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BENVENUTO CELLINI (1500-1571)

Benvenuto Celini in un'incisione secentesca
Benvenuto Celini in un'incisione secentesca
 
Da: La vita  [1557-1565] [1]
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Libro I, cap. XXXII

[Roma, circa 1520/21]

[Pentesilea si vendica "rubando" al Cellini un ragazzo, Luigi Pulci, "amico" anche di Michelangelo, e poi "marchetta" del cardinale Girolamo Balbi].

Se bene io mi discosterò alquanto dalla mia professione, volendo narrare alcuni fastidiosi accidenti intervenuti in questa mia travagliata vita; e perché avendo narrato per l'adrieto di quella virtuosa compagnia e delle piacevolezze accadute per conto di quella donna che io dissi, Pantassilea; la quale mi portava quel falso e fastidioso amore; e isdegnata grandissimamente meco per conto di quella piacevolezza, dove era intervenuto a quella cena Diego spagnuolo di già ditto, lei avendo giurato vendicarsi meco, nacque una occasione, che io descriverò, dove corse la vita mia a ripentaglio grandissimo.

E questo fu che, venendo a Roma un giovanetto chiamato Luigi Pulci, figliuolo di uno de' Pulci al quale fu mozzato il capo per avere usato [avuto rapporti sessuali] con la figliuola [2]; questo ditto giovane aveva maravigliosissimo ingegno poetico e cognizione di buone lettere latine; iscriveva bene; era di grazia e di forma oltramodo bello.

Erasi partito da non so che vescovo, ed era tutto pieno di mal franzese [sifilide]. E perché, quando questo giovane era in Firenze, la notte di state [d'estate] in alcuni luoghi della città si faceva radotti innelle proprie strade [raduni nelle strade], dove questo giovane in fra i migliori si trovava a cantare allo inproviso [improvvisando]; era tanto bello udire il suo, che il divino Michelagnolo Buonaroti, eccellentissimo scultore e pittore, sempre che sapeva dov'egli era, con grandissimo desiderio e piacere lo andava a udire; e un certo, chiamato il Piloto, valentissimo uomo, orefice, e io gli facevomo campagnia.

In questo modo accadde la cognizione [conoscenza] infra Luigi Pulci e me; dove, passato di molti anni, in quel modo mal condotto [ridotto male] mi si scoperse a Roma, pregandomi che io lo dovessi per l'amor de Dio aiutare.

Mossomi a compassione per le gran virtù sua, per amor della patria, e per essere il proprio della natura mia [perché io sono compassionevole di natura], lo presi in casa e lo feci medicare in modo, che per essere a quel modo giovane, presto si ridusse [ritornò] alla sanità.

Cellini, Satiro nudo, 1542 circa.In mentre che costui procacciava per essa sanità [era convalescente], continuamente studiava, e io lo avevo aiutato provveder di [procurarsi] molti libri sicondo la mia possibilità; in modo che, cognosciuto questo Luigi il gran benifizio ricevuto da me, più volte con parole e con lacrime mi ringraziava, dicendomi che se Idio li mettessi mai inanzi qualche ventura, mi renderebbe il guidardone [la ricompensa] di tal benifizio fattoli. Al quale io dissi, che io non avevo fatto allui quello che io arei voluto, ma sì bene quel che io potevo, e che il dovere delle creature umane si era sovvenire [aiutare] l'una l'altra; solo gli ricordavo che questo benifizio, che io gli avevo fatto, lo rendessi a un altro che avessi bisogno di lui, sì bene come lui ebbe bisogno di me; e che mi volessi bene da amico, e per tale mi tenessi.

Cominciò questo giovane a praticare [frequentare] la Corte di Roma, nella quale presto trovò ricapito, e acconciossi con [si mise a servizio di] un vescovo, uomo di ottanta anni, ed era chiamato il vescovo Gurgensis [Girolamo Balbi, NdR]. Questo vescovo aveva un nipote, che si domandava [chiamava] misser Giovanni: era gentiluomo [nobiluomo] veniziano.

Questo ditto misser Giovanni dimostrava grandemente d'essere innamorato delle virtù di questo Luigi Pulci, e sotto nome di queste sue virtù se l'aveva fatto tanto domestico [intimo amico], come se fussi lui stesso.

Avendo il detto Luigi ragionato di me e del grande obrigo [obbligo] che lui mi aveva, con questo misser Giovanni, causò che 'l detto misser Giovanni mi volse [volle] conoscere. Nella qual cosa accadde, che avendo io una sera infra l'altre fatto un po' di pasto [preparato da mangiare] a quella già ditta Pantassilea, alla qual cena io avevo convitato molti virtuosi amici mia, sopragiuntoci a punto ne l'andare a tavola il ditto misser Giovanni con il ditto Luigi Pulci, apresso [dopo] alcuna cirimonia fatta, restorno a cenare con esso noi.

Veduto questa isfacciata meritrice il bel giovine, subito gli fece disegno [gli mise gli occhi] addosso; per la qual cosa, finito che fu la piacevole cena, io chiamai da canto il detto Luigi Pulci, dicendogli, per quanto obrigo lui s'era vantato di avermi, non cercassi in modo alcuno la pratica [la compagnia] di quella meretrice. Alle qual parole lui mi disse: - Oimè, Benvenuto mio, voi mi avete dunque per uno insensato? - Al quale io dissi: - Non per insensato, ma per giovine; e per Dio gli giurai che di lei io non ho un pensiero al mondo [non m'importa nulla], ma di voi mi dorrebbe bene, che per lei voi rompessi il collo -.

Alle qual parole lui giurò che pregava Idio che, se mai e' le parlassi, subito rompesse il collo. Dovette questo povero giovane fare tal giuro [questo giuramento] a Dio con tutto il cuore, perché e' roppe [si ruppe] il collo, come qui appresso si dirà.

Il detto misser Giovanni si scoprì seco [rivelò di nutrire] d'amore sporco e non virtuoso; perché si vedeva ogni giorno mutare veste di velluto e di seta al ditto giovane, e si cognosceva [capiva] ch'e' s'era dato in tutto alla scelleratezza e aveva dato bando alle sue belle mirabili virtù, e faceva vista [finta] di non mi vedere e di non mi cognoscere, perché io lo avevo ripreso [rimproverato], dicendogli che s'era dato in preda a brutti vizii i quali gli arien [avrebbero] fatto rompere il collo come disse.




Libro I, cap. XXXIII

[Benvenuto, coltello alla mano, fa una scenata di gelosia… a Pentesilea per avergli portato via  Luigi Pulci, e poi sconfigge da solo - dichiara - dodici poliziotti armati che li volevano proteggere i due amanti!]

Gli aveva quel suo misser Giovanni compro [comprato] un cavallo morello bellissimo, in el quale aveva speso centocinquanta scudi.

Questo cavallo si maneggiava mirabilissimamente, in modo che questo Luigi andava ogni giorno a saltabeccar con questo cavallo intorno a questa meretrice Pantassilea.

Io, avedutomi di tal cosa, non me ne curai punto, dicendo che ogni cosa faceva secondo la natura sua; e mi attendevo a' mia studi.

Accadde una domenica sera, che noi fummo invitati da quello scultore Michelagnolo sanese a cena seco; ed era di state.

A questa cena ci era il Bachiacca già ditto, e con esso aveva [portato] quella ditta Pantassilea, sua prima pratica [amante]. Così essendo a tavola a cena, lei era a sedere in mezzo fra me e il Bachiacca ditto: in su il più bello della cena lei si levò da tavola, dicendo che voleva andare a alcune sue commodità [bisogni], perché si sentiva dolor di corpo, e che tornerebbe subito.

In mentre che noi piacevolissimamente ragionavàno e cenavamo, costei era soprastata [stata via] alquanto più che il dovere [del necessario]. Accadde che, stando in orecchi [con le orecchie tese], mi parve sentire isghignazzare così sommissamente nella strada. Io teneva un coltello in mano, il quale io adoperavo in mio servizio a tavola. Era la finestra tanto appresso alla tavola, che sollevatomi alquanto, viddi nella strada quel ditto Luigi Pulci insieme con la ditta Pantassilea, e senti' di loro Luigi che disse: - Oh se quel diavolo di Benvenuto ci vedessi, guai a noi! - E lei disse: - Non abiate paura; sentite che romore e' fanno: pensano a ogni altra cosa che a noi -.

Cellini, ''Andromeda''. Dalla base del ''Perseo''. [Foto G. Dall'Orto]Alle qual parole io, che gli avevo conosciuti [riconosciuti], mi gittai da terra la finestra [mi getti a terra dalla finestra], e presi Luigi per la cappa e col coltello che io avevo in mano certo lo ammazzavo; ma perché gli era in sun un cavalletto bianco, al quale lui dette di sprone, lasciandomi la cappa in mano per campar [salvarsi] la vita.

La Pantassilea si cacciò a fuggire in una chiesa quivi vicina.

Quelli che erano a tavola, subito levatisi, tutti vennono [vennero] alla volta mia, pregandomi che io non volessi disturbate né me né loro a causa di una puttana; ai quali io dissi, che per lei io non mi sarei mosso, ma sì bene per quello scellerato giovine, il quale dimostrava di stimarmi sì poco: e così non mi lasciai piegare da nessuna di quelle parole di quei virtuosi uomini da bene; anzi presi la mia spada e da me solo me ne andai in Prati; perché la casa dove noi cenavamo era vicina alla porta di Castello, che andava in Prati.

Così andando alla volta di Prati, non istetti molto che, tramontato il sole, a lento passo me ne ritornai in Roma. Era già fatto notte e buio, e le porte di Roma non si serravano [3]. Avvicinatosi a dua ore, passai da casa di quella Pantassilea, con animo, che, essendovi quel Luigi Pulci, di fare dispiacere a l'uno e l'altro.

Veduto e sentito che altri non era in casa che una servaccia chiamata la Canida, andai a posare la cappa e il fodero della spada, e così me ne venni alla ditta casa, la quali era drieto a Banchi in sul fiume del Tevero.

Al dirimpetto a questa casa si era un giardino di uno oste, che si domandava [chiamava] Romolo: questo giardino era chiuso da una folta siepe di marmerucole [marruche, arbusti spinosi da siepe], innella quale così ritto mi nascosi, aspettando che la ditta donna venissi a casa insieme con Luigi.

Alquanto soprastato [dopo avere atteso per un po'], capitò quivi quel mio amico detto il Bachiacca, il quale o sì veramente se l'era immaginato, o gli era stato detto.

Somissamente mi chiamò compare (che così ci chiamavamo per burla); e mi pregò per l'amor di Dio, dicendo queste parole quasi che piangendo: - Compar mio, io vi priego che voi non facciate dispiacere a quella poverina, perché lei non ha una colpa al mondo -. A il quale io dissi: - Se a questa prima parola voi non mi vi levate dinanzi, io vi darò di questa spada in sul capo -.

Spaventato questo mio povero compare, subito se li mosse il corpo, e poco discosto possette andare, che bisognò che gli ubbidissi [4].

Gli era uno stellato, che faceva un chiarore grandissimo: in un tratto io sento un romore di più cavagli [cavalli] e da l'un canto e dall'altro venivano inanzi: questi si erano il ditto Luigi e la ditta Pantassilea accompagnati da un certo misser Benvegnato perugino, cameriere [funzionario] di papa Clemente, e con loro avevano quattro valorosissimi capitani perugini, con altri bravissimi giovani soldati: erano in fra tutti più che dodici spade.

Quando io viddi questo, considerato che io non sapevo per qual via mi fuggire, m'attendevo a ficcare [cercavo di ficcarmi] in quella siepe; e perché quelle pungente marmerucole mi facevano male, e mi aissavo [aizzavano] come si fa il toro, quasi risolutomi [avevo quasi deciso] di fare un salto e fuggire; in questo, Luigi aveva il braccio al collo alla ditta Pantassilea, dicendo: - Io ti bacerò pure un tratto, al dispregio di quel traditore di Benvenuto -.

A questo, essendo molestato dalle ditte marmerucole e sforzato dalle ditte parole del giovine, saltato fuora, alzai la spada, e con gran voce dissi: - Tutti siate morti -.

In questo il colpo della spada cadde in su la spalla al detto Luigi: e perché questo povero giovine que' satiracci l'avevano tutto inferrucciato di giachi [corsetti di ferro] e d'altre cose tali, il colpo fu grandissimo; e voltasi la spada, dette in sul naso e in su la bocca alla ditta Pantassilea.

Caduti tutti a dua in terra, il Bachiacca con le calze [calzoni] a mezza gamba gridava e fuggiva.

Vòltomi agli altri arditamente con la spada, quelli valorosi uomini, per sentire [al sentire] un gran romore che aveva mosso l'osteria, pensando che quivi fossi l'esercito di cento persone, se bene valorosamente avevano [nonostante avessero] messo mano alle spade, due cavalletti [cavalli] infra gli altri ispaventati gli missono in tanto disordine [li misero in tale scompiglio], che gittando dua di quei migliori sottosopra, gli altri si missono in fuga: e io veduto uscirne a bene, con velocissimo corso [fuga] e onore usci' di tale impresa, non volendo tentare più la fortuna che il dovere.

(...)

[Successivametne Benvenuto riesce a far pace con il comandante dei poliziotti, comprensibilmente infuriato].

In questo mentre guarito il ditto Luigi Pulci, ogni giorno era in quel suo cavallo morello, che tanto bene si maneggiava.

Un giorno in fra gli altri, essendo piovegginato, e lui atteggiava [faceva volteggiare] il cavallo a punto in su la porta di Pantassilea, isdrucciolando cadde, e il cavallo addòssogli; rottosi la gamba dritta in tronco, in casa la ditta Pantassilea ivi a pochi giorni morì, e adempié il giuro [realizzò il giuramento] che di cuore lui a Dio aveva fatto.

Così si vede che Idio tien conto de' buoni e de' tristi, e a ciascun dà il suo merito.

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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina.
Note

[1].Benvenuto Cellini, La vita scritta (per lui medesimo) in Firenze.
Il testo è quello messo online dal Progetto Manuzio, che si basa su: La Vita di Benvenuto Cellini, Einaudi, Torino 1973.
Per scaricarlo in formato .zip fare clic qui.

Il testo è disponibile anche, in formato .html, sul sito De bibliotheca.

-.Ne esistono numerose edizioni a stampa, anche economiche.

[2]-Di lui si solo che era nipote (figlio del figlio) del Luigi Pulci autore del Morgante.

[3] "Roma, a differenza delle altre città, non chiudeva di notte le porte delle mura per difesa".

[4]."Se la fece addosso, e siccome la fece lì vicino, a questo punto non ebbi altra scelta che obbedirgli".
 
 










































Cellini, il Perseo. [Foto G. Dall'Orto]


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