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Cronica fiorentina anonima (sec. XIII)
 
Due sodomiti all'Inferno. Affresco del 1293, San Gimignano

Il primo processo italiano: Anonimo, Cronica fiorentina  [1293] [1] 
Anno 1293 

(...) 
In questo anno, essendo insieme il re Carlo e lo re d'Ungaria, e andavano a corte a Roma, quando fuoro a Perugia, die xiij di lulglo, il re Carlo fece pilglare il conte dell'Acerra, per certa malivolglenza che lli portava sacretamente, ed apuoseli ch'elli era soddomito, ed uno palo li fece ficcare per la natura disotto, ed ispicciolli per la bocca, e come un pollo il fece arostire.

Anno 1293 

(...) 
In questo anno, essendo insieme Carlo II d'Angiò e suo figlio Carlo Martello, re d'Ungheria, mentre andavano assieme alla corte papale a Roma, giunti che furono a Perugia, il 13 luglio, il re Carlo fece arrestare il conte dell'Acerra.[2], per una certa ostilità che nutriva in segreto contro di lui, e l'accusò d'essere sodomita, e gli fece ficcare un palo nell'ano facendolo uscire dalla bocca, e come un pollo lo fece arrostire.

 
Diavolo tormenta dannato sodomita impalato. 1293.
Un secolo dopo questa legge, per la fantasia popolare la punizione escogitata contro il conte dell'Acerra era ancora la più adeguata. In questo affresco di Taddeo di Bartolo a san Gimignano (1396) un dannato con un cappellino con la scritta "SOTOMITTO" (sodomita) è impalato su uno spiedo e rosolato da un diavolo. Lo spiedo s'infilza nella bocca d'un altro dannato avvolto da un serpente, biondo e più giovane: il suo partner. 

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina.

Note 

[1] Da: Alfredo Schiaffini (cur.), Testi fiorentini del Dugento e dei primi del Trecento, Sansoni, Firenze 1926. Ristampa: Sansoni, Firenze 1954. Il brano è tratto da: Anonimo, Cronica fiorentina compilata nel secolo XIII, pp. 82-150, a p. 139. L'opera è posteriore al 1297. 

Questa noterella è per il momento la prima attestazione di esecuzione capitale per sodomia in Italia.  
Significativo il fatto che la pena del rogo, rimessa in vigore in quei decenni dai giuristi, non venga ancora adottata, o meglio venga combinata con l'impalamento. 
Il commento del cronista, che giudica l'uso del fuoco più degno d'un pollo che d'un sodomita, rivela la sua estraneità a questa pena. 

[2].Adenolfo IV d’Aquino, conte di Acerra. Sul complicato caso politico che stava dietro alla condanna ha scritto in dettaglio Serena Morelli, in: "Ad extirpanda vitia". Normativa regia e sistemi di controllo sul funzionariato nella prima età angioina, "Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age", CIX 1997, pp. 463-475. Il saggio specifica che anche il fratello Enrico condivise la sorte di Adenolfo.


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