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Giacomo Etna (1895-1963)

Gaicomo Etna nel 1960
Giacomo Etna nel 1960. (Fonte).

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Da: Rosa Corvaia [1933][1].

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Un pomeriggio di ottobre, von Gloeden, già vecchio e la testa piena di ricordi, sedeva nel giardinetto della sua casa a conversare con alcuni suoi ospiti: un giovane capitano coloniale in licenza e due coniugi olandesi venuti a riposarsi a Taormina, dove i crisantemi già fiorivano coi gelsomini arrampicati ai muri. Mentre i cieli altrove si ottenebravano, qui, dopo i primi violenti acquazzoni, l'aria si era fatta dolce e la luce vestiva di colori più freschi le cose.

— Come
mai domandava von Gloeden ai suoi vecchi amici olandesi — vi siete decisi a venir quaggiù prima del solito?

— Si annunziava un tempo rigidissimo che ci ha fatti scappare.

(...)



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(...)
— Il tè è pronto — venne ad annunziare il contadino, che Gloeden adoperava come cameriere, giardiniere e aiutante.

La prima a muoversi fu la signora olandese e gli altri la seguirono come se tutti /p. 16/ desiderassero il tepore del salottino imbottito di tappeti e di arazzi. Si sdraiarono sui bassi divani di cuoio che correvano lungo le pareti e fra i cuscini a colori vivaci.

Le tazze furono riempite e vuotate parecchie volte e per qualche tempo non si udì che il tintinnio dei cucchiai sul vassoio e qualche parola di complimento alla bontà della bevanda preparata dal barone.

— Nemmeno al San Domenico, — osservò la rosea e placida signora Krass, forbendosi le labbra col minuscolo tovagliuolo — fanno un tè così buono.

Gloeden sorrise, con soddisfazione. — Ho una formula segreta — disse con tono scherzoso — insegnatami da una principessa russa fucilata a Odessa dai bolscevichi.

— Sicché ora siete il solo a conoscerla.

— E la porterò con me nella tomba — aggiunse con falsa solennità il vecchio pittore che da cinquant'anni si era stabilito a Taormina e voleva morirvi guardando il mare Ionio dalla soglia del suo giardino.
(...)

Studio di Gloeden, 1910Questa è l'unica immagine certa che abbiamo dell'interno della casa di Gloeden. Rappresenta il "barone fotografo" mentre ritrae un modello nel suo studio. Fu pubblicata nel 1910 in un articolo biografico su di lui, sulla rivista "Varietas".
 

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Anch'io — continuò Gloeden dopo aver riempito di moscato siracusano i bicchierini dei suoi ospiti — mi trovavo al ballo mascherato. Nella speranza di scoprire chi fosse colei che portava quell'autentico costume settecentesco, avevo avvicinato la compagna infagottata in un vestito da paggio. (...)


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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.
Note 

[1] Il testo è stato scansito da: Giacomo Etna [pseud. di Vincenzo Musco], Rosa Corvaia, Studio editoriale moderno, Catania 1933.
Il romanzo, curiosamente, utilizza Gloeden (ormai morto) come personaggio che introduce, da narratore, la protagonista, Rosa Corvaia, parlando di lei con una coppia di amici olandesi invitati a bere il tè a casa sua.
Le ampie descrizioni della grande eruzione dell'Etna permettono di datare la vicenda al 1928/1929.

Il ruolo di Gloeden si esaurisce qui, perché dopo poche pagine il lettore dimentica chi sia l'"io" che racconta la storia, dato che il suo nome non appare più.
In compenso il testo contiene un paio di righe di descrizione dell'interno dell'abitazione di Gloeden.

Da notare come qui Gloeden sia definito "pittore", professione con cui volle essere conosciuto a Taormina, tanto che figura anche nel suo certificato di morte. Oggi sono conosciute solo due tele sicuramente sue, più una attribuita: è probabile che la gran parte della sua produzione sia stata distrutta nel bombardamento Alleato del 9 luglio 1943, che incendiò la sua casa.


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