Home page Giovanni Dall'Orto > Scritti di cultura gay > Può esistere una "cultura omosessuale"? > Intervista a Francesco Gnerre, 1/7/1984


L'articolo che segue è un esempio delle posizioni che combattevo nel mio saggio: Omosessualità e cultura. Può esistere una "cultura omosessuale"?

Un mio commento del 2004, Vent'anni dopo (1984-2004). Un commento e un ricordo di Giovanni Dall'Orto, è in fondo all'articolo

L'articolo qui ricopiato è tratto da "L'Unità", 1-7-1984.


Discussioni, mostre, libri, spettacoli sui temi della "cultura omosessuale"

Ma davvero c'è chi può dire "Proust è mio"?

Un dibattito che torna ad accendersi - Pubblicato un catalogo di 800 titoli riguardanti l'argomento - Colloquio con Francesco Gnerre





ROMA - È un moltiplicarsi di iniziative: omosessualità e... e tutto ti resto: e letteratura, cinema, poesia, psicanalisi, fede, sport, industria culturale. Mai come quest'anno il 28 giugno - data che per il movimento omosessuale significa rievocazione della rivolta e riaffermazione dell'orgoglio - ha visto un interesse così diffuso.
 A Roma una rassegna di film a iniziativa dell'ARCI; a Bologna, con la partecipazione dell'amministrazione cittadina, delle forze politiche, delle associazioni culturali, un ciclo di dibattiti, e mostre, e poesia, il tutto promosso dal "Cassero"; ad Agape, convocati da gruppi cristiani, incontri di riflessione e di autoidentificazione. A Genova un ciclo di serate sui "codici della comunicazione omosessuale"; a Brescia temi consimili nei "Venerdì del no" ancora dell'ARCI; altro ancora a Milano col gruppo della rivista "Babilonia", a Napoli con una radio locale, a Roma col circolo culturale "Mieli" e con gruppi di ricerca nell'Università.
 E intanto "A!exis" della Yourcenar va forte in libreria, Alberoni scrive saggi sull'amicizia, i ragazzi all'uscita dal cinema chiedono il manifesto di "Lucida follia", che mostra la Schygulla con sul collo i segni allusivi di un bacio femminile. Interesse vero o falso? È ancora una volta il mercato che comanda o c'è dell'altro?

- Francesco Gnerre, giovane studioso di letteratura italiana, impegnato sul fronte della liberazione sessuale. Che cosa risponde?
 "Attenzione a non cadere in un atteggiamento moralistico. Il mercato, sì, ha i suoi interessi, è ovvio. Ma dietro il mercato io vedo un bisogno diffuso di incontrarsi, di discutere di capire. Secondo me è un segno della maturazione della coscienza civile in un paese che alla sessualità, e specie alla sessualità "diversa" ha sempre guardato con imbarazzo, ipocrisia, moralismo. La nostra non è la tradizione francese, neppure in letteratura', ma qualche cosa evidentemente sta cambiando".

- Dibattiti, spettacoli, incontri, rassegne, libri: quindi il segno di una maturazione culturale, e perfino di un mutamento del costume?
 "In qualche misura sì, anche se la repressione non può dirsi certo finita. La si esercita oggi in forme diverse, la si cela dietro una facciata di tolleranza o dietro il silenzio che resta il più efficace metodo di rimozione. Comunque è innegabile il bisogno di sapere.
 In Italia non c'è una conoscenza della fenomenologia omosessuale. Ci sono omosessuali che fanno vita di coppia, altri che perseguono una ben precisa idea di rapporto, altri che si affidano a incontri occasionali. Ciascun gruppo elabora modelli di comportamento e forme di comunicazione che differiscono ma che bisogna conoscere, moduli espressivi, riferimenti culturali...".

- Torna un difficile interrogativo: se esista o no una "cultura omosessuale". A riproporlo contribuisce non solo la varietà delle iniziative accennate, ma anche l'uscita in queste settimane - per le edizioni del "Gruppo Abele" di Torino - di un libro di Giovanni Dall'Orto dai titolo "Leggere omosessuale". Si tratta di una bibliografia contenente i titoli dei libri pubblicati in Italia tra il 1800 e il 1982 e riguardanti, in vario modo, l'argomento omosessuale. E qui intanto una sorpresa: divisi in sei capitoli - letteratura, poesia, movimento, saggistica, archeologia, immagini - i titoli contenuti come in un indice ragionato sono circa ottocento. Un numero insospettato, non e così?
 "Già, non ce ne eravamo accorti, ma Dall'Orto, attraverso una ricerca paziente e meritoria, ci mette di fronte ad un catalogo che mai prima qualcuno aveva pensato di compilare. Libri conosciuti ma anche libri poco noti, rari, talvolta introvabili se non in qualche grande biblioteca pubblica: dall'ultimo "Pao Pao" di Tondelli alle lettere d'amore di Oscar Wilde, dai romanzi di Jean Genet ai trattati psichiatrici dell'Ottocento, dai rapporti di sessuologia alle biografie dei militanti del movimento italiano".

- Parliamo fra un momento della attendibilità scientifica. Voglio insistere invece sull'impressione che suscita scorrere un centinaio di pagine fitte di titoli sull'argomento omosessuale. È esatto dire che molti di quei libri sono passati inosservati? Tu sei autore di un saggio ("L'eroe negato", pubblicato da Gammalibri) riguardante la figura dell'omosessuale nella narrativa italiana contemporanea, quindi hai scavato nella materia...
 "È vero, se molti titoli sono conosciuti, altri sono passati sotto silenzio o quasi, un po' perché editi da case minori e un po' perché lo stesso modo di leggere è spesso reticente, autocensorio. Di fronte al nodo vero, si leva come una cortina. L'anno scorso i miei studenti hanno letto "L'isola di Arturo", di Elsa Morante, ma l'elemento centrale continuava a sfuggirgli. Perché il padre di Arturo se ne andava in giro per il mondo? Questo sorvolare, questo ritrarsi è un'operazione che spesso fa anche la critica letteraria, tutta presa dall'esame della forma, dello stile...".

- E non si può dire che spesso anche gli scrittori sono rimasti vittima dei condizionamento?
 "Senza dubbio, perché anche lo scrittore risente del clima dei suo tempo. E come potrebbe essere diverso? Alla fine degli anni Settanta, sul tema specifico dell'omosessualità si facevano libri ideologici, rivendicativi. Oggi mi sembra che non sia più così: si fanno libri che rappresentano la condizione omosessuale senza bisogno dì ideologizzare, semplicemente, sul terreno della normale ricerca letteraria. Il che non vuole dire, lo ripeto, che il pregiudizio sia scomparso. Finché la sessualità non verrà accettata come un elemento della variabilità umana, finché il comportamento omosessuale sarà considerato trasgressivo e deviante, non scompariranno né la condizione di disagio né la mistificazione sul terreno - che dovrebbe essere incontestabile - dell'identità".

- Torniamo al libro, e più generalmente al tema della cultura omosessuale. Come si fa un catalogo come quello di Dall'Orto? Esiste, per esempio, una scrittura omosessuale?
 "L'autore dice di sì ma lo avrei delle perplessità. Quando si legge "scrittore omosessuale" non si sfugge all'impressione che la definizione contenga una discriminante negativa e persino una pregiudiziale razzistica. Del resto nessuno sente il bisogno di precisare "scrittore eterosessuale". Nell'etichetta vedo una limitazione, una demarcazione di confini che uno scrittore non può accettare. Capisco che in determinati momenti di repressione può essere apprezzabile, perfino necessaria una dichiarazione di identità sessuale, ma uno scrittore - omosessuale o eterosessuale che sia - ha un rapporto molto più complesso con la realtà. In letteratura si tratta dunque di una distinzione assolutamente arbitraria".

- Dal che si deduce che è arbitraria anche la definizione di "cultura omosessuale"; cioè che non esiste una "cultura separata"...
 "Un momento. Io per "cultura omosessuale" intendo quel complesso di comportamenti, gesti, linguaggi che gli omosessuali. come ogni minoranza, sono stati costretti a elaborare in maniera diversa dagli altri. E quindi attribuisco al termine "cultura" un senso antropologico. Se invece si vuole parlare di "cultura alta" o di cultura come complesso di conoscenze, allora no, dico che non esiste, perché Proust fa parte della cultura europea, non certo della cultura omosessuale".

- Classificazioni a parte, qual è il tuo giudizio di ricercatore letterario sul metodo seguito nella compilazione della bibliografia?
 "La parte dedicata alla saggistica e alla storia mi sembra più corretta rispetto a quella dedicata alla letteratura e alla poesia; qui ci sono catalogazioni sommarie e giudizi a volte francamente arbitrari. Al di là delle contestazioni e delle critiche che si possono fare a questa o a quella parte, resta però il fatto che è già molto importante che un tale lavoro sia stato compiuto. Può essere lo spunto per altre ricerche, per riflessioni più ampie. E questo, mi pare, il suo vero scopo. Del resto la nostra stessa conversazione, partita dal libro, non è andata ben oltre?".

Eugenio Manca

Francesco Gnerre. Roma, agosto 2000. [Foto G. Dall'Orto].
Francesco Gnerre. Roma, agosto 2000. [Foto G. Dall'Orto].



Vent'anni dopo (1984-2004)
Un commento e un ricordo di Giovanni Dall'Orto.

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