Home page Giovanni Dall'Orto > Saggi di storia gayBiografie di personaggi gay > Testi originali > Sec. XV >  Andrea Navagero

Andrea Navagero (1483-1529)

Andrea Navagero ritratto da Raffaello, nel 1516.
Andrea Navagero ritratto da Raffaello, nel 1516.
NOTA BENE. Questo testo è un semplice "appunto", pubblicato provvisoriamente in attesa di trovare il tempo
per curare o farne curare la traduzione, il commento, o entrambe le cose.
 
Da: Lusus / Scherzi [postumo, 1530] [1] 
. 
57. 
57. 
Accipe contempti supremum munus amantis 
Pieria de ualle fluens; ubi flebile carmen 
condimus, et nostri testis Parnasus amoris 
saepius audiuit praerupta in rupe querelas,
 
Accogli l’ultima opera di un amante respinto, 
tu che fluisci dalla valle Pieria; dove componiamo un dolente canto, 
e Parnaso, testimone del nostro amore, 
più volte ha ascoltato i lamenti tra le rupi scoscese,
5 
Et lacrimis creuere meis Libethrides undae. 
Omnia iampridem miserae sunt conscia flammae: 
antra, nemus, cautes, Helicon, Cadmeia Dirce 
carminibus resonant nostris, et uerba receptant. 
Quamquam dura silex docta nectatur ab arte,
5 
e le fonti di Libetra [sacre alle Muse] hanno visto le mie lacrime. 
Già da tempo ogni cosa sa della mia infelice fiamma d’amore:  
le grotte, i boschi, le rocce, il monte Elicona, la fonte Dirce di Cadmo  
risuonano dei nostri canti e ne accolgono le parole.  
Per quanto dura, la pietra è legata da una dotta arte,
10  
tu tamen immites, Puer unice, despicis ignes, 
quaque tibi ueniunt, mox aspernaris amores. 
O syluis, o lacte puer nutrite ferino, 
tune illum patiere mori iuuenilibus annis, 
qui te dilexit, qui te nunc diligit, et qui
10 
tu tuttavia, unico ragazzo, disprezzi le spietate fiamme d’amore, 
qualunque amore si avvicini a te, subito lo respingi.  
Oh ragazzo nutrito dai boschi e dal latte d’animale,  
lascerai che muoia giovane colui 
che ti ha amato, che ti ama ancora, e che ti amerà infelice
15  
diliget infelix, tenues dum spiritus artus 
seruabit, poteroque oculos spectare nitentes? 
Ecce uides ut sim macie consumptus inerti, 
palleat et uultus, pectus quoque, squalida tangit 
ossa cutis: nullum est consumpto in corpore robur.
15 
mentre lo spirito conserverà le deboli membra  
e potrò contemplare gli occhi splendenti?  
Ecco vedi come sono consumato e fiacco per la magrezza,  
il volto è pallido, il petto pure, la pelle tocca le secche ossa:  
non c’è nessuna forza nel mio corpo consumato.
20 
Sanguis abit fortisque uigor, fugere colores; 
non oculi spectare diem, non sumere dulces 
ora cibos possunt, non mens cognoscere rerum 
Naturam motusque potest, non cernere causas; 
non iaculum torquere manus, nec tela, nec enses;
20 
Manca il sangue e il forte vigore, se ne è andato il bel colorito; 
gli occhi non possono guardare la luce, la bocca non può mangiare dolci, 
la mente non può conoscere la natura e il senso delle cose,  
nè capirne le cause;  
la mano non può lanciare un dardo nè frecce nè spade;
25 
Aegidis impatiens pectus uix sustinet artus. 
Aequa mihi nox est, nostrum seu circuit orbem 
Phoebus, et oppositae seu praebet lumina genti. 
Tanti causa mali Venetus puer, incluta proles 
nobilis et sanguis, uerum crudelior urso.
25 
il petto, incapace di tenere uno scudo, sostiene a malapena gli arti.  
Per me la notte è uguale, sia quando il sole ha fatto il giro intorno alla nostra terra 
sia quando illumina anche i popoli della parte opposta.  
Sei causa di un male tanto grande, ragazzo veneto, di famosa stirpe 
e nobile sangue, ma più crudele di un orso.
30 
Heu morior! Siccis morientem spectat ocellis. 
Si facere hoc poteris, si tot patiere dolores, 
si facere hoc poteris, iam te genuere leone 
aut hominum crudele genus uel inhospita tellus, 
non pater e Latio est, Veneta non sanguis ab urbe,
30 
Oh muoio! Mi guarda con gli occhietti senza lacrime mentre muoio. 
Se riuscirai a fare questo, se riuscirai a sopportare tanti dolori,  
se riuscirai a fare questo, vuol dire che ti generarono i leoni 
o una stirpe di uomini crudeli o una terra inospitale,  
tuo padre non proviene dal Lazio, non discendi da una città Veneta,
35 
namque procul feritas, procul hinc crudelia facta; 
hic posuit molles arcus pharetramque Cupido, 
deliciae Veneris miti dominantur in ora. 
Tu solus fera corda geris suffusaque fele 
pectora ubi fudit molles Venus aurea mores.
35 
mentre è lontana da me la ferocia, lontani da qui i fatti crudeli;  
qui Cupido ha posto il dolce arco e la faretra,  
i piaceri di Venere regnano nella mia dolce bocca.  
Tu solo hai il cuore insensibile e bagnato d’amarezza il petto 
dove l’aurea Venere ha sparso i molli costumi.
40 
O mea spes, mea lux, mea mens, mea uita, meum cor, 
respice me miserum finemque impone dolori: 
quod petimus breuis hora dabit, breue tempus amori 
sufficiet, dum pauca loquar, dum dulcia carpam 
oscula, dumque auidis tangam tua pectora palmis.
40 
O mia speranza, mia luce, mia anima, mia vita, mio cuore,  
voltati a guardare me infelice e poni termine al mio dolore:  
un breve tempo darà ciò che desideriamo, un breve tempo basterà all’amore,  
mentre dirò poche parole, mentre carpirò dolci baci 
e mentre toccherò il tuo petto con avide mani.
45 
Quod si forte neges, dabitur mora parua furori, 
dextera dum gladium morti uicina recludet 
et furibunda suum crudeli uulnere pectus 
transfiget cogetque animam miserabile corpus 
deserere; illa uolans Stygias properabit ad undas.
45 
E se per caso mi negherai questo, poco tempo sarà concesso alla mia furia,  
finchè con la destra la spada aprirà i luoghi vicini alla morte, 
trafiggerà furiosa il suo petto con una ferita mortale 
e costringerà l’anima a lasciare il suo miserabile corpo;  
essa, volando via, giungerà in fretta alle acque dello Stige.
 50 
Credo equidem, ut ferus es, quod te nec dura mouebunt 
fata, sed obsceno spargetur dextra cruore. 
Quid facis, infelix? ueniet maturior aetas, 
qua totidem, quot ego patior, patiere dolores; 
ludere tunc cupies animo, cum fugerit aetas.
50 
Credo davvero che tu sia feroce, poichè nemmeno il duro destino ti smuoverà, 
mentre la mia destra sarà sparsa di funesto sangue.  
Perchè fai così, infelice? Verrà l’età più avanzata,  
in cui soffrirai tanti dolori quanti ne patisco io ora;  
allora, quando la giovane età sarà fuggita via, desidererai gioire nell’animo.
55 
Tunc uirides annos solitumque precabere robur, 
sed nulli reuocare dies datur, idque quod olim 
praeteriit semper manet irreuocabile: perdes 
tu quoque (crede mihi) primae lanuginis annos. 
Propterea, dum fata sinunt, dum postulat aetas,
55 
Allora invocherai la giovinezza e il suo solito vigore,  
ma a nessuno è concesso far ritornare quei giorni, e ciò che ormai 
è passato, rimane per sempre irrevocabile: 
anche tu, credimi, perderai gli anni della prima peluria.  
Perciò, finchè il destino te lo permette, finchè l’età lo desidera,
60 
dum tua labra rosas superant, dum lilia pectus, 
dum Ganymedeo certant tua tempora uultu, 
iungamus formose puer, iungamus amores.
60 
finchè le tue labbra sono meglio delle rose e il tuo petto meglio dei gigli,  
finchè gli anni si contendono il tuo volto da Ganimede,  
uniamoci, bel ragazzo, uniamo i nostri desideri d’amore.
 
Eventuale dida di foto 
 
64. 
64. 
Conducens manibus breuem priapum 
tractabat roseus puer natesque 
nudabat gremio meo recumbens, 
dans mihi basia melle dulciora 
et pulchros leniter mouens ocellos.
Usando le mani, il roseo ragazzo 
si toccava il piccolo pene e scopriva le natiche, 
abbandonandosi in braccio a me, 
dandomi baci più dolci del miele 
e muovendo dolcemente i begli occhi.
"Iam pugnam Veneris sic ineamus" 
dixit et cruribus nitens caputque 
pronus excipere ille praeparabat uulnus, 
cum (o crudele fatum atque acerbum!) 
quidam per rimulam postis uidentes 
exclamant: facinus, simulque pulsant.
"Ma ora iniziamo la battaglia di Venere 
disse e, puntellandosi con le gambe e con la testa china, 
si preparava a prenderlo nel buchetto,  
quando (oh fato duro e crudele!)  
alcuni, spiando dal buco della serratura, 
urlano: Vergogna! E insieme battono sulla porta.
Quid tum, quid faceret miser Priapus? 
Nec sitim poterat suam replere, 
nec desiderium extinguere potus.
Ebbene, cosa poteva fare il povero Priapo?  
Non aveva potuto saziare la sua sete,  
nè estinguere il desiderio di bere.
Iam culum puer ille subtrahebat 
moestus et niueas nates tegebat, 
eripi ut sibi quas cibum paratum 
Hellespontiacus deus resensit.
Ormai quel ragazzo sottraeva mesto il culo 
e copriva le bianche natiche,  
tanto che il dio dell’Ellesponto [Priapo] capì 
che gli venivano portate via come un cibo già preparato.
Mollis, languidulus ruberque tanti 
testem lacrimulam edidit doloris. 
Floscio, abbattuto e rosso di rabbia,  
versò una piccola lacrima, testimone di un così grande dolore.
[2]. 

[3]. 

[4]. 

[5]. 

[6]. 

[7]. 

[8]. 

[9]. 

[10]. 

[11]. 

[12]. 

L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnaleràeventuali errori in essa contenuti.

Note 

[1] Il testo da: Andrea Navagero (Andreas Navagerus, o Naugerius), Lusus, come messo online dal sito "Poeti d'Italia in lingua latina", che si basa sull'edizione a cura di C. Griggio, _____, _____ 2001. 

La traduzione dal latino, inedita, è di Pierluigi Gallucci, che ringrazio per il l'aiuto. 

[2]. 

[3] 

[4]. 

[5]. 

[6]. 

[7]. 

[8]. 

[9]. 

[10]. 

[11] 

[12]. 
 


Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.
[Torna all'indice dei testi originari] [Vai alla pagina di biografie di gay nella storia]
[Vai all'indice dei saggi di storia gay]