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LA "TOLLERANZA REPRESSIVA" DELL'OMOSESSUALITÀ.

Quando un atteggiamento legale diviene tradizione.

Sezione 9-10 di 13
 
di: Giovanni Dall'Orto

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9. Tradizione o "continuismo"?

Fra l'Italia umbertina, quella fascista e quella democristiana non esiste insomma soluzione di continuità: cambiano i regimi ma non la condizione legale dell'omosessualità, che continua a non essere penalmente perseguibile.

Analogamente, esiste una continuità fra la Germania imperiale, la Repubblica democratica di Weimar, il Terzo Reich nazista e la Repubblica federale tedesca (almeno fino alla parziale abrogazione nel 1969 del paragrafo 175): oltralpe l'omosessualità fu sempre reato. Ed fino agli anni Novanta inoltrati la Germania s'è rifiutata di indennizzare gli omosessuali sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti, considerando "legittimo" il loro internamento!

I sociologi in questi casi parlano di "viscosità" delle istituzioni. E credo che questo sia un eccellente esempio di "viscosità", cioè di conservatorismo e "continuismo". Un continuismo che giunge fino ai giorni nostri.


10. Tentativi di introduzione di leggi antiomosessuali nel codice penale italiano

Nel dopoguerra in Italia è stata per ovvie ragioni la Democrazia Cristiana il partito che ha garantito il mantenimento di questa tradizione. 
La conseguenza più anomala di questa sua "eredità" è che per quarant'anni è stato proprio questo partito il principale baluardo contro l'inserimento nel nostro codice penale di un articolo contro l'omosessualità.

Quando gli Usa divennero i dominatori del mondo occidentale, i loro principii penali assursero improvvisamente a "modelli" da seguire, e non mancò chi ritenne necessario "adeguarsi" al livello di "civiltà" d'Oltreatlantico adottando anche nei Paesi europei leggi contro gli omosessuali.

A tre riprese in Italia (nel 1960, 1961 e 1963) si tentò di far discutere un progetto di legge antiomosessuale: due volte per iniziativa del Movimento sociale, ed una di Bruno Romano, deputato del Psdi [26].

Ebbene, nessuna delle tre proposte fu mai messa all'ordine del giorno, e tutte e tre decaddero col decadere della legislatura senza essere mai state discusse. Nei documenti dell'epoca ho letto che il "sabotaggio" fu "promosso" dalla Democrazia Cristiana, che trovava inopportune le proposte.

Non ho i mezzi per verificare la fondatezza di questa "accusa"; in ogni caso tutto contribuisce a far pensare che non sia infondata. 
Non c'era ragione per cui il partito di maggioranza relativa avrebbe dovuto essere scontento della situazione esistente: data la sua matrice culturale gli era possibile agire in coordinamento con le istituzioni ecclesiastiche nella repressione dell' omosessualità, senza ricorrere a leggi
Una volta di più, né la Chiesa né la Dc volevano che si facesse troppo "chiasso" attorno all'argomento.

Oggi facciamo fatica a credere a qual punto arrivasse in Italia, negli anni Cinquanta e Sessanta, il regime inquisitoriale sulle questioni sessuali, e sull'omosessualità prima di tutto.

Gino Olivari, una figura che molti conosceranno, fu denunciato nel 1953 per aver scritto un articolo in cui parlava con simpatia di due collegiali, suicidatisi dopo che il loro amore era stato scoperto e "messo in piazza". 
Fu accusato (dai cattolici) di "apologia" e di "oscenità", e dovette affrontare un processo (in cui fu assolto).

padre Agostino GemelliL'editore di "Scienza e sessualità", il primo mensile italiano che si occupò timidamente di sessualità, se la dovette vedere con le squadracce di padre Gemelli(il fondatore dell'Università Cattolica) che giravano per Milano a minacciare gli edicolanti che vendevano la sua rivista. 
Ci fu anche, per questo fatto, una denuncia contro Gemelli, ma "ovviamente" il processo non ebbe mai luogo.

L'editore De Carlo, che pubblicava libri "piccanti" ma anche opere "serie" sulla sessualità, fu denunciato per "oscenità" contemporaneamente in tutte e 91 le province italiane d'allora, e non potendo affrontare 91 processi in un botto solo fu costretto a dichiarare fallimento[27].

Questa era l'Italia di quegli anni, l'Italia in cui l'onorevole (poi presidente della Repubblica) Scalfaro.schiaffeggiava pubblicamente (e impunemente) in un bar di Via Veneto una donna perché, a suo dire, aveva un scollatura eccessiva. 
A che pro allora introdurre "scandalose" leggi antiomosessuali, quando anche senza di esse la situazione era perfetta mente sotto controllo?

Per dare un'idea più precisa di queste tentativo fallito, ecco due brevi stralci dalle proposte di legge in questione.

Nella proposta dell'Msi si dice ad esempio che 
 

"non v'ha dubbio che la situazione morale dei nuclei familiari deve proteggersi e che tale finalità non può raggiungersi se non con una legge dello Stato. 
Esiste oggi in Italia una vera e propria letteratura del vizio; teorici di questa moderna degenerazione hanno avuto financo la temerarietà e l'audacia di elevare il vizio ad arte, sollecitando una vera e propria organizzazione con adesioni concettuali e filosofiche e per ciò stesso determinando il pericolo che siffatte perversioni non rappresentino soltanto una sia pur degenerata ansia di sensi, ma una direzione psicologica e spirituale verso traguardi di chiara involuzione morale[28].

L'articolo di legge dell'Msi così recita:
 

 "Chiunque ha rapporti sessuali con persona dello stesso sesso è punito con la pena della reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire 10.000 a lire 100.000. Se dal fatto deriva pubblico scandalo la pena è aumentata. 
Se tra persone che hanno rapporti sessuali con persone dello stesso sesso vi siano uno o più minori di anni 18, la pena sarà aumentata nei confronti del maggiore e dei maggiorenni[29].

Per quel che riguarda Bruno Romano la sua proposta di legge è assolutamente delirante: egli chiede infatti:
 

"chiunque ha rapporti sessuali, o commette atti idonei al raggiungimento di una finalità sessuale con persona dello stesso sesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni, e con la multa da lire 50.000 a lire 500.000[30],

(art. 1) salvo il caso in cui uno dei partner abbia meno di 17 anni, nel qual caso la reclusione va da cinque a dieci anni! (art. 2).

Honoré Daumier - Scena di tribunale

Ma la parte davvero pazzesca è l'art. 4 della proposta, che così recita:
 

"Chiunque, a mezzo della stampa, della radio televisione, del teatro, del cinema, di convegni o riunioni dovunque tenuti e di ogni altro sistema di propaganda e diffusione, si renda promotore, organizzatore ed esecutore di azioni e manifestazioni che abbiano come finalità l'apologia della condotta omosessuale è punito con la reclusione da cinque a dieci anni[31].

Siamo di fronte all'introduzione di un vero e proprio reato d'opinione! Non solo: poiché nello spirito di allora qualsiasi difesa dell'omosessualità era di per sé un'apologia, anche i promotori e relatori di questo convegno (compreso me) rischierebbero oggi, se la proposta di Romano fosse stata approvata, dai 5 ai 10 anni di carcere...

Le cose andarono poi come già sappiamo, e queste leggi non furono approvate. Eppure, colmo della raffinatezza, negli anni successivi proprio la mancanza di leggi antiomosessuali fu utilizzata come argomento polemico per sostenere la "insensatezza" della protesta del neonato movimento gay [32]

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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa scheda biografica, e chi gli segnalerà eventuali errori contenuti in questa pagina.
Note

[26] Si veda al proposito: 

Bruno Romano, Perché mi batto contro gli omosessuali, "ABC", 25 giugno 1961.

Maurizio Bellotti, Une proposition immonde, "Arcadie" n. 94, octobre 1961, pp. 509-513.

Sulla richiesta di criminalizzare il comportamento omosessuale si veda inoltre: Salvatore Messina, L'omosessualità nel diritto penale, "Ulisse", primavera 1953, pp. 671-677.

Per il testo delle leggi si veda: 
Atti parlamentari, Camera dei Deputati, disegno di legge n. 1920 (22 gennaio 1960), ripresentato senza variazioni come n. 759 (14 novembre 1963), e (la proposta di Bruno Romano), Ibidem, n. 2990 (29 aprile 1961).

[27] Si veda l'intervista concessa da Bernardino Del Boca in: Giovanni Dall'Orto (a cura di): La pagina strappata, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1987, pp. 79-99.

[28].Atti parlamentari, op. cit., n.1920 (22/1/1960), p.1.

[29].Ibidem, p. 3.

[30].Op. cit., n. 2990 (29/4/1961), p. 10.

[31].Ivi.

[32] "Questa della uguaglianza dei diritti - rispondono alla polizia - è una barzelletta perché da noi, almeno sul piano legale, è cosa fatta a differenza di altri Paesi (l'Inghilterra, la Germania e parecchi Stati americani). 
In Italia - proseguono alla polizia - il codice non si interessa dei rapporti tra adulti consenzienti". (Guido Cappato, Mi chiamo Mario, ho 13 anni, "ABC", 3 marzo 1972, p. 37.

Sui metodi repressivi usati dalla polizia nel dopoguerra si vedano le memorie del commissario Carmelo Camilleri, Polizia in azione, Ordine pubblico, Roma s.d. (ma 1958), pp. 37-40.


Originariamente edito in Arci gay nazionale (a cura di), Omosessuali e Stato, Cassero, Bologna 1988, pp. 37-57.
Ripubblicazione consentita previo permesso dell'autore: scrivere per accordi.

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