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Giovanni Della Casa (1503-1556)

e il presunto scritto

In laudem pederastiae seu sodomiae.
 
di: Giovanni Dall'Orto

Giovanni Della Casa nel ritratto del Pontormo
Giovanni Della Casa (1503-1556) nello splendido ritratto del Pontormo alla National Gallery di Washington 
 
Giovanni Della Casa fu ecclesiastico (arcivescovo di Benevento nel 1544, nunzio papale a Venezia [1544-49], segretario di stato papale sotto papa Paolo IV [1555-56]) e scrittore, oggi noto soprattutto come autore del manuale di belle maniere Il Galateo ovvero de' costumi (1558, postumo), che fin dalla pubblicazione godette di grande successo. Non fu omosessuale. 

Prima di abbracciare, nel 1537, la carriera ecclesiastica, aveva scritto varie composizioni poetiche di tipo bernesco, come al solito ricche di doppi sensi equivoci.  

Fra queste opere di gioventù viene ancor oggi elencato uno scritto in prosa latina intitolato In laudem pederastiae seu sodomiae o De laudibus sodomiae. 

Si tratta in realtà di un'opera che non è mai esistita, come dimostrò convincentemente nel 1682 Gilles Ménage (1613-1692), che nel suo Anti-Baillet [1] seguì a ritroso le testimonianza sull'esistenza dello scritto. 
In questo modo riuscì a dimostrare che risalivano tutte, in via diretta o indiretta, a libelli di propaganda diffusi dai protestanti per screditare il Della Casa e la Chiesa cattolica, di cui era esponente di rilievo (fu il primo compilatore dell'Index librorum prohibitorum). 

In particolare l'accusa originaria risale a Pier Paolo Vergerio "il giovane" (alto esponente ecclesiastico "eretico", a carico del quale Della Casa istruì un processo) che dopo una clamorosa adesione al protestantesimo scrisse contro il suo persecutore un pesante (e meritato) libello. 

In realtà Della Casa aveva scritto in gioventù solo un'operetta burlesca, il "Capitolo del forno", in cui fingeva di lodare, secondo i moduli della poesia bernesca, il pane ed il forno, mentre per mezzo di doppi sensi lodava l'atto sessuale. 

Incisione antica che ritrae il Della CasaBenché la composizione sia di tono eterosessuale, alcune stanze parlano in effetti di sodomia: è da queste poche righe che nacque la leggenda dell'In laudem sodomiae 
Leggenda contro cui si difese in vita lo stesso Della Casa (nel componimento poetico latino "Ad Germanos", in cui afferma: "haud mares laudavimus (...) sed foeminas plane": "non abbiamo lodato i maschi, ma solo le femmine[2]). Secondo alcuni invano, al punto che la poesia giovanile gli sarebbe costata il cappello cardinalizio. 

I cattolici reagirono, da parte loro, rinfacciando per tutta la vita al leader calvinista Théodore de Bèze (1519-1605) d'aver pubblicato nel 1548, nei suoi Juvenilia, una composizione latina in cui menziona il proprio amore per un Audebert. 
Arrivarono anzi a spargere la voce secondo cui in gioventù lo stesso Giovanni Calvino fosse stato marchiato a fuoco per sodomia. 

Giovanni Della CasaAltri accenni al comportamento omosessuale che compaiono qua e là anche nello stesso Galateo, confermano però che, come gran parte della generazione di intellettuali formatasi prima della Controriforma, Della Casa condivideva un atteggiamento distaccato e tollerante nei confronti dell'amore fra persone dello stesso sesso. 

Tale atteggiamento non fu comunque peculiare di questo solo autore, ma fu caratteristico di un'intera generazione: l'attacco dei protestanti contro Della Casa fu quindi in realtà anche e soprattutto un attacco a una classe d'intellettuali di formazione italiana e rinascimentale, giudicati (a ragione) tolleranti nei confronti del comportamento omosessuale . 

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina.

Note 

[1] Gilles Ménage, Anti-Baillet, Foulque et Van Dole, La Haye, 1688 e Charpentier, Paris 1730.  
Riedizione dell'edizione: Au depens de la compagnie, Amsterdam 1725 come vol. VII delle opere di Baillet: Holms, Hildesheim e New York 1971. Questa edizione è disponibile online in formato .pdf sul sito "Gallica" (facendo scorrere a sinistra se ne ha l'indice per argomenti): vedilo alle pp. 150-170 (i capp. 119-120 per intero). Una traduzione italiana fu pubblicata in: Opere di Monsignor Della Casa, vol. 5, s.e., Napoli 1733, pp. 24-55.

Sulla questione si consulterà con profitto anche: Nicolaus Hieronymus Gundling, "Ioannes Casa an paiderastìas crimen defenderit", in: Observationes selectae ad rem litterariam spectantes, Renger, Halae 1707, vol. 1, pp. 120-136. 

Sulla questione non sono stati aggiunti fino ad oggi documenti nuovi rispetto a quelli di questi due autori. L'inesistenza dell'In laudem sodomiae può quindi considerarsi ormai provata. 

[2] In un'edizione settecentesca da me consultata la frase imbarazzante era stata modificata in "haud mores laudavimus": "non abbiamo approvato i costumi"... 

Sulla vicenda si consulti anche l'apocrifa  autodifesa nella Dissertatio Joannis Casae archiep. Beneventani adversus Paulum Vergerium, in: Giovanni Della Casa, Opere, Pisanello, Venezia, 5 tomi, tomo 4°, pp. 225-240, alle  pp. 231-232. 
 


Originariamente edito in traduzione inglese sul Who's who in gay and lesbian history (a cura di Robert Aldrich e Garry Wotherspoon), vol. 1, ad vocem. Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.
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