente e toccante, in effetti, forse lo è davvero. Basta solo essere in sintonia con questa dimensione...


 
 
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