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"La Tribuna", 15/5/1907

dimensioni h 170 x largh 132
Giovane sulla terrazza di Plüschow a Roma.

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UN FOTOGRAFO CORRUTTORE
L'incitamento all'inverecondia
[1].

I critici d'arte hanno molto discusso intorno alla rappresentazione del nudo, soprattutto per stabilire quando essa oltrepassi i confini del pudore per invadere quelli dell'inverecondia: naturalmente le lunghe dispute non hanno impedito che gli artisti si compiacciano della bellezza  riproducendola in quadri e modellandola in statue, che il pubblico, quando ha trovato meritevoli d' ammirazione, non ha mai giudicato che siano opere scandalose. Qualche fotografo ha voluto emulare gli artisti, ma quasi sempre è rimasto nel terreno della volgarità, non riuscendo a sottrarre al proprio obbiettivo quelle crudezze che chi ha sentimento d'arte sa idealizzare o nascondere.
Un fotografo, che  forse ebbe siffatto intendimento, ma che finì per rinunciare a ogni tentativo platonico per dedicarsi interamente allo smercio di ritratti molto veristi, è il signor Guglielmo Plüskow, un tedesco che vive a Roma da parecchio tempo, e che circa quattro anni or sono trasportò il proprio studio e la propria abitazione, al Corso Umberto, 333, ultimo piano.
Il signor Plüskow ora ha 55 anni. Fino a ieri era un solitario, che viveva un po' oscuramente, circondato soltanto da una clientela un po' misteriosa, e da una piccola schiera di modelli d'ambo i sessi, di cui si serviva per comporre i gruppi fotografici che talvolta, rimanendo come su un filo di un rasoio fra l'arte e il realismo troppo spinto, venivano anche esposti in qualche negozio di stampa. I giovinetti e le giovinette che si prestavano a farsi riprodurre  dai suoi obbiettivi, erano quasi tutti di età dai dodici ai sedici anni; costoro non avevano mai la preoccupazione  di recarsi nello studio del Plüskow con abiti meno cenciosi di quelli che indossavano abitualmente: nel gabinetto o nella terrazza del fotografo essi godevano la più ampia libertà, principalmente quella che nemmeno ai bagnanti è concessa.
Il fatto più grave era poi questo: che il Plüskow non si contentava di ritrarre separatamente i modelli, ma li disponeva in gruppi, in atteggiamenti impuri.
A questa scuola dell'inverecondia convennero in questi ultimi tempi molti minorenni, e di quelle promiscuità fotografiche il tedesco raccolse migliaia di negative.
 
Una denuncia
Alcuni giorni fa pervenne all'autorità giudiziaria una denuncia sporta dal signor Alfredo Marinelli, abitante in vicolo del Villano, 63, il quale esponeva come il proprio figliolo Ernani, di 12 anni, fosse stato fotografato dal Plüskow, nel suo studio al Corso Umberto, in atteggiamento non conforme alle leggi del pudore.
L'autorità giudiziaria informò della cosa quella di pubblica sicurezza la quale si adoperò subito per appurare  quanto vi fosse di vero nel fatto denunciato.
Veramente l'autorità di pubblica sicurezza non ignorava che il Plüskow si dilettasse ad eseguire fotografie poco decenti: qualche anno fa nello studio del tedesco avvenne un furto, e gli agenti che vi si recarono per le indagini intravidero molti ritratti che non avrebbero potuto essere esposti in pubblico impunemente. Ma allora la pubblica sicurezza era alla ricerca dei ladri e non della verecondia, e lasciò correre. Ora invece, esistendo una denuncia su  fatti precisi, fu dato incarico al cav. Secchi, capo commissario di Trevi, di investigare senza esitazioni. E il commissario fece eseguire varie perquisizioni nello studio del fotografo, e sequestrò vari "album" grossissimi [2]  pieni di ritratti di minorenni  meno vestiti dei ragazzi che vivono nel centro dell'Africa e qualche centinaio di fotografie uniformemente coi medesimi soggetti e l'identico concetto verista.
 
L'arresto
In seguito a ciò, l'autorità giudiziaria spiccò mandato di cattura a carico del signor Plüskow.
Ieri sera il commissario di Trevi mandò due suoi agenti al domicilio del fotografo; ma il tedesco era uscito e il portiere Vito De Benedictis non seppe dare alcuna indicazione per rintracciarlo. Gli agenti si misero allora a passeggiare in su e giù  per il corso e alle 10 e mezza incontrarono il Plüskow che si accingeva a rincasare.
Lo avvicinarono e gli dissero che avevano l'ordine di arrestarlo, e lo tradussero senz'altro in camera di sicurezza.
Al funzionario che lo interrogò il Plüskow dichiarò di commerciare in fotografie d'ogni genere, e si mostrò molto sorpreso della misura adottata a suo carico.
 
Lo studio del Plüskow
L'ambiente nel quale convenivano i modelli del Plüskow è al riparo da ogni sguardo indiscreto.
All'ultimo piano del palazzo segnato col N. 333 sul Corso Umberto - un palazzo occupato nei piani inferiori da laboratori e uffici, e quindi molto frequentato - il Plüskow aveva la propria abitazione, alla quale si accede dall'uscio che si trova a destra del pianerottolo: altri due usci, uno dei quali poco visibile, mettono nel gabinetto fotografico e nella terrazza; questa e quella comunicano internamente con l'appartamentino.
La terrazza è allo stesso livello dell'attico che adorna il palazzo “Modern Hotel”, è circondata da piante e da vasi fioriti. In un lato di essa è costruita una cascina di legno nella quale il Plüskow aveva stabilito lo studio fotografico. In un primo ambiente si trovano gli istrumenti fotografici e stanno disposte sugli scaffali dozzine e dozzine di scatole,  in ognuna delle quali si trovano numerose negative. Accanto a questo stanzino, solo da un lato, la camera oscura e, dall'altro, un elegante salotto.
Questo dal modo com'è tappezzato, ammobiliato e adornato, rivela la raffinatezza di colui che faceva gli onori di casa  alla propria clientela e forse anche ai modelli che convenivano nello studio: stoffe alle pareti e quadri di soggetto molto mondano, soffici divani e cuscini morbidissimi, soprammobili graziosi e gingilli eleganti; un piccolo nido insomma, dove tutto pare studiatamente disposto per rallegrare gli occhi dei visitatori [3].
L'abitazione attigua allo studio ha invece un'apparenza modestissima: un corridoio separa quattro stanze, in una delle quali sorge uno scaffale pieno zeppo di libri, e in un'altra è il letto del Plüskow.
L'appartamento non è né troppo pulito, né profumato: quattro gatti vi stanno rinchiusi e vivono liberamente nel corridoio, che è cosparso delle loro lordure.
Agli usci delle quattro stanze sono stati apposti i suggelli dall'autorità di pubblica sicurezza.
Stamane si recarono a cercare del Plüskow due giovani addetti al suo gabinetto fotografico [4], ma il portiere li avvertì che egli era partito e che probabilmente lo studio non avrebbe funzionato per molto tempo.
Infatti esso è ora in balia della questura, la quale indaga attivamente, se il Plüskow soltanto corrompesse i minorenni, oppure se la sua clientela lo coaudivava nell'inverecondo commercio fotografico.
 
Ragazzo sulla terrazza romana di Pluschow

Wilhelm von Plüschow (1852-1930), Ragazzo di spalle sulla terrazza romana. Si noti la vista su Villa Borghese
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Note 

[1] Il testo, relativo all'arresto del fotografo Wilhelm von Plüschow (1852-1930), è tratto dal quotidiano "La tribuna", in data 15 maggio 1907. 

[2] Questi album si trovano oggi nel Museo criminologico di Roma.

Le foto sequestrate furono analizzate in uno studio di Giuseppe Falco: Su alcune anomalie sessuali, "Rivista di medicina legale e giurisprudenza medica", 1919, pp. 100-106 e pp. 133-137, che però è interessato quasi solo alla ricerca di presunte "stigmate di degenerazione" sui corpi delle modelle e dei modelli.

[3] L'autore del pezzo sta insinuando in modo molto elegante che l'ambiente era arredato non come uno studio fotografico ma come un bordello.

[4] Dagli atti del processo sappiamo i nomi di questi due giovani assistenti: Pietro Magnotti ed Enrico Simoncini.

 


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