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Paolo Diacono (ca. 725/730 - ca. 799)

Paolo Diacono in una miniatura del sec. XI.
Paolo Diacono in una miniatura del sec. XI.
Da: Historia Langobardorum / Storia dei Longobardi [ca. 787-799] [1]
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Liber VI, caput 24
Libro 6, cap. 24

Mortuo quoque aput Foroiuli Adone, quem dixeramus lociservatorem fuisse, Ferdulfus ducatum suscepit, qui de partibus Liguriae extitit, homo lubricus et elatus. Qui dum victoriae laudem de Sclavis habere cupiit, magna sibi et Foroiulanis detrimenta invexit.
Is praemia quibusdam Sclavis dedit, ut exercitum Sclavorum in eandem provinciam sua adhortatione inmitterent. Quod ita quoque effectum est.

Morto a Cividale anche Adone, che avevamo detto essere stato il custode del luogo, prese il ducato Ferdulfo, che proveniva dalla Liguria, uomo avido e superbo. Il quale mentre desiderava la gloria della vittoria sugli Slavi, attirò su di sé e sui Cividalesi grossi guai. 
Questi diede regali ad alcuni Slavi, affinché portassero l’esercito degli Slavi nella stessa provincia su suo consiglio, e ciò fu fatto.
Causa autem magnae in eadem Foroiulana provincia perditionis ista fuit. Inruerunt latrunculi Sclavorum super greges et pastores ovium, quae in eorum vicinia pascebantur, et de eis praedas abigerunt. Subsecutus est hos rector loci illius, quem "sculdahis" lingua propria dicunt, vir nobilis animoque et viribus potens; sed tamen eosdem latrunculos adsequi non potuit. Cui exinde revertenti dux Ferdulfus obviam factus est. Questa però fu la causa di una grave sciagura in quella stessa provincia di Cividale. I briganti degli Slavi si gettarono sulle greggi e sui pastori delle pecore, che brucavano nei dintorni, e condussero via prede. Li inseguì il prefetto di quel luogo, che chiamano sculdahis nella loro lingua, un uomo nobile d’animo e forte; ma non poté raggiungere quei ladruncoli. Mentre tornava indietro il duca Ferdulfo gli si fece incontro.
Quem dum interrogaret, quid de illis latrunculis factum esset, Argait ei sic enim nomen habebat, eosdem
fugisse, respondit. Tunc ei Ferdulfus indignans ita locutus est: "Quando tu aliquid fortiter facere poteras, qui Argait ab arga nomen deductum habes?".
Mentre lo interrogavano su cosa avessero fatto quei ladruncoli, questi, che si chiamava Argait, rispose che erano fuggiti. Allora il duca Ferdulfo indignato disse: “Quando potresti compiere atti valorosi tu, che ti chiami Argait da arga?
Cui ille maxima stimulatus ira, ut erat vir fortis, ita respondit: "Sic velit Deus, ut non antea ego et tu, dux Ferdulfe, exeamus de hac vita, quam cognoscant alii, quis ex nobis magis est arga".  Allora, sommamente incollerito – perché era un coraggioso – gli rispose: “Voglia Dio, che io e te, duca Ferdulfo, non moriamo prima che gli altri sappiano chi di noi è più arga”.
Haec cum sibi invicem vulgaria verba locuti fuissent, contigit non post multos dies, ut exercitus Sclavorum, pro quorum adventu dux Ferdulfus praemia dederat, cum magnis viribus adventaret. Dopo essersi detti a vicenda queste parole volgari, accadde, dopo non molti giorni, che l’esercito degli Slavi, per il cui arrivo il duca Ferdulfo aveva dato regali, arrivò in forze.
Qui cum castra in summo montis vertice posuissent, et pene ex omni parte difficile esset ad eos accedere, Ferdulfus dux cum exercitu superveniens, coepit eundem montem circuire, ut per loca planiora super eos possit inruere. Dopo che costoro ebbero posto l’accampamento su di un monte, dove era difficile raggiungerli quasi da ogni lato, Ferdulfo, venendo con l’esercito, cominciò ad andare intorno al monte, per scagliarsi su di loro da luoghi più piani.
Tunc Argait, de quo praemisimus, ita Ferdulfo dixit: "Memento, dux Ferdulf, quod me esse inertem et inutilem dixeris et vulgari verbo arga vocaveris. Nunc autem ira Dei veniat super illum, qui posterior e nobis ad hos Sclavos accesserit". 
Et haec dicens, verso equo, per asperitatem montis, unde gravis erat ascensus, ad castra contendere coepit Sclavorum.
Allora il suddetto Argait disse a Ferdulfo: “Ricordati, duca Ferdulfo, che hai detto che ero ignavo e inutile e mi hai chiamato con un termine volgare, arga. Ora dunque l’ira del Signore scenda su quello tra noi che arriverà dopo agli Slavi”. 
Detto ciò, girato il cavallo, cominciò a salire all’accampamento degli Slavi attraverso le asprezze del monte.
Scena di lotta fra un cavaliere bizantino e due longobardi. (Museo di Castelvecchio, Verona).
Ferdulfus vero opprobrium ducens, si non ipse per eadem difficilia loca super Sclavos inruerit, eum per aspera quaeque et difficilia inviaque loca secutus est. 
Quem suus exercitus, turpe ducens ducem non sequi, subsequi et ipse coepit.
Ferdulfo, ritenendo che sarebbe stato vergognoso se non avesse attaccato gli Slavi per quegli stessi luoghi ardui, lo seguì per quel ripido pendio.
L’esercito, ritenendo immorale non seguire il duca, cominciò a seguirlo.
Videntes itaque Sclavi eos per devexa loca super se venire, praeparaverunt se viriliter, et magis lapidibus ac securibus quam armis contra eos pugnantes, pene omnes deiectos equis perimerunt. Sicque victoriam non viribus, sed casu adepti sunt. Gli Slavi, vedendoli venire per luoghi scoscesi, si prepararono con forza e combattendoli più con pietre e scuri che con le armi, sbalzarono quasi tutti da cavallo. Così ottennero la vittoria non per le loro forze, ma per caso.
Ibi omnis nobilitas periit Foroiulanorum; ibi Ferdulfus dux cecidit; ibi et ille qui eum provocaverat extinctus est.
Tantique ibi viri fortes per contentionis malum et inprovidentiam debellati sunt, quanti possent per unam concordiam et salubre consilium multa milia sternere aemulorum.
Lì perì tutta la nobiltà di Cividale; vi cadde il duca Ferdulfo, e anche colui che l’aveva sfidato. 
E così grandi uomini valorosi, che avrebbero potuto sconfiggere migliaia di avversari con l’unione e una strategia sana, per il male della discordia e l’imprevidenza furono sconfitti.
Ibi tamen unus e Lango bardis nomine Munichis, qui pater post Petri Foroiulani et Ursi Cenetensis ducum extitit, solus fortiter et viriliter fecit. Is cum de equo eiectus esset, et eum unus e Sclavis subito invadens eius manus fune conligasset, ipse manibus ligatis lanceam ab eiusdem Sclavi dextera extrahens, eum cum ipsa percussit, et ligatus per aspera se loca deiciens evasit. Là tuttavia uno dei Langobardi, di nome Munichis, che poi fu il padre dei duchi Pietro di Cividale e Orso di Ceneda, da solo compì atti valorosi. Dopo essere stato disarcionato, e dopo che uno degli Slavi subito gli corse addosso legandogli le mani con una fune, questi presa la lancia dalla mano dello slavo, con le mani legate, lo colpì con quella, e ancora legato fuggì.
Haec ideo vel maxime in hac posuimus historia, ne quid aliquid per contentionis malum simile contingat. Abbiamo dedicato tanto spazio a questa storia, affinché nulla di simile avvenga in futuro per il male della discordia.

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note

[1] Il testo latino dal sito Domus ecclesiae.

Ne esiste traduzione italiana a stampa: Paolo Diacono, Storia dei longobardi, Editori associati, Milano 1988.

La traduzione in italiano qui pubblicata, inedita, m'è stata offerta da Lorenzo Gallo, che ringrazio.

Il tema qui non è propriamente l'omosessualità, tuttavia il buffo episodio qui raccontato [che ha luogo nel 706] mostra quanto potere sociale avesse l'insulto di arga ("sodomita passivo" "codardo", "femminuccia") nella società barbarica medievale, al punto da spingere un esercito al suicidio.

Il curatore italiano dell'edizione sopra citata (p. 360) chiosa trattarsi di un insulto previsto perfino dall'Editto di Rotari, ma si guarda bene dal tradurlo...

Su argr/arga, uno dei più sanguinosi insulti nelle antiche lingue germaniche, si veda: 
Kari Ellen Gade, Homosexuality and rape of males in old norse law and literature, "Scandinavian studies", LVIII 1986, pp. 124-141. Poi in: Wayne Dynes e Stephen Donaldson (a cura di), History of homosexuality in Europe and America, ("Studies in homosexuality", vol. V), Garland, New York & London 1992, pp. 114-131, alle pp. 133-136. 

Online si veda lo spiritoso, ma serissimo, "How to insult a viking".


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