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Cesare Beccaria (1738-1794)

Cesare Beccaria
Cesare Beccaria.
 

Da: Dei delitti e delle pene [1764] [1]
Capitolo 31

DELITTI DI PROVA DIFFICILE

Frontespizio della riedizione del 1780 di _Dei delitti e delle pene_In vista di questi principii strano parrà, a chi non riflette che la ragione non è quasi mai stata la legislatrice delle nazioni, che i delitti o più atroci o più oscuri e chimerici, cioè quelli de' quali l'improbabilità è maggiore, sieno provati dalle conghietture-[2]-e dalle prove più deboli ed equivoche; quasiché le leggi e il giudice abbiano interesse non di cercare la verità, ma di provare il delitto; quasiché di condannare un innocente non vi sia un tanto maggior pericolo quanto la probabilità dell'innocenza supera la probabilità del reato.
(…)

Vi sono alcuni delitti che sono nel medesimo tempo frequenti nella società e difficili a provarsi, e in questi la difficoltà della prova tien luogo della probabilità dell'innocenza, ed il danno dell'impunità essendo tanto meno valutabile quanto la frequenza di questi delitti dipende da principii diversi dal pericolo dell'impunità, il tempo dell'esame e il tempo della prescrizione devono diminuirsi egualmente.

E pure gli adulterii, la greca libidine, che sono delitti di difficile prova, sono quelli che secondo i principii ricevuti ammettono le tiranniche presunzioni, le quasi-prove, le semi-prove (quasi che un uomo potesse essere semi-innocente o semi-reo, cioè semi-punibile e semi-assolvibile), dove la tortura esercita il crudele suo impero nella persona dell'accusato, nei testimoni, e persino in tutta la famiglia di un infelice, come con iniqua freddezza insegnano alcuni dottori che si danno ai giudici per norma e per legge.
(…)

Le carceri di Milano (oggi comando dei vigili urbani) all'epoca in cui Beccaria scriveva questo testo.
Le "regie carceri" di Milano (oggi comando dei vigili urbani) all'epoca in cui Beccaria scriveva, a Milano, questo testo. Sulla sinistra sorge la casa del boia.

L'attica venere così severamente punita dalle leggi e così facilmente sottoposta ai tormenti vincitori dell'innocenza, ha meno il suo fondamento su i bisogni dell'uomo isolato e libero che sulle passioni dell'uomo sociabile e schiavo.

Essa prende la sua forza non tanto dalla sazietà dei piaceri, quanto da quella educazione che comincia per render gli uomini inutili a se stessi per fargli utili ad altri, in quelle case dove si condensa l'ardente gioventù, dove essendovi un argine insormontabile ad ogni altro commercio, tutto il vigore della natura che si sviluppa si consuma inutilmente per l'umanità, anzi ne anticipa la vecchiaia [3]
(…)

Le ex-carceri di Milano oggi, con il monumento a Cesare Beccaria in primo piano
Le ex carceri di Milano nel 2002. In primo piano: nella piazzetta ottenuta abbattendo la casa del boia sorge il monumento a Cesare Beccaria. (Foto G. Dall'Orto).

Io non pretendo diminuire il giusto orrore che meritano questi delitti; ma, indicandone le sorgenti, mi credo in diritto di cavarne una conseguenza generale, cioè che non si può chiamare precisamente giusta (il che vuol dire necessaria) una pena di un delitto, finché la legge non ha adoperato il miglior mezzo possibile nelle date circostanze d'una nazione per prevenirlo.

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Nota di Dall'Orto, 2003: qui si può leggere, dalle lettere a questo sito, il commento d'un lettore (in inglese) a questa pagina, e il suggerimento d'aggiunta d'un altro brano della stessa opera. 

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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note

[1] Il testo su cui mi sono basato è quello messo online dal Progetto Manuzio, a sua volta scansione dell'edizione a cura di Renato Fabietti edito da  Mursia nel 1973.

Dei delitti e delle pene è uno dei testi fondamentali della cultura occidentale: edito senza grandi pretese e con molte reticenze e prudenza, la storia gli riservò a sorpresa in tutta Europa il ruolo di libro-manifesto delle aspirazioni illuministe di riforma della Giustizia. Caterina di Russia ne fece addirittura la base del suo codice penale, e lo stesso fece il granduca Pietro Leopoldo di Toscana nel 1786. La Chiesa cattolica, ovviamente, lo mise all'Indice.

Nel capitolo 31, di cui propongo un estratto, si chiede di riconsiderare le pene durissime che colpivano delitti di prova difficile, tra i quali l'"àttica venere" o "greca libidine" che dir si voglia, cioè i rapporti sessuali fra maschi.

Beccaria ci fa un po' sorridere per l'analisi che vede nei collegi (gestiti dai preti) il luogo in cui questo tipo di amore veniva appreso. 
Sopprimere i collegi, a suo dire, era il modo migliore per risolvere alla radice il problema. Essendo egli stato educato in collegio avrà forse parlato per esperienza...

Il linguaggio di questo libro ci pare oggi di una timidezza estrema, ma il messaggio era per l'epoca intollerabilmente scandaloso: un po' come se oggi qualcuno chiedesse la legalizzazione della pedofilia...

Il dibattito a cui appartiene quest'opera proseguì negli anni seguenti e infine diede frutto: nel 1789 la Rivoluzione francese abolì la pena di morte per la sodomia, anzi, abolì il reato di sodomia e Napoleone, imponendo il codice penale francese all'Europa, diffuse tale novità in tutto il Continente, Italia compresa. Solo l'Inghilterra si sarebbe attardata, mantenendo la pena di morte per la sodomia per altri tre quarti di secolo.

[2].Congettura.

[3] I collegi.

Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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