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Edward Thompson, Oi Paz, Editori Riuniti, Roma 1991 [1988].
 
Copertina di ''Oi Paz'' di Richard Thompson

[Fantascienza]

Recensione di Giovanni Dall'Orto


Una riproposizione di Micromégas, ma in chiave contemporanea

A voler essere pignoli questo non è un romanzo di fantascienza (e ciò risponde alla domanda sul perché sia ingiustamente sconosciuto agli appassionati del genere SF -- assieme al fatto d'essere ormai quasi introvabile anche sul mercato dell'usato).
 
L'interesse per la "scienza" da parte dell'autore non è decisamente prorompente, tanto che la "spiegazione" del viaggio dell'alieno Oi Paz verso la Terra è un minestrone di concetti pasticciati e incoerenti. Senza nominare l'idiozia di presentare rapporti sessuali fecondi tra una razza aliena e la razza umana, cosa che la fantascienza non ammette più dagli anni Quaranta.

Il romanzo è semmai più vicino all'invenzione narrativa del Micromega di Voltaire: un "racconto filosofico" in cui la critica alla nostra società è espressa, con umorismo molto inglese, attraverso gli occhi stralunati d'un essere d'un altro mondo, che vede e giudica "dall'esterno" gli umani la loro demenziale società e i loro incomprensibili gesti. Di solito fraintendendoli.

A tratti questo scritto ricorda pure l'esilarante descrizione etnografica della società europea studiata da un antropologo della Papuasia, che diversi decenni fa Umberto Eco incluse del suo Diario minimo.
E la descrizione della società da cui proviene il viaggiatore alieno ricorda molto da vicino quella di Laputa e dei suoi scienziati matti nei Viaggi di Gulliver.

Oi Paz non è però il saggio filosofo, proveniente da Sirio, che Voltaire aveva immaginato. È più vicino agli occidentali nel loro approccio al resto del mondo durante il periodo coloniale. Presuntuoso, convinto di possedere la sola civiltà dell'universo, Oi Paz era alla ricerca d'un nuovo pianeta per trasferirvi la popolazione del morente e sempre più gelido pianeta natio.
Non nutre il minimo dubbio sul fatto che la popolazione indigena della Terra (che chiama "i mortali", dato che la definizione di "esseri umani" la riserva esclusivamente alla propria razza) andrà sterminata per far spazio, conservandone al massimo qualche esemplare in qualche riserva. O come servitore ammaestrato.
Né, oltre tutto, questa certezza se la tiene per sé: gli pare una cosa tanto logica che ne parla apertamente coi diretti interessati.

Il problema per Oi Paz è che viene scambiato per un uomo di spettacolo, e mandato in tv, dove le sue farneticazioni e minacce e profezie di sterminio vengono scambiate per un riuscitissimo show alla Vittorio Sgarbi. Di cui tutti lodano la convinzione che ci mette l'attore.
Fino al giorno in cui l'esercito ritrova la navetta con cui Oi Paz è atterrato, e abbatte la seconda navetta con cui i suoi compagni erano venuti a cercarlo.

Da quel momento tutto cambia. Oi Paz è rinchiuso in un centro di ricerche militari, e diventa una cavia sotto costante osservazione.

Finalmente qualcuno gli crede, e finalmente ora lo si ascolta. Però a questo punto succede che...


Thompson non è un romanziere abilissimo (in effetti, è stato un grande storico). Le descrizioni della società aliena da cui Oi Paz proviene sembrano relazioni accademiche (e in effetti, sono esattamente presentate come tali anche nel romanzo).
Inizialmente divertenti per il loro tono stralunato, a causa della loro eccessiva frequenza e lunghezza queste descrizioni finiscono per diventare cesure troppo lunghe e dettagliate, che tolgono ritmo e fluidità alla narrazione.
Un taglio di cento pagine avrebbe decisamente giovato a questo mattone di oltre mezzo migliaio di facciate.

Grazie alle proprie capacità affabulatorie Jonathan Swift riuscì a rendere la sua satira politico-filosofica attraente anche per il grande pubblico, tanto da farla sopravvivere fino ad oggi, sia pure come fabula per bambini.
A Thompson questa capacità manca, o per meglio dire, pur possedendola, la mortifica lasciandosi andare troppo al frigido gioco intellettuale d'immaginare in tutti i dettagli la "società perfetta" (nel senso che proclama d'essere tale), che altro non è se non un incubo totalitario alla Brave new world (un'altra delle probabili fonti d'ispirazione di questo romanzo), guidato da ottuse Intelligenze Artificiali.
Così come la progressiva estinzione (per eccesso di manipolazioni eugenetiche) della razza degli alieni di Oitar, anche il fallimento della loro missione colonizzatrice sulla Terra è causata dalla quantità masochistica di blocchi e censure imposte su tutto quanto non fosse razionale e ordinato. Al punto da finire per rendere incomprensibile la realtà.
Viceversa, quanto manda in rovina gli umani è la loro visceralità isterica, capace di offuscare la razionalità. Massimamente in coloro che sono al potere (politici e militari, descritti in termini sarcastici) e che sono disposti a distruggere tutto pur di non mettere in discussione i loro dogmi politici e i loro fanatismi.

Questo pessimismo di fondo è un ultimo aspetto che distanzia Thompson dal filone principale della tradizione fantascientifica.

Alla fine di questo romanzo rimarrà solo un seme di speranza e rinascita, un ibrido delle due razze, ma della sua sorte il lettore non potrà essere certo, perché il finale di Thompson è deliberatamente ambiguo e confuso, così da non permettere una cognizione chiara degli esiti successivi.


P.S. L'inglese billion si traduce con "miliardo", non "bilione".
Un choirboy è un "chierichetto", non un "ragazzo del coro" (p. 216).
Se si viene  diminished da qualcuno, ci si sente "sminuiti", non "diminuiti" (p. 220).
Si si arriva at the edge di qualcosa, si è "al limite" e non "sull'orlo di qualcosa" (p. 221).
Un contractor dell'esercito è un "appaltatore", non un "contraente" (p. 226).
Un non-starter è "un candidato privo di speranze di vittoria", un "caso disperato" o magari un "vicolo cieco", mai però un "non-partente", termine inesistente in italiano (p. 360).
Un progetto pending è "sospeso", non certo "in pendenza" (p. 444).
Se i lavoratori-schiavi sono assumed al punto che nessuno si cura di loro, essi sono semplicemente "dati per scontati", e non certo "assunti" (p. 460).
Una cellula non è in italiano una "piccola cella", la quale è semmai una "celletta" (p. 462).

Devo proseguire?
La traduzione di questo libro a volte è talmente (e comicamente) assurda da obbligare a ritradurre in inglese il testo per capire cosa cavolo voglia dire: certe frasi sono talmente sballate da essere semplicemente incomprensibili.
Non si possono strangolare i traduttori dando loro troppi pochi soldi e troppo poco tempo, senza poi trovarsi di fronte a risultati di questo tipo...


 
 
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