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"MARCHETTE IN GONDOLA".
Il turismo omosessuale d'inizio Novecento nelle lettere di Frederick Rolfe (1860-1913).
 
di: Giovanni Dall'Orto

Doppio ritratto di Rolfe. Dalla copertina della biografia di Symons


Nell'inverno del 1909 il paranoico ma geniale scrittore inglese Frederick Rolfe, autonominatosi "baron Corvo" (1860-1913), era a Venezia (vi si era trasferito quell'anno e vi sarebbe morto nel 1913) alle prese coll'eterno problema di sbarcare il lunario. Il suo carattere impossibile gli alienava l'uno dopo l'altro tutti coloro, e furono molti, che cercarono d'aiutarlo [1].
Charles Masson Fox
Charles Masson Fox.

Rolfe provò ad inventarsi un "nuovo" mestiere: presentare disponibili ragazzotti veneziani ad un ricco mercante inglese suo amico, tale Charles M. Fox, durante le sue vacanze a Venezia, in cambio d'una somma mensile per prendere in affitto un appartamento e mantenervici se stesso ed i giovani suddetti.
È questo l'incredibile pretesto da cui nacquero le Venice letters, le lettere da Venezia in cui Rolfe, per convincere Fox, mette nella miglior luce possibile la vita omosessuale di quegli anni.
Nonostante lo squallore infinito dello spunto di partenza Rolfe riesce, grazie al suo talento letterario, a trasfigurare le vicende che narra, aureolandole d'un alone glorioso, affascinante.

Paul Peel (1860-1892) - A Venetian bather (1889) - National gallery of CanadaLe Venice letters sono dunque letteratura, e non un vero e proprio documento storico, eppure queste lettere, scritte senza la preoccupazione di parlare ai "posteri" (Rolfe chiese a Fox di bruciarle dopo averle lette ed era convinto che egli lo facesse) sono una descrizione nuda e cruda, a tratti spietata, di quel che significava il "turismo (omo)sessuale" di quegli anni per le persone che vi erano coinvolte.

Rolfe riuscì infatti a descrivere come in quegli anni, per la povertà incredibile ed il classismo inumano, la capacità di provare (a pagamento) eccitazione sessuale con ricchi "signori" stranieri consentiva ad un giovane italiano un'attraente integrazione economica al lavoro duro e malpagato.
Rolfe, che in fondo stava battendo cassa da Fox per sé e per loro, è uno dei pochissimi stranieri dell'epoca a non voler fingere di non conoscere la realtà economica dei ragazzi "indigeni" e la base della loro celebrata "disponibilità". Preso da simpatia per loro, parla addirittura dei loro amori, delle loro gelosie... e delle loro prodezze sessuali (per invogliare Fox):

Frederick Rolfe - Nudo - 1891
Frederick Rolfe - Nudo - 1891.
"Un corpo grande e lussurioso, come quello di Gildo o di Amadeo o di Piero, mi dà tutto quello che desidero.

Per riuscire a stringere le loro lunghe gambe muscolose le mie cosce devono stirarsi e allargarsi. Il mio uccello spinge nel fesso delle loro grosse cosce, il mio ventre sente il calore e le spinte del loro uccello impetuoso, ed il mio corpo si tende allo spasimo, stringendo i loro corpi avvinghiati che si dimenano grandi e morbidi e pieni di deliziosi muscoli fra le mie braccia, per cercare le loro bocche rosee, respirare il loro ardente quieto dolce fiato, baciare selvaggiamente nella lotta, ridere e baciare i loro occhi scintillanti e brillanti ed ogni millimetro di loro che sia alla mia portata, e sprofondare ansimante sulle loro larghe spalle bianche o mordere le loro superbe gole, petto a petto e cuore a cuore [2].

La sua ammirazione per la bellezza dei giovani veneziani fu comunque sincera: ne Il desiderio e la ricerca del tutto, il suo romanzo più famoso, scritto nel 1909/1910, così la lodò: 
 

"La gioventù di Venezia ha un fisico tanto splendido quanto da nessun'altra parte. In una città in cui ognuno nuota dalla culla e in cui quasi chiunque abbia più di cinque anni ha remato (in equilibro e spingendo più che tirando) da venti o trenta generazioni (...), è possibile vedere (e senza cercarli) gli occhi penetranti, svelti e freddi, i colli nobili e saldi, le spalle opulente, le braccia gagliarde, i petti assolutamente splendidi, i tronchi flessibilmente muscolosi inseriti nei (e sorgenti dai) fianchi ben compatti, le gambe lunghe, snelle, fasciate da nervi, i piedi grandi, agili, sensibili, di quella gioventù immortale alla quale un tempo l'Ellade donava diademi[3].
A gondola race in Venice - Incisione inglese - 1875
A gondola race in Venice - Incisione inglese - 1875.

Nonostante gli entusiasmi di Rolfe, comunque, Fox, da saggio mercante, non abboccò all'amo: inviò piccole somme, per amicizia, e nulla più. Dopo qualche mese Rolfe si stufò e passò ad escogitare altri, diabolici mezzi per vivere a scrocco.

Le lettere e la loro rara testimonianza sono però rimaste, miracolosamente, e sono state edite nel 1971. Le popolano le figure di Amadeo Amadei, Piero, Carlo, Ermenegildo Vianello detto "Zildo", quel Zildo incontrato ed amato nel 1908 che, cambiatone il sesso, è il personaggio di Zilda/Zildo, "la" (sic!) gondoliera sedicenne (travestita da ragazzo!) che è la amante dell'autobiografico protagonista de Il desiderio e la ricerca del tutto.

Vediamo allora la Venezia che emerge da queste lettere, partendo addirittura da uno scandalo
Amadeo Amadei, nato nel 1893 circa, raccontò a Rolfe che era esistita, verso il 1904/1908, una vera e propria "casa chiusa" clandestina sulle Fondamenta dell'Osmarìn
Nel 1908, poco dopo lo scandalo omosessuale Moltke-Eulemburg in Germania, nel 1906-1907, (il cosiddetto "scandalo della Tavola Rotonda") la folla l'aveva assaltata e i proprietari l'avevano trasferita a Padova.

Rolfe ne parla nella lettera del 28 novembre 1909: 
 

Venezia, le Fondamenta dell'Osmarin, vicino a S. Giorgio dei Greci - (Foto Dall'Orto)
Venezia, le Fondamenta dell'Osmarin, vicino a S. Giorgio dei Greci. (Foto G. Dall'Orto).
 "<Amadeo> ha detto che una volta c'era una casa di "tavole rotonde" nella città in quella casa sulle Fondamenta Osmarin, ma, per la paura che ha preso l'Italia lo scorso anno, quando l'Austria ha annesso l'Erzegovina e all'improvviso ha schierato 80.000 uomini alla frontiera dove l'Italia ne ha solo 6.000 (...) allora i veneziani hanno preso in odio tutti i tedeschi e sono andati a infrangere la finestre chiamando "Eulenburg" i ragazzi e gli uomini che c'erano dentro.

Pertanto il comitato del club, perché era un club privato di Signori della massima rispettabilità, lo ha spostato a Padova, a circa un'ora e mezzo di vaporetto e treno. E ha detto che il club era aperto giorno e notte, e c'erano sempre dieci ragazzi pronti per l'uso. La spesa era 7 franchi per la stanza e quel che volevi per il ragazzo ma dovevi pagarlo in presenza del portiere e non dargli mai più di 5 franchi, anche se restavi tutto il giorno e tutta la notte, cioè 5 franchi e 7 franchi per 12 ore.
Frederick Rolfe - Tito Biondi - Roma, 1890
Frederick Rolfe: Tito Biondi [Roma, 1890].

Oltre allo staff, ogni ragazzo poteva portare un Signore. E molti lo facevano, soprattutto studenti delle scuole pubbliche o istituti tecnici che amavano fare un po' di soldi. Ma ora, sfortunatamente, questi ed altri ragazzi di Venezia sono disoccupati, perché a Padova c'è una grande università con circa 1300 studenti di tutte le età oltre a molte scuole, e gli studenti hanno di solito bisogno di soldi.

Comunque, alcuni dei veneziani disoccupati hanno occasionalmente la fortuna di trovare un impiego, nel qual caso fanno un viaggetto insieme a Padova, in genere da sabato a lunedì, e traggono mutua soddisfazione da un concubinaggio sabbatico.

Lui stesso ha iniziato a 13 anni o poco più in questo modo: uno dei suoi cugini rimasto orfano era andato a vivere nella sua casa e dormiva con lui. Il cugino aveva 14 anni ed il letto, essendo stretto, obbligava ad una certa commistione, con piacere di entrambi. E all'improvviso hanno entrambi eiaculato assieme (...)
Essendo ciò molto divertente continuarono ad abbracciarsi ventre a ventre e lo fecero ancora. Così per molte notti. Poi una puttana mangiò 80 franchi di suo fratello maggiore, di 20 anni, e gli attaccò una malattia, con gran disgrazia e perturbamento della famiglia. Per ciò, lui e suo cugino si congratularono di conoscere un piacere più sicuro, e fecero voto di non toccare mai puttane.

Entro breve suo cugino (erano entrambi gondolieri saltuari, come mi aspettavo) sentì parlare dell'Osmarìn. Un cliente lo portò lì. Amadeo Amadei, alquanto rincuorato, andò a sua volta e chiese del lavoro. Risposero: "porta un Signore". Perciò andò a pregare la Madonna nera di Spagna a San Francesco della Vigna e lei gli mandò un conte. Così cominciò.

Aveva servito molti conti e principi ed illustri Signori lì, avendo molta forza ed inventiva nel trovare modi di dare piacere, modi che piacevano anche a lui, oltre a riempirgli la tasca.

Fondamenta de l'Osmarìn

Trovava i suoi clienti in questo modo. Il primo, il conte, gli aveva parlato al Giardinetto dove per caso stava bighellonando un mattino, essendo disoccupato, ed essendo la sua camicia aperta come suo solito perché era appassionato dell'aria, il conte gli aveva carezzato il petto dicendo che era un bel ragazzo. Al che lui aveva detto che era come Dio lo aveva fatto e che preferiva stare nudo. Al che il conte lo aveva portato all'Osmarin per il giorno.

Venezia, Piazza san Marco nel 1907Dopo, è sempre andato a torso nudo, anche in Piazza <san Marco>, e subito i Signori lo seguivano, e nel primo angolo discreto faceva loro cenno e così trovava clienti. Ma, da quando il club si è spostato a Padova, è difficile per un ragazzo onesto (ha 16 anni e mezzo) trovare modo di impiegare le sue notti. 
Durante il giorno lavora come facchino alle Zattere o nel porto di <Venezia> Marittima, guadagnando generalmente 3,50 al giorno, dei quali deve dare 3 franchi al padre, anch'egli facchino che guadagna la stessa cifra. Il fratello maggiore sta facendo il servizio militare. Suo cugino fa il gondoliere per un mercante, cioè un droghiere con cui vive e dorme. Un fratello minore di dodici anni guadagna 1,50 come garzone di lattaio.

Oltre a questi tre ci sono una madre e una nonna, cinque sorelle e tre fratelli più piccoli da mantenere col guadagno complessivo di 8 franchi al giorno. Ovviamente desidera guadagnare per sé. Mi ha assicurato di conoscere trucchi incredibili per divertire i clienti[4].

Per fortuna Rolfe non parla solo della prostituzione ma, con la curiosità di un entomologo, registra anche la storia amorosa e sessuale fra Zildo (che ormai ha sui 18/19 anni e non è più suo amante) ed un coetaneo, Piero. È uno dei rari resoconti della vita sentimentale e sessuale dei giovani omosessuali italiani dell'epoca.

Rolfe ne parla nella lettera del 28 novembre 1909:
 

<Amadeo> dice che Piero e Zildo si amano e fanno tutto l'uno all'altro ma a nessun altro, sebbene lui e Piero una volta abbiano passato un'intera notte estiva assieme sulla laguna nella gondola di Piero. Piero è molto richiesto anche dalle donne ma non riesce a venire più di due volte per notte[5].

Nella lettera del 20-27 gennaio 1910 Rolfe entra in ulteriori dettagli sulla vita amorosa di Zildo:
 

Frederick Rolfe - Marcano Ricci - Roma 1890
Frederick Rolfe: Marcano Ricci. [Roma, 1890].

"Piero e Zildo hanno litigato e si sono lasciati. Per più di un anno sono stati amanti, lavorando tutto il giorno nel negozio di legna da ardere del padre di Zildo. Ora Piero non la finisce più con la storia dell'infedeltà di Zildo! Sono propenso a immaginare che Zildo sia venuto a sapere delle molto occasionali cadute di Piero alle Fondamenta Osmarin, ed abbia fatto l'esperimento di andarci per una volta anche lui, furtivamente. Zildo è molto dignitoso, così dolcemente modesto, che si sarebbe assicurato di fare il primo esperimento tutto da solo e cercare di tenerlo segreto. Ma è così grande e grosso, così carico di esplosivo vigore giovanile, che suppongo che avesse bisogno di esplodere in un posto nuovo da qualche parte. Lui non ammette nulla. (...)

Piero è quasi fuori di sé per la furia. Zildo, secondo lui, è un traditore e un infedele, nero, e addirittura quasi turco! A parte questo, non è entrato in dettagli. Tutto quello che si sa è il fatto che lui, Piero, è senza più lavoro, deperito ed esangue per mancanza di cibo, infagottato e tremante di freddo, e si aggira desolato per le Zattere in cerca di lavoro. (...)
La parte che non mi piace è che il padre di Zildo ha dato il lavoro di Piero a Carlo e che Carlo e Zildo sono quel che Zildo e Piero erano fino a quindici giorni fa. (...) 
Non lo approvo affatto. Carlo ha sempre avuto un lavoro di cui vivere, anche se povero, è vero, al traghetto di suo padre. (...) Ma lo sfortunato Piero è il più vecchio di una dozzina di fratelli, e il padre non è in grado di aiutarlo (...) e oltre a ciò so che [Carlo] ha in sé i semi del traditore nato, congenitamente incapace di rimanere fedele a qualcuno a lungo. (...)

Ho parlato con Carlo quel 20 gennaio, quando li ho incontrati sulle Fondamenta. Zildo ci ha lasciati assieme mentre portava un carico di legna da ardere in una casa in una calle, lasciando Carlo a far la guardia alla barca.
"Com'è andare a letto con Zildo?", gli ho chiesto a bruciapelo. 
"Sior, è molto pesante" [in italiano nel testo, NdR], e nel suo piacere mi devasta per un'ora, e mi soffoca". 
"E tu?". 
"Venti, trenta, quaranta colpi fra le dolci montagne e poi buonanotte fra le sue braccia". 
Zildo è tornato e gli occhi di entrambi scintillavano come fiamme. Che razza di semplici diavoletti sono!

Un quartiere popolare di Venezia, 1900 ca. - Foto NayaEd ora ho una vera notizia per te. Ho avuto il povero caro Piero tutto per me ieri mattino alle Fondamenta Nuove. Stavo passeggiando e l'ho incontrato nel suo disperata vagabondaggio quotidiano in cerca di lavoro. (Signore, quanto mi sanguina il cuore per questo!). 

Gli ho dato cinque franchi da parte tua e l'ho portato in una trattoria e l'ho riempito di polenta e vino. Poi gli ho spremuto il cervello per una buona ora; ed ho scoperto tutto. È spaventosamente buffo - perfino delizioso. Il suo modo di definire Zildo e il suo comportamento, modo di fare, pensieri parole ed opere è "brutto" [in italiano, NdR]. Nulla di più grave di questo. Ma BRUTTO!!" [6].

L'epilogo di questo piccolo dramma umano è ahimè prevedibile: Piero si vende a Rolfe, come egli rivela il 27 gennaio 1910: 
 

"Mi sembrava che fosse arrivato il momento di mettere da parte la circospezione e la prudenza. E così ho fatto.
(...) 

Piero mi ha incontrato secondo l'appuntamento sulle Fondamenta Nuove. Gli ho spiegato esattamente come stavo in quanto a denaro, e gli ho offerto di dargli tutto quel che mi rimaneva di tuo per i suoi bisogni, oppure di andare a spassarcela per un giorno. Ha immediatamente scelto la seconda opzione. "Il mio spasso è stare col mio paròn", ha detto. Immaginati un gran ragazzone di diciassette anni che è dolce in questo modo.
(...)

Così abbiamo preso il vaporetto per Burano dove abbiamo pranzato con bistecche e formaggio e vino non nell'albergo dove sei andato tu ma in un altro nella strada. Signore, come lo abbiamo divorato!
È stata una giornata diabolica: neve per tutta la notte e la neve a Burano alta un buon metro e continuava a nevicare.
[Dopo pranzo] io e Piero siamo saliti al piano di sopra. Non ho mai visto nessuno spogliarsi dei suoi vestiti come ha fatto lui, come un lampo bianco: deve essersi slacciato le scarpe e sbottonato tutto mentre saliva. Poi si è girato verso di me. Era tutto scarlatto, arrossiva di piacere, i suoi occhi brillavano e le sue dita tiravano i miei vestiti con impazienza. E il suo uccello - mio Dio!
Appena mi sono spogliato del mio guernsey egli si è gettato sul letto, di traverso come sa che mi piace, la gola in su, caviglie incrociate, cosce chiuse e corpo in attesa. 
La stretta di entrambi è stata stupefacente. Non ho mai saputo di poter amare od essere amato così appassionatamente con così tanta parte di me da così tanta parte di un altro. Abbiamo semplicemente cavalcato assieme. Nemmeno una briciola di me non ha fatto la sua parte. E la fine è arrivata nello stesso momento per entrambi. Una lunga astinenza ci aveva fatto perdere l'autocontrollo. Lui non riusciva, semplicemente non riusciva ad aspettare il suo turno, e ci siamo avvinghiati ansimando e zampillando torrenti: torrenti. Poi abbiamo riso e ci siamo baciati, rotolati e puliti a siamo andati a letto per dormire, abbracciati. Il suo respiro era delizioso. Premeva il suo bel petto e ventre sul mio, e le nostre braccia e gambe si allacciavano assieme. Così ci siamo fatti un sonnellino. (...)

Venezia, 1915 circa
Venezia, 1915 circa

Abbiamo preso il vaporetto delle 5:30 per tornare a Venezia. Al ritorno era commovemnte al massimo grado. Che amante che è quel ragazzo! 
Ha detto che Zildo è niente in confronto a me, che di tutti i piaceri che ha goduto nulla ha mai eguagliato questo pomeriggio. E per quel che riguarda le ragazze, che si dannino Zildo e Carlo per loro. Erano "brutte" e non gli avevano mai permesso di credere che potesse essere bello come è stato. Potrei comandargli di venire a stare da me? No, ciò era impossibile: quando fossi stato in grado di prendere un piccolo appartamento per conto mio, allora avrebbe potuto venire a vivere con me. Quando? Non lo sapevo. Per favore, Sior, faccia che sia presto. 
Ho chiesto se ti servirebbe se tu venissi qui. È arrossito. "Sono il servitore del paròn e gli obbedirò sempre, ma, siòr, la prego di poter dormire qualche volta fra le sue braccia". La parola che usa per l'atto è "ciavar" ["unlock" NdR]. Ha detto che la mia chiave ha aperto [unlocked] la sua <serratura> con grande facilità; se io volessi che provasse la tua chiave farebbe del suo meglio molto volentieri. Ma potrei insegnargli a parlare inglese in modo da poter superare quel brutto Carlo? (...). 
Quando ci siamo lasciati, gli ho dato gli ultimi 2 franchi che mi rimanevano e gli ho promesso di scriverti immediatamente[7].

Ecco cos'era la Venezia di quegli anni. Quella, per intenderci, di cui Oscar Wilde scrisse in una lettera: 
 

"Vorrei che mi scrivessi di Venezia: è veramente assurdo. (...) Le marchette in gondola sono grottesche[8].
Gondolieri d'inizio secolo
Gondolieri d'inizio secolo.

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina.

Note

[1] Per notizie su Rolfe e la sua omosessualità, si veda:
 

Online si veda: [2] Citato in: Robert Aldrich, The seduction of the Mediterranean, Routledge, London and New York 1993, p. 93.

[3] Da:  Frederick Rolfe, Il desiderio e la ricerca del tutto [1909-1910]. La traduzione è mia. Nell'edizione italiana, Longanesi, Milano 1963, questo brano è a p. 173.

[4] Citato in: Donald Weeks, Corvo, Joseph, London 1971, pp. 306-308, integrato in una lacuna con Aldrich, Op. cit., p. 182.

[5] Citato in: Weeks, Op. cit., p. 309.

[6] Citato in: Weeks, Op. cit., p. 310-312.

[7] Citato in: Weeks, Op. cit., p. 312-313.

[8]-Vita di Oscar Wilde attraverso le lettere, a cura di Masolino D'Amico, Einaudi, Torino 1977, p. 554.
 

 


Parzialmente edito in "Pride & Guide" n. 4, ottobre 1999, pp. 18-19, col titolo Erotismo in gondola.
Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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