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BENVENUTO CELLINI (1500-1571)
 
Benvenuto Celini

Da: La vita  [1557-1565] [1]
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Libro II, capitolo LXI.

[Firenze, 1546]

[Cellini ha così descritto [II LVII] un suo garzone e modello, Vincenzo o Cencio: "Ero solo con certi fattoruzzi [garzoni], in fra i quali ce ne era uno molto bello: questo si era figliuolo di una meretrice chiamata la Gambetta. Servivomi di questo fanciullo per ritrarlo, perché noi non abbiamo altri libri che ci insegnin l'arte altro che il naturale".

Evidentemente con Cencio Cellini aveva studiato anche anatomia maschile, e Gambetta pensò di trarne profitto, chiedendogli o di mantenere il figlio, o di darle soldi. Cellini la caccia insultandola…]

(...)
 
 
Torso del Mercurio alla base del ''Perseo''. [Foto G. Dall'Orto].
Dettaglio del "Mercurio" alla base del 'Perseo'. Si dice che per modello Cellini abbia preso quel Bernardino Mamellini,  "villanello" diciottenne che gli curava... l'orto. [Foto G. Dall'Orto ].
E perché sua Eccellenzia [il Duca] parlava continuamente e con grandissimo favore delle mie saccenterie, il suo maiordomo, che continuamente cercava di qualche lacciuolo per farmi rompere il collo, e perché gli aveva l'autorità di comandare a' bargelli [ufficiali di polizia] e a tutti gli uffizi della povera isventurata città di Firenze, che un pratese, nimico nostro, figliuol d'un bottaio, ignorantissimo, per essere stato pedante fradicio di Cosimo de' Medici innanzi che fussi duca, fussi venuto in tanta grande autorità, sì come ho detto, stando vigilante quanto egli poteva per farmi male, veduto che per verso nessuno lui non mi poteva appiccare ferro addosso, pensò un modo di far qualcosa.

E andato a trovare la madre di quel mio fattorino, che aveva nome Cencio, e lei la Gambetta, dettono uno ordine [si misero d'accordo], quel briccon pedante e quella furfante puttana, di farmi uno spavento, acciò che per quello, io mi fussi andato con Dio.

La Gambetta, tirando all'arte sua [agendo secondo la sua arte, da puttana], uscì, di commessione di quel pazzo ribaldo pedante maiordomo: e perché gli avevano ancora indettato il bargello, il quale era un certo bolognese, che per far di queste cose il Duca lo cacciò poi via; venendo un sabato sera, alle tre ore di notte mi venne a trovare la ditta Gambetta con il suo figliuolo, e mi disse che ella l'aveva tenuto parecchi dì rinchiuso per la salute mia.

Alla quale io risposi che per mio conto lei non lo tenessi rinchiuso: e ridendomi della sua puttanesca arte, mi volsi al figliuolo in sua presenza e gli dissi: - Tu lo sai, Cencio, se io ho peccato teco - il qual piagnendo disse che no.

Allora la madre, scotendo il capo, disse al figliuolo: - Ahi ribaldello, forse che io non so come si fa? - poi si volse a me, dicendomi che io lo tenessi nascosto in casa, perché il bargello ne cercava, e che l'arebbe preso ad ogni modo fuor di casa mia; ma che in casa mia non l'arebbon tocco [toccato].

A questo io le dissi che in casa mia io aveva la sorella vedova con sei sante figlioline, e che io non volevo, in casa mia, persona.

Allora lei disse che 'l maiordomo aveva dato le commessione [gli ordini] al bargello e che io sarei preso a ogni modo; ma poiché io non volevo pigliare il figliuolo in casa, se io le davo cento scudi potevo non dubitar più di nulla, perché essendo il maiordomo tanto grandissimo suo amico, io potevo star sicuro che lei gli arebbe fatto fare tutto quel che allei piaceva, purché io le dessi li cento scudi.

Io ero venuto in tanto furore, col quale io le dissi: - Levamiti d'innanzi, vituperosa puttana, che se non fussi per onor di mondo e per la innocenzia di quello infelice figliuolo che tu hai quivi, io ti arei di già iscannata con questo pugnaletto, che dua o tre volte ci ho messo su le mane -.

E con queste parole, con molte villane urtate, lei e 'l figliuolo pinsi [spinsi] fuor di casa.


Nella testa di Medusa del Perseo è stato proposto di riconoscere un ritratto di Cencio.

La testa di Medusa del Perseo è, si dice, un ritratto di Cencio.

Libro II, capitolo LXII.

[… ma il giorno dopo fugge a Venezia a gambe levate, e torna solo dopo essersi assicurato che il Granduca non intenda farlo processare].

Considerato poi da me la ribalderia e possanza di quel mal pedante, giudicai che il mio meglio fussi di dare un poco di luogo a quella diavoleria, e la mattina di buon'ora, consegnato alla mia sorella gioie e cose per vicino a dumila scudi, montai a cavallo e me ne andai alla volta di Vinezia, e menai meco quel mio Bernardino di Mugello [2].

E giunto che io fui a Ferrara, io scrissi alla Eccellenzia del Duca che se bene io me n'ero ito sanza esserne mandato, io ritornerei sanza esser chiamato.

Di poi, giunto a Vinezia, considerato con quanti diversi modi la mia crudel fortuna mi straziava, niente di manco trovandomi sano e gagliardo mi risolsi di schermigliar con essa al mio solito.

E in mentre andavo così pensando a' fatti miei, passandomi tempo per quella bella e ricchissima città, avendo salutato quel maraviglioso Tiziano pittore e Iacopo del Sansovino, valente scultore e architetto nostro fiorentino molto ben trattenuto dalla Signoria di Venezia, e per esserci conosciuti nella giovanezza in Roma e in Firenze come nostro fiorentino, questi duoi virtuosi mi feciono molte carezze.

L'altro giorno a presso io mi scontrai in messer Lorenzo de' Medici [3],il quale subito mi prese per mano con la maggior raccoglienzia che si possa veder al mondo, perché ci eràmo cognosciuti in Firenze quando io facevo le monete al duca Lessandro, e di poi in Parigi, quando io ero al servizio del Re.

Egli si tratteneva in casa di messer Giuliano Buonacorsi, e per non aver dove andarsi a passar tempo altrove sanza grandissimo suo pericolo, egli si stava più del tempo in casa mia, vedendomi lavorare quelle grand'opere.

E sì come io dico, per questa passata conoscenzia, egli mi prese per mano e menòmi a casa sua, dov'era il signor Priore delli Strozzi, fratello del signor Pietro, e rallegrandosi, mi domandorno quanto io volevo soprastare [trattenermi a] in Venezia, credendosi che io me ne volessi ritornare in Francia.

A' quali Signori io dissi che io mi ero partito di Fiorenze per una tale occasione sopra detta, e che fra dua o tre giorni io mi volevo ritornare a Fiorenze a servire il mio gran Duca.

Quando io dissi queste parole, il signor Priore e messer Lorenzo mi si volsono con tanta rigidità, che io ebbi paura grandissima, e mi dissono: - Tu faresti il meglio a tornartene in Francia, dove tu sei ricco e conosciuto; che se tu torni a Firenze, tu perderai tutto quello che avevi guadagnato in Francia, e di Firenze non trarrai altro che dispiaceri -.

Io non risposi alle parole loro, e partitomi l'altro giorno più secretamente che io possetti, me ne tornai alla volta di Fiorenze, e intanto era maturato le diavolerie, perché io avevo scritto al mio gran Duca tutta l'occasione [la ragione] che mi aveva traportato a Venezia.

E con la sua solita prudenzia e severità, io lo visitai senza alcuna cerimonia; stato alquanto con la detta severità, di poi piacevolmente mi si volse e mi domandò dove io ero stato.

Al quale io risposi che il cuor mio mai non si era scostato un dito da Sua Eccellenzia illustrissima, se bene per qualche giuste occasioni e' mi era stato di necessità di menare un poco il mio corpo a zonzo.

Allora faccendosi più piacevole, mi cominciò a domandar di Vinezia e così ragionammo un pezzo; poi ultimamente mi disse che io attendessi a lavorare e che io gli finissi il suo Perseo.

Così mi tornai a casa lieto e allegro, e rallegrai la mia famiglia, cioè la mia sorella con le sue sei figliuole, e ripreso l'opere mie, con quanta sollecitudine io potevo le tiravo innanzi.

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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina.
Note

[1] Benvenuto Cellini, La vita scritta (per lui medesimo) in Firenze.
Il testo è quello messo online dal Progetto Manuzio, che si basa su: La Vita di Benvenuto Cellini, Einaudi, Torino 1973.
Per scaricarlo in formato .zip fare clic qui.

Il testo è disponibile anche, in formato .html, sul sito De bibliotheca.

-.Ne esistono numerose edizioni a stampa, anche economiche.

[2]-Bernardino Mannellini del Mugello, intraprendente contadinello diciottenne promosso per i suoi meriti ad apprendista, servitore... nonché modello di nudo per il Perseo.

[3].Non si tratta ovviamente di Lorenzo il Magnifico ma di Lorenzino de' Medici, in esilio per avere ucciso il cugino Alessandro de' Medici, raggiunto infine dai sicari di Cosimo de' Medici nel 1548.
 
 























































































Bassorilievo dalla base del Perseo per cui potrebbero aver posato Cencio, o Bernardino Mannellini. [Foto G. Dall'Orto]. 

 
Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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