Home page Giovanni Dall'Orto > Saggi di storia gayBiografie di personaggi gay > Benvenuto Cellini> Testi del sec. XVI >  Estratti da: La vita

BENVENUTO CELLINI (1500-1571)

Benvenuto Celini in un'incisione ottocentesca
Benvenuto Celini in un'incisione ottocentesca
 
Da: La vita  [1557-1565] [1]
.
Per tornare all'indice dei brani tratti dalla Vita di Cellini fare clic qui.

Libro II, cap. LXXI.

[Firenze, verso 1547]

[Lo scultore rivale Baccio Bandinelli insulta Cellini durante una disputa dandogli del "soddomitaccio"; Cellini ribatte facendo a sorpresa l'apologia dell'amore fra maschi, cosa degna degli dèi].

''Ercole e Caco'' di Baccio Bandinelli in P.zza della Signoria a FirenzeQuesto uomo non potette stare alle mosse d'aver pazienza che io dicessi ancora i gran difetti di Cacco.[2]; l'una si era che io dicevo 'l vero, l'altra si era che io lo facevo conoscere chiaramente al Duca e agli altri che erano alla presenzia nostra, che facevano i più gran segni e atti di dimostrazione di maravigliarsi e allora conoscere che io dicevo il verissimo.
A un tratto quest'uomaccio disse: - Ahi cattiva linguaccia, o dove lasci tu 'l mio disegno? -

Io dissi che chi disegnava bene e' non poteva operar mai male - imperò [e perciò] io crederrò che 'l tuo disegno sia come sono le opere -.

Or, veduto quei visi ducali e gli altri, che con gli sguardi e con gli atti lo laceravano, egli si lasciò vincere troppo dalla sua insolenzia, e voltomisi con quel suo bruttissimo visaccio, a un tratto mi disse: - Oh sta' cheto, soddomitaccio -.

Il Duca a quella parola serrò le ciglia malamente inverso di lui, e gli altri serrato le bocche e aggrottato gli occhi inverso di lui.

Io, che mi senti' così scelleratamente offendere, sforzato dal furore, e a un tratto, corsi al rimedio e dissi: - O pazzo, tu esci dei termini [passi ogni limite]: ma Iddio 'l volessi che io sapessi fare una così nobile arte [la sodomia], perché e' si legge ch'e' l'usò Giove con Ganimede in paradiso, e qui in terra e' la usano i maggiori imperatori e i più gran re del mondo. Io sono un basso e umile omicciattolo, il quale né potrei né saprei impacciarmi d'una così mirabil cosa -.

A questo nessuno non potette esser tanto continente che 'l Duca e gli altri levorno un rumore delle maggior risa che immaginar si possa al mondo.

E con tutto che [nonostante che] io mi dimostrassi tanto piacevole, sappiate, benigni lettori, che dentro mi scoppiava 'l cuore, considerato che uno, 'l più sporco scellerato che mai nascessi al mondo, fussi [fosse] tanto ardito, in presenza di un così gran principe, a [da] dirmi una tanta e tale ingiuria; ma sappiate che egli ingiuriò 'l Duca e non me; perché, se io fussi stato fuor di così gran presenza, io l'arei [l'avrei] fatto cader morto.

Veduto questo sporco ribaldo goffo che le risa di quei Signori non cessavano, ei cominciò, per divertirgli [distrarli] da tanta sua beffe, a entrare innun nuovo proposito [discorso, argomento], dicendo: - Questo Benvenuto si va vantando che io gli ho promesso un marmo -.

A queste parole io subito dissi: - Come! non m'hai tu mandato a dire per [attraverso] Francesco di Matteo fabbro, tuo garzone, che se io voglio lavorar di marmo, che tu mi vuoi donare un marmo? E io l'ho accettato, e vo' lo -.

Allora ei disse: - Oh fa' conto di noll'aver mai -.

Subito io, che ero ripieno di rabbia per le ingiuste ingiurie dettemi in prima, smarrito dalla ragione e accecato della presenza del Duca, con gran furore dissi: - Io ti dico espresso che se tu non mi mandi il marmo insino accasa, cèrcati di un altro mondo, perché in questo io ti sgonfierò a ogni modo -.

Subito avvedutomi che io ero alla presenza d'un sì gran Duca, umilmente mi volsi a Sua Eccellenzia, e dissi: - Signor mio, un pazzo ne fa cento; le pazzie di questo omo mi avevano fatto smarrire la gloria di Vostra Eccellenzia illustrissima e me stesso; sì che perdonatemi -.

Allora il Duca disse al Bandinello: - È egli 'l vero che tu gli abbia promesso 'l marmo? -

Il detto Bandinello disse che gli era il vero.

Il Duca mi disse: - Va all'Opera, e to'tene uno a tuo modo - [3].

Io dissi che ei me l'aveva promesso di mandarmelo a casa.

Le parole furno terribile; e io innaltro modo nollo volevo.

La mattina seguente e' mi fu portato un marmo accasa; il quale io dimandai chi me lo mandava: e' dissono [dissero] che e' me lo mandava 'l Bandinello, e che quello si era 'l marmo che lui mi aveva promesso.


Libro II, cap. LXXII.

[Baccio Bandinelli, costretto a regalare un marmo a Cellini, ne manda uno difettoso e crepato. Da esso Cellini trae l'Apollo e Giacinto (opera di tema omosessuale!)  oggi al Museo nazionale del Bargello. Non soddisfatto, crea altre due opere omosessuali (anch'esse al Bargello): un Ganimede e l'aquila e un Narciso!].

Subito io me lo feci portare in bottega e cominciai a scarpellarlo; e in mentre che io lavoravo, io facevo il modello: e gli era tanta la voglia che io avevo di lavorare di marmo, che io non potevo aspettare di risolvermi a fare un modello con quel giudizio che si aspetta [è opportuno per], a tale arte.

E perché io lo sentivo tutto crocchiare, io mi penti' più volte di averlo mai cominciato allavorare: pure ne cavai quel che io potetti, che è l'Appollo e Iacinto, che ancora si vede imprefetto [incompiuto] in bottega mia.

E in mentre che io lo lavoravo, il Duca veniva a casa mia, e molte volte mi disse: - Lascia stare un poco 'l bronzo e lavora un poco di marmo, che io ti vegga -.

Subito io pigliavo i ferri da marmo, e lavoravo via sicuramente. Il Duca mi domandava del modello che io avevo fatto per il detto marmo; al quale io dissi: - Signore, questo marmo si è tutto rotto, ma assuo dispetto io ne caverò qualcosa; imperò io non mi sono potuto risolvere al modello, ma io andrò così faccendo 'l meglio che io potrò - [4].

Il Ganimede, oggi al Bargello, ''rcompletato'' dal Cellini nel 1548-1550. [Foto G. Dall'Orto]Con molta prestezza mi fece venire 'l Duca un pezzo di marmo greco, di Roma, acciò che io restaurassi il suo Ganimede antico, qual fu causa della ditta quistione [litigio] connil Bandinello [5].

Venuto che fu 'l marmo greco, io considerai che gli era peccato a farne pezzi per farne la testa e le braccia dell'altre cose per il Ganimede; e mi providdi d'altro marmo, e a quel pezzo di marmo greco feci un piccol modellino di cera, al quale posi nome Narciso.

E perché questo marmo aveva dua buchi che andavano affondo più di un quarto di braccio e larghi dua buone dita, per questo feci l'attitudine [la posa] che si vede, per difendermi da quei buchi, di modo che io gli avevo cavati [lasciati fuori dalla] della mia figura. Ma quelle tante decine d'anni che v'era piovuto sù, perché e' restava sempre quei buchi pieni d'acqua, la detta aveva penetrato tanto che il detto marmo si era debilitato; e come marcio in quella parte del buco di sopra; e si dimostrò dappoi che e' venne quella gran piena d'acqua d'Arno, la quale alzò in bottega mia più d'un braccio e mezzo. E perché il detto Narciso era posato in su un quadro di legno, la detta acqua gli fece dar la volta [rovesciare], per la quale e' si roppe in su le poppe [sul torace], e io lo rappiccai; e perché e non si vedessi quel fesso [la fessura] della appiccatura, io gli feci quella grillanda [ghirlanda. È oggi perduta] de' fiori che si vede che gli ha in sul petto; e me l'andavo finendo accerte ore innanzi dì, o sì veramente [oppure] il giorno delle feste, solo per non perdere [rubare] tempo dalla mia opera del Perseo.

< Vai al brano precedente -O- Torna all'indice dei brani  >

[Vai alla biografia di Benvenuto Cellini]


L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina.
Note

[1] Benvenuto Cellini, La vita scritta (per lui medesimo) in Firenze.
Il testo è quello messo online dal Progetto Manuzio, che si basa su: La Vita di Benvenuto Cellini, Einaudi, Torino 1973.
Per scaricarlo in formato .zip fare clic qui.

Il testo è disponibile anche, in formato .html, sul sito De bibliotheca.

-.Ne esistono numerose edizioni a stampa, anche economiche.

[2] La scultura di Ercole e Caco, in Piazza della Signoria

[3] "Vai all'Opera del Duomo", cioè al cantiere e magazzino che il duca usava per la costruzione e la manutenzione del Duomo, "e prenditene uno di tuo gusto".

[4] Cellini risponde che non ha preparato il modello in scala ridotta della statua perché sarebbe inutile: il marmo è in tali cattive condizioni che occorre improvvisare man mano che si procede.

[5]."Restauro" va qui inteso nel senso antico: si trattava infatti di scolpire ex novo testa, braccia e gambe per un torso antico, usando marmi antichi saccheggiati dalle rovine romane...
 
 























Il Narciso del Cellini, al Museo del Bargello.


Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

[Vai all'indice dei testi originari] [Vai alla pagina di biografie di gay nella storia] [Vai all'indice dei saggi di storia gay]