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BARDASSA o BARDASCIA
 

Berdache indiano
Berdache indiano (da "Phototeca", III 6, p. 170). Contrariamente a quanto molti credono, il nome berdache, che designa i travestiti sciamanici indiani, non è indiano: fu attribuito dai coloni europei. Significa "sodomita passivo". 
Termine comunissimo nei documenti antichi fino all'Ottocento, ma oggi non più usato.

Deriva dall'arabo bardag, "giovane schiavo", che a sua volta deriva dal persiano hardah, "schiavo".

L'identificazione della "persona priva di potere" (prima lo schiavo, e poi soprattutto il giovane) con il "passivo", era comune e facilmente comprensibile nella società antica, in cui il comportamento omosessuale era rigidamente ruolizzato a seconda dell'età e della posizione sociale dei partner. Analogo parallelo fra "giovinetto" e "sodomita passivo" era probabilmente contenuto in origine nel siciliano garrusu / arrusu.

II riscontro più sorprendente lo troviamo pero nell'italiano ragazzo, derivante dall'arabo magrebino raqqas, "giovane messaggero", "paggio", che è stato messo in relazione con l'evangelico raca (cfr. Matteo, V, 22, di solito tradotto con un banale "stupido"), interpretato proprio come "sodomita passivo", "rottinculo" (vedi in proposito:  Warren Johansson, Whosoever shall say to his brother, "racha", "The cabirion and gay books bulletin", n. 10 (winter-spring 1984), pp. 2-4).

L'ampia diffusione passata di questo termine è testimoniata dall'esistenza di un corrispondente francese antico bardache (passato poi a indicare i travestiti sciamanici dell'America del Nord) e di uno spagnolo antico bardaje.

Alcuni esempi d'uso:
 

Sec. XV

Queste bardasse isfondolati e ghiotti 
vanno scopando il dì mille bordelli 
e per mostrarci se son vaghi e belli 
cercando van per chi dietro gli fotti.
(Francesco Da Colle, seconda metà sec. XV, in: Lanza, vol. 2, pp. 639-640. Online su "Biblioteca italiana").
 

1541

Aretin, se per quanto hai mostrato 
sei mezzo pazzo e mezzo sei prudente, 
(...) 
mezzo bardascia e mezzo buggiarone 
dimmi, per Dio, com'è possibil questo?
(Nicolò Franco, Rime contro Pietro Aretino [1541], Carabba, Lanciano 1916, p. 47. Online su "Biblioteca italiana").
 

1550

Interrogato per quali cose gli fosse stato detto che era stato denunciato, risponde: "El me fu ditto che era [ero] sta' querelato che aveva ditto che Cristo teneva per suo bardassa san Gioanni, et de altre cose che non me ricordo".
(Dalla trascrizione del processo a Francesco Calcagno, Brescia, 1550).
 

1566

Siena di quattro cose è piena: 
di torri e di campane 
di bardasse e di puttane.
(Proverbio attestato nel 1566 in Henri Estienne, Apologie pour Hérodote [1566], Liseux, Paris 1879, p. 41).
 

1574

Et allora questo giovane soggiunse dicendo: "Ne dai [lo dai] a delli altri, io l'ho piccolo" et il fanciullo rispuose: "Ne [lo] voglio dare a chi mi pare, et non voglio dare a te", et lui soggiunse: "Ne potresti dare anchora [anche] a me: l'ho piccolo, non ti farò male", et non volendo per forza, lo lassò andare, dicendoli: "Bardassaccia!".
(Umberto Grassi, L'offitio sopra l'honestà. La repressione della sodomia nella Lucca del Cinquecento, "Studi Storici", XLVIII 2007, pp. 127-159, a p. 148. [1574]).
 

1603

Et che lui l'haveva havuto da una bardassa di essi Honorio et Micalangiolo chiamato Giovanni Battista.
(Deposizione nel processo per diffamazione contro Michelangelo da Caravaggio ed Onorio Longhi, 1603. In: Andrew Graham-Dixon e Massimo Parizzi, Caravaggio. Vita sacra e profana, Mondadori, Milano 2101, s.i.p., citato qui.
Si noti qui che svariati storici dell'arte si sono affannati a "spiegare" che Salini non stava insinuando che Caravaggio avesse gusti omosessuali, e che la parola significava solo, innocentemente, "garzone". Si veda per esempio quanto abbia sudato inutilmente a tal scopo Michele Di Sivo in: Uomini valenti. Il processo di Giovanni Baglione contro Caravaggio, in: AA.VV., Caravaggio in Roma, 2011, pp. 90-108 online in formato .pdf qui
Peccato però che nello stesso medesimo anno 1603 e nella stessa medesima Roma abbiamo una denuncia al Tribunale del Governatore per stalking omosessuale da parte di Gio Batta Pochibelli che afferma: "d[ett]o querelato ha cominciato di nuovo a perseguitarmi e perché io non ho mai voluto mai condescindere al suo volere, mentre io non ero in Sapientia diceva male di me con dire che ero una bardassa" (Marina Baldassari, Bande giovanili e "vizio nefando", Viella, Roma 2005, p. 48). 
Ora, se Pochibelli denuncia per diffamazione chi l'ha chiamato "bardassa", nella stessa città e nello stesso anno, è palese che la parola, nella Roma del 1603, non significava "garzone".
 

1650

Il bardassa vuol propriamente dir putto mercenario, e venale, che solo per simplice mercede, quasi un tanto per misura, vende se stesso: né altro attende, che il guadagno servile.
(<Antonio Rocco>, L'Alcibiade fanciullo a scola, Imprimerie Raçon, Paris 1862, p. 57. [1650]).
 

1903

E il bardassa trae per le scale 
già buie il soldato che ride, 
e la libidine incide 
l'enorme priàpo sul muro!
(Gabriele D'Annunzio, Le città terribili, in: Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi, Treves, Milano 1912, p. 220 [1903]).
 
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