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Quei travestiti che ci danno una cattiva immagine

08/10/2003

Caro Giovanni,

ti do subito del tu anche se sei più grande di me. Ti seguo da poco tempo, anche perché è da poco che veramente cerco di indirizzare la mia vita in un certo modo. 
Ho 24 anni e, come avrai sentito da molti altri come me, ho passato anni nell'angoscia prima di capire, accettare e finalmente vivere la mia omosessualità.

Ma non ti scrivo per raccontarti la mia storia.

Volevo semplicemente complimentarmi con te. Il lavoro che compi quotidianamente nel sistemare la storia omosessuale è veramente prezioso. 
Non mi ritengo una persona colta, ma capisco l'importanza della cultura e cerco sempre di aprire i miei orizzonti. 
Dato che l'omosessualità è una componente insita nella natura dell'uomo, ha avuto anch'essa una sua evoluzione, una positivizzazione all'interno delle singole epoche storiche. Le biografie di cui ti curi ne sono un esempio concreto. 

Ad essa poi affianchi il tuo impegno nell'associazionismo gay. Credo che queste due attività (acquisizione di fonti e conquista dei diritti) siano proprio le attività più importanti per chi, come noi, ha dovuto sempre lottare per emergere ed essere accettati dagli altri. Oggi meno che prima, certo, ma c'è ancora tanto da fare. Specie nella lotta all'ignoranza, nemica della cultura e dell'integrazione.


Ho letto con piacere alcuni tuoi articoli, specie quello sulle dark in cui prendi posizioni che condivido in pieno. Quando dici che le dark sono una conseguenza, e non una causa dell'essere gay, hai fatto centro. La mancanza di alternative si fa sentire, e si è incapaci di proporne, forse anche perché si sta bene così com'è, ma questa è una mia opinione personale.

Infatti ritengo che accanto a molti come te, che cercano di capire, con i mezzi più intelligenti e con compostezza mentale, il perché, il come fare, il come vivere da "normali" perché si è "normali", ce ne sono altri che accettano uno status quo fatto di adescamenti nei parchi, sesso spinto a tutte le ore, ostentazione affettata. 
E sono quelli che penalizzano la categoria.


Non voglio essere classista, io non odio nessuno. Ma purtroppo la gente vede quello, e non vede chi si sbatte 12 ore al giorno sulla scrivania a raccogliere materiale, che torna a casa e si fa la pasta col pesto e fa l'amore col suo compagno, fa la spesa, dorme, insomma vive.

Molti sono ancora convinti che la nostra non è vita, ma è come se fossimo immersi in una savana popolata di nostri simili da sopraffare, in una lotta belluina per la sopravvivenza. 

Il Pride dà questo effetto a quelli come mia madre, che non sa di me, non lo immagina e non mi accetterebbe mai.
Genera ulteriori preconcetti.
Ghettizza.
Perché la gente non vede ME con lo striscione "GOOD AS YOU" ma vede il travestito che balla sul carro come un Burlamacco al Carnevale di Viareggio.


Io non ce l'ho contro i travestiti, ripeto: anzi, mi stanno pure simpatici.

Però ammetti che, con il già radicato preconcetto di omofobia italica, con la temperie politica da schifo che c'è oggi, col monopolio dei media, abbiamo già la strada in salita.

Perché Malgioglio deve stare lì in TV tutti i giorni alle 14:30 a farsi prendere in giro da tutti parlando di bigodini e di Elsa Martinelli, mentre film come "Il bagno turco", che raccontano un aspetto che forse la gente non immagina di noi, cioè la nostra capacità di amare, lo danno alle due del mattino di lunedì?

Sarò disinformato, ottuso, neofita (due anni di gaya vita sono pochi); riceverai molte lettere come e peggio di questa, ma gradirei ricevere una tua risposta in proposito.

Nel frattempo ti saluto con affetto e ti auguro di proseguire nel tuo lavoro con l'impegno e la passione di sempre.

Vito

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Caro Vito,

dunque il disagio che hai vissuto da ragazzino era dovuto solo a un malinteso? Al fatto cioè che ad ogni Gay Pride le telecamere (e i fotografi, e i giornalisti) si precipitavano come cani in calore su dieci travestiti presenti, invece che sui 29.990 o 99.990 non travestiti, altrettanto presenti?

Stai insomma dicendo che se Malgioglio (o Platinette, o Solange, o anche Aldo Busi) non fossero andati in TV a fare le foche ammaestrate per far ridere gli eterosessuali, tu a quattordici anni ti saresti accettato senza problemi e avresti finalmente trovato il coraggio di dire: "Mamma, papà, sono gay"?
Stai dicendo che tua madre "che non sa di te, non lo immagina e non ti accetterebbe mai" [ma lei sa di te: sei tu che non sai nulla di lei, e non la accetteresti mai, ma questo è un altro discorso] ti accetterebbe se vedesse in TV dei gay in giacca e cravatta?
Stai davvero dicendo che tua madre finora non ne ha mai visti in vita sua, ed è solo per questo che la pensa come la pensa?

In altre parole, stai dicendo che tutti i problemi dei gay dipendono da una campagna di P.R.?
Abbiamo dunque sbagliato tutto puntando su un movimento politico, perché sarebbe bastata una buona campagna pubblicitaria per far svanire nel vento ogni pregiudizio verso i gay?
Insomma: il problema è che dovremmo badare di più all'apparenza e meno ai contenuti?

Certo, dopo che ti ho messo la questione in questi termini, tu stesso ti sarai già accorto del fatto che, no, non è certo in questi termini, il problema.


L'idea secondo cui la presentazione "rispettabile" è indispensabile a un movimento omosessuale non è nuova. Risale agli anni Cinquanta, quando le manifestazioni gay si facevano così: le donne rigorosamente con rossetto, capelli lunghi e gonna lunga, gli uomini con giacca, cravatta, capelli corti...

La cosa è andata avanti a lungo, senza grandi risultati.
Che sono invece arrivati quando sono scese in piazza orde di checche urlanti con gonne a fiori, e lesbiche in motocicletta.
Il che dimostra che di per sé il doppiopetto non garantisce nessuna vittoria, e che di per sé la gonna a fiori non ne preclude nessuna.


La polemica sulla presenza di travestiti e transessuali ai Pride è vecchia, e questa tua non è la prima mail che leggo contro la loro presenza nelle "nostre" manifestazioni.
 
BariPride, 2003 (foto G. Dall'Orto]
Su un carro al BariPride, 2003. Espressione od ostentazione? [Foto G. Dall'Orto]

E ovviamente la mia risposta non può che essere la solita: chi di noi ha il diritto di dire agli altri in che modo devono venire ad un Pride?
Io?
Tu?

Se tu sei un gay che vuole vivere (o vestirsi) in un certo modo, nessuno può avere la presunzione di stabilire come tu devi vivere o vestirti, fino a che tu non fai del male a nessuno.
Non lo ha neppure se il tuo stile di vita infastidisce gli altri... sempre a patto che tu non faccia del male.

Questa regola è, riassunta in una frase, tutta la ragion d'essere del movimento di liberazione GLBT, da decenni.

Ma questa regola, se vale per te, vale anche per gli altri, e viceversa: è palese. Una regola sociale sta in piedi solo se tutta la società la rispetta.

Quindi se esigi la tolleranza verso le persone omosessuali da parte della società, non puoi essere poi tu intollerante verso chi vive la sua omosessualità in modo diverso dal tuo, per quanto esecrabile tu lo trovi.
Nessuno ha il copyright sull'omosessualità "corretta": non io, ma neppure tu.
E neppure loro, ovviamente.


Non sto sottovalutando la realtà del sentimento di disagio che provi di fronte a certe situazioni.
Perfino io, dopo tanti anni, continuo a provare disagio a stare nella stessa barca con certe persone profondamente maschiliste, misogine e fallocratiche.
Rispettare tutti gli infiniti modi di vivere l'omosessualità non significa (neanche per me) salvarmi dal disagio verso alcuni.
E non significa neppure che io non abbia il diritto di criticare gli stili di vita gay che non mi piacciono, né che io non abbia il diritto di cercare di cambiare il mondo gay in modo da eliminarli: fare militanza gay è proprio questo.
Abbiamo il diritto di lottare per cambiare il mondo gay, abbiamo il diritto di cercare di cambiare tutte le cose che non ci piacciono in esso.

Ciò detto, per vincere il tuo disagio non serve nascondere nell'armadio le persone che non vivono secondo i tuoi criteri, quanto invece servirebbe risolvere certe contraddizioni tue che ti fanno dare troppa importanza al disagio.
Perché è palese che il tuo disagio nasce, almeno in parte, da un'accettazione ancora fragile, fresca (come tu stesso ammetti), da un cammino non ancora concluso. Dalla paura di quel che sei tu, vissuta attraverso quello che, attorno a te, sono gli altri.

Non sto dicendo che ce la farai in due giorni, però se non inizi a porti il problema non arriverai alla soluzione.


C'è poi un altro dato importante da considerare: il travestito che vedi in TV ti danneggia con tua madre, o i tuoi conoscenti, solo perché lui a tua madre sì è mostrato per quel che è, mentre tu no.
Lui è se stesso, tu no.
Lui rappresenta se stesso, tu no.
Lui porta avanti il suo modo di essere senza paura per le conseguenze, tu no.

Manifestanti al BariPride, 2003 [foto G. Dall'Orto]
Manifestanti al BariPride. Chi semplicemente "manifesta" e chi "ostenta"?

Ora, io rispetto il tuo diritto a scegliere tu stesso le tappe del tuo coming out. Uno deve "uscir fuori" quando si sente, ed è, pronto: non c'è un'età giusta per tutti per farlo. Esiste solo un momento giusto: quello in cui si è pronti per farlo.
Se oggi non ti senti pronto, è giusto che tu non lo faccia (purché questo non diventi un alibi per non fare scelte importanti!!).

Però, Vito, se tu non ti senti pronto ad essere pubblicamente te stesso, a rappresentare te stesso, a presentare a tua madre un volto dell'omosessualità diverso (molto diverso!!!) da quello che lei vede in TV, la soluzione non è proibire o impedire ad altri di farlo al posto tuo perché "ti danno una cattiva immagine". Perché la soluzione sarebbe darla tu, un'altra immagine.

L'immagine che hai con gli altri è o quella che tu ti dai... o quella che tu permetti agli altri di darti. E non esistono alternative, che ti piaccia o no.


Ma nel discorso che stiamo facendo c'è un ulteriore, importante elemento da considerare, oltre a quelli già esposti.

La tua illusione secondo cui se noi fossimo meno "diversi" la maggioranza ci tratterebbe meglio, è un errore antico e drammatico, che le minoranze oppresse hanno spesso compiuto. (Ti consiglio sul tema l'analisi che ha fatto Hannah Arendt in La banalità del male nei confronti della realtà ebraica che aveva cercato di venire a patti col nazismo. Con esiti disastrosi).

Perché vedi, ciò che scatena l'intolleranza non è che una minoranza appaia diversa, è il fatto che sia diversa.
Non serve a nulla prendersela, come fai tu nella tua mail, con chi "ostenta" la sua, la nostra diversità. Il problema con la società non sta nel fatto che alcuni di noi appaiono omosessuali, il problema sta nel fatto che tutti noi, anche coloro che non "ostentano", lo siamo. Anche quelli che in dark non ci vanno...
Hitler non ha risparmiato gli ebrei che non "ostentavano" la loro ebraicità più di coloro che la "ostentavano", negli abiti e nello stile di vita. Il "bello" del razzismo è che non guarda in faccia a nessuno... Buono o cattivo, un ebreo è solo un ebreo. Buono o cattivo, un frocio è solo un frocio.
Il fatto stesso che tu ti lamenti per i danni che causa uno stile di vita che tu non pratichi, implica che tu abbia chiaro quanto me che chi fa parte di una realtà spesso ne condivide il destino per il solo fatto di farne parte, e non per ciò che effettivamente compie.

Ma se le cose stanno così, se "fingersi normali" non paga, allora rinunciare volontariamente a utilizzare spazi di libertà disponibili a tutti i cittadini solo per non "ostentare", vuol dire cadere in una trappola. Una trappola che ci spinge a rinunciare ai nostri diritti in cambio d'una vaga promessa d'indulgenza sociale... che non impegna e non ha mai impegnato nessuno.

Perché se è "ostentazione" vestirsi da donna a un Pride gay, lo è anche tenere per mano o baciare per strada la persona che ami, come fa qualunque ragazza o ragazzo eterosessuale.
E rinunciare a questo tipo di "ostentazione" solo per compiacere alla maggioranza eterosessuale, significa ridursi a vivere i propri affetti in luoghi nascosti, segreti... bui.
Alla fin fine le dark, le stanze buie, nascono dall'accettazione passiva di questa situazione e di questa mentalità!

Purtroppo, se non ti ribelli al ricatto del "non dovete ostentare", a poco a poco ti accorgerai che la sola alternativa che ti rimane sono proprio le dark.
E non mi pare che fosse questo il tuo scopo, no?
 

Due ragazzi dei Centri Sociali. Foto G. Dall'Orto.
Due ragazzi dei Centri Sociali al BariPride
Il più giovane ha scritto sul petto: "Senza tolleranza non si può avere Pace".

Per concludere.

Caro Vito, io il tuo disagio lo capisco (lo vissi anch'io, a suo tempo), ma non condivido la tua protesta, perché secondo me s'indirizza nella direzione sbagliata: contro i gay, e non contro coloro che parlandone censurano sempre quanto non li metta in "cattiva luce".

La società eterosessuale usa la censura contro la cultura e la vita gay, come tu stesso lamenti nella tua lettera.
I giornalisti presentano l'omosessualità secondo lo stereotipo e il pregiudizio eterosessuale. Tanto "colore", folclore, festa, "trasgressione", servono solo a nascondere il fatto che un Pride è la rivendicazione politica d'una minoranza oppressa per il diritto a esistere e a manifestarsi.

Ma sono costoro (i censori, i manipolatori...) le persone contro cui bisogna protestare, non i gay che vengono usati dal loro gioco. È l'esistenza del gioco, della censura, dei censori, della calunnia, della disinformazione: è tutto questo che va contestato.
Alcuni di noi sono checche, altri sono travestiti. Alcuni di noi sono patetici casi umani. E solo costoro riescono a passare in TV.
Ma è "colpa" loro?
Oppure lo è di chi gestisce le TV?


Su almeno una cosa hai però ragione.
Tu mandi a me (che non ho nessun potere) le tue proteste perché al momento nel movimento gay non hai nessun altro a cui rivolgerle.
Eppure contro questa situazione il movimento gay potrebbe e dovrebbe fare di più, sommergendo di proteste ogni giornalista che riproponesse questi cliché e pregiudizi.
Avendo organizzato molti anni fa (all'epoca in cui ero presidente dell'Arcigay di Milano) alcune di queste proteste, ho imparato che spesso i giornalisti agiscono così per pigrizia mentale e soprattutto perché "nessuno aveva mai protestato". In un paio di casi ottenni perfino delle scuse!
Basterebbe organizzare di nuovo proteste di questo tipo, tempestando di lettere e mail e telefonate i colpevoli, per avere risultati sorprendenti...

Certo, il movimento gay dovrebbe e potrebbe fare di più in questo senso.
Ma visto che oggi i militanti gay hanno altri Massimi Sistemi da inseguire, e quindi non possiamo sperare in una campagna di questo tipo (o no?) resta un'altra soluzione: quella secondo cui ognuno di noi educhi coloro che lo circondano mostrandogli/le cosa sia per davvero una persona omosessuale al di fuori dello stereotipo.

Questo è un compito che spetta anche a te, e fino a che non lo avrai adempiuto non sarà corretto lamentarti di coloro che, manifestandosi per quel che sono, non hanno fatto altro che usare un diritto che tu non hai usato per tua libera scelta personale.

Ricordalo: se si è udita solo la loro voce è stato anche perché tu hai rinunciato, fin qui, a fare udire la tua.


La società italiana è migliorata perché decine di migliaia di persone come te, e come me, hanno compiuto decine di migliaia di volte questo piccolo gesto, apparentemente insignificante, ma alla lunga essenziale.

Nessuna goccia è un lago. Ma il lago non è altro che un insieme di gocce.
Con il tempo e la perseveranza, il coraggio e l'onestà, anche noi riusciremo ad avere il fresco e verdeggiante lago che sogniamo, al posto del deserto che abbiamo oggi.

Ciao e mille auguri.

G. Dall'Orto

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