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Tribunale di Roma (1 aprile 1908)

dimensioni h 170 x largh 132
Progetto del Palazzo di Giustizia di Roma (1894)

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Processo di primo grado contro il fotografo Vincenzo Galdi  [1908][1].

IN NOME DI SUA MAESTÀ

VITTORIO EMANUELE III

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE

RE D'ITALIA

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L'anno mille novecento otto il giorno 1° / del mese di Aprile in Roma. / La 10a sezione del Tribunale civile e penale di Roma / composta dai signori: /

Noce Carlo Presidente

Masei Giovanni / Regina Aniello / Giudici

Con l'intervento del Pubblico Ministero rappresentato dal Procuratore del Re /

Mancinelli Gaetano /

e con l'assistenza del Vice-Cancelliere Corsetti Vincenzo /

in linea penale /

ha pronunziato la seguente /

SENTENZA

NELLA CAUSA AD ISTANZA DEL PUBBLICO MINISTERO

A carico di

Galdi Vincenzo, fu Vincenzo, di / anni 39, da Napoli, fotografo libero pres.<ente,> / imputato / del delitto di cui all'art. 339 cap. C.<odice> P.<enale> / per aver, in Roma, negli anni 1906 e 1907 / pubblicamente offeso il pudore con foto-/grafie oscene offerte in vendita per / scopo di lucro. 

[in margine, in verticale] La Corte con sentenza / 4 Luglio lo ha assoluto / per non provata reità[2].

/Folio 2/ Ritenuto che con rapporto in data 4 Luglio 1906 del / Comm.<issaria>to di P.<ubblica> S.<icurezza> di Castro-Pretorio veniva denuncia-/to Galdi Vincenzo narrandosi che egli, avendo studio / fotografico in via Sardegna n. 55, eseguiva fotogra-/fie oscene di persone di ambo i sessi, offrendole / poscia in vendita specialmente a stranieri / che frequentavano il Suo studio./

Che, iniziatosi procedimento penale, il Giudice / Istruttore, con sua ordinanza del 1° Novembre 1906, / sulla considerazione che non erano emersi sufficienti / elementi per ritenere che il Galdi offrisse in vendita / o vendesse fotografie oscene a chi glie ne facesse / richiesta conoscendo il suo commercio in tal gene-/re, dichiarava in conformità della richiesta del / P.<ubblic>° M.<inister>° non luogo a procedimento penale contro / esso Galdi per insufficienza d'indizi./

Che, riapertasi l'istruttoria contro il Galdi in / occasione di un altro procedimento penale / a carico di Pluschow Guglielmo, anche per reato / di lenocinio in danno di Marinelli Ernani, / con ordinanza in data 30 Settembre 1907 del / Giudice Istruttore, in conformità della richiesta del / P.° M.°, veniva il Galdi rinviato a giudizio / avanti il Tribunale per rispondere di oltraggio / al pudore ai sensi dell'art.<icol>° 339 cap. C. P. e dichia-/rato non farsi luogo a procedimento contro di lui / in ordine al reato di lenocinio per difetto di in-/dizi.

/Folio 3/ Attesoché dai risultamenti dell'orale dibattimento / è emersa luminosamente provata la responsabilità / dell'imputato in ordine all'ascrittogli reato. Il Galdi / non ha negato di avere sempre eseguito [aggiunto: e venduto] fotografie / di nudi maschili e femminili anche posteriormen/te al 1° Novembre 1906 (ciò che toglie ogni valore al / deposto[3] dei testimoni che hanno affermato non co<n>star / loro che il Galdi dopo quell'epoca avesse continuato / a vendere fotografie del genere di quelle prima seque/strate), ma ha dichiarato di aver ciò fatto sempre / a scopo esclusivamente artstico, e di aver venduto / tali fotografie dietro richiesta e mai in pubblico[4] / ad artisti<,> che se ne avvalevano per i loro studi; /

ha poi in dibattimento esibite numerose fotografie / del genere di quelle sequestrate. Ora va osservato / che ricorrono nella specie tutti gli estremi richie/sti dall'art.° 339 cap. C.P. per il delitto ivi contem-/plato, in quanto le fotografie in sequestro e quelle / stesse dal Galdi presentate debbano ritenersi assolu-/tamente oscene e tali da offendere il pubblico pu-/dore, esse venivano offerte in vendita a chiunque / ne faceva richiesta, ciò costituendo notoriamente / la principale occupazione del Galdi, e tale occupa-/zione era diretta a fine di lucro.

Di vero, innan-/zi tutto, si può affermare recisamente, ad onta delle / compiacenti dichiarazioni dei testimoni addotti / a discarico, che le fotografie del Galdi costituenti / il materiale del procedimento, non escluse quelle /Folio 4/ esibite in dibattimento, debbano ritenersi assolutamente / oscene e tali da offendere il pubblico pudore, infatti / tanto nei nudi maschili che in quelli femminili / <e> tanto nelle fotografie di singoli individui che <in> / quelli (sic) di gruppi dell'uno o dell'altro sesso, o di <am-/>bi insieme, si rileva sempre la rappresentazione / viva e sfrontata della sessualità eseguita in mo-/do da solleticare i sensi<,> [aggiunto: nonché] la cura costante e non / dissimulata di mettere in evidenza e rilievo gli / organi genitali delle singole figure in pose / ed atteggiamenti tali da stimolare gli appetiti / carnali.

È bensì vero che il nudo non è sempre / osceno e che esso ha dato campo a lavori artistici / d'inestimabile pregio, è vero pure che l'osceno / è un concetto relativo soggetto a modificazione / secondo la civiltà, le epoche e gli ambienti, è vero infine che la scienza e l'arte hanno i / loro diritti e le loro esigenze sì da non soffrire / limiti e controlli[5], ma è vero altresì che ciò non / può essere sostenuto in proprio favore dal Galdi, / il quale nelle sue fotografie ha cercato sempre / che risaltassero in modo speciale gli organi sessuali / delle figure<,> in modo da richiamare subito alla / mente dell'osservatore i fenomeni della vita sessuale<,> / il che esclude assolutamente il vantato scopo artistico / e di studio e dimostra il dolo<,> consistente nel preciso / /Folio 5/ intento di fare oltraggio al pudore ed al buon costume./


Vincenzo Galdi nel 1901
Vincenzo Galdi nel 1901 (da: Tommaso Dore, Galdi rivelato, Op. cit.).


D'altra parte [inserito in infralinea: secondo i comuni criteri che informano i nostri costumi] l'arte industriale esercitata dal Galdi, / che non può davvero invocare per i suoi lavori un / intento artistico capace di eliminare l'evidente / intenzione impudica, non ha i diritti dell'arte vera / e pura<,> alla quale va certamente lasciata una grande libertà di indagine e di scelta per raffigurare / i suoi soggetti nel modo più confaciente al suo / supremo intento<,> che è la commozione del sen-/timento estetico[6]./

Che il Galdi [aggiunto: poi] offrisse in vendita le sue fotografie a / chiunque glie ne facesse richiesta<.> risulta delle / sue stesse dichiarazioni e dal fatto assodato in / processo che alcune di tali fotografie furono seque-/strate presso pregiudicati che ne erano in possesso, / ciò che dette origine [cancellato: all'iste] alla denuncia./

Né a tenore dell'art.° 339 C.P. per la offerta in ven-/dita [aggiunto in infralinea: delle scritture, disegni, ed altri oggetti osceni] occorre l'iniziativa da parte di chi vuol vendere, / specialmente quando egli notoriamente ne fa smer-/cio ed attira così senz'altro chiunque intende / acquistarli.
Per l'offerta in vendita non occorre / l'estremo della pubblicità; ad ogni modo, nella / specie, data l'assoluta notorietà che circondava / il Galdi quale autore e venditore di fotografie / oscene, può ritenersi la concorrenza anche / dell'estremo della pubblicità, molto più che, avendo egli dichiarato che delle sue fotografie faceva smer-/cio agli artisti, è facile comprendere che chiunque / /Folio 6/ poteva sotto tale qualità, assolutamente incon-/trollabile, comprare le dette fotografie [in infralinea: ciò che per quanto si è detto si verificò (….)].

Quantun-/
que nell'offerta in vendita e nello smercio ave(... …) /
fotografie sia già insito lo scopo di lucro che …. /
il Galdi, va osservato che egli si era esclusivamen-/
te dedicato alla sua arte di fotografo di nudità o<scena?> /
e di venditore dei suoi prodotti<,> dalla quale specula<zione> /
ritraeva lauti guadagni, specialmente c<on> /
gli stranieri./

Attesoché, in ordine alla pena, sembra equa al <tribuna-?>/
le quella di mesi tre di reclusione e L. 100 di multa<,> /
con la consequenziale condanna [cancellato: ai danni ed] alle spese /
processuali./

Attesoché, consentendolo i precedenti del Galdi, si può /
a lui concedere il beneficio della condanna condizio-/
nale.

Attesoché va ordinata la confisca degli oggetti sequestra-/
ti e la restituzione di quelli esibiti in udienza. /

P.<ER> Q.<UESTI> M.<OTIVI>

Il Tribunale,

Dichiara Galdi Vincenzo colpevole del reato ascritto / come dal capo d'imputazione, e, visti gli art. 339 e (..???) / C.P. lo condanna a mesi 3 di reclusione e L. 100 / di multa ed alle spese processuali. Ordina la /confisca degli oggetti in sequestro e la restituzione / di queli esibiti all'udienza. V.<ist>° poi l'art. 1° legge / 26 giugno 1904 sospende l'esecuzione della condanna / pel termine d'anni cinque, ai sensi e sotto le condi-/zioni dalla predetta legge stabiliti./

Letta e pubblicata all'udienza del 1° Aprile 1908, presenti / il P° M° e l'imputato.

Carlo Nara

Giovanni Masei

Aniello Regina.

                                                           

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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.
Note 

[1] La trascrizione, inedita, a cura di Giovanni Dall'Orto, è tratta dal fascicolo processuale conservato presso l'Archivio di Stato di Roma. (Non conosco la segnatura, perché l'ho richiesto e ottenuto per via telematica). La presenza di correzioni e inserimenti interlineari (che ho indicato in colore rosso) mostra che si tratta di una minuta.
Essendo il testo inedito, ho scelto una trascrizione semi-diplomatica, limitandomi a sciogliere le abbreviazioni e aggiungere qualche acapo.
Tuttavia, a causa della rilegatura molto stretta, l'estremo margine destro delle pagine sinistre (soprattutto l'ultima) ha porzioni illeggibili, quindi ho tentato di ricostruire il testo a senso, cosa non sempre possibile.
Le mie integrazioni sono fra parentesi uncinate: <così>.

L'esistenza d'un processo come causa della fine dell'attività di Vincenzo Galdi (1871-1961)  fotografo di nudo allievo di Wilhelm von Plüschow,, è stata in passato accennata da Xavier Mayne (The intersexes, Privately printed, Roma 1908, pp. 485-486) ma poi espressamente negata dalla sola biografia esistente su di lui: Tommaso Dore, Galdi rivelato, Italus Edizioni, Roma 2012, p. 44, nota 14.
Tuttavia la scoperta da parte di Stefano Bolognini d'un articolo (Anonimo, Il processo contro il tedesco fotografo di... nudi, "Il Messaggero", 06.04.1908, p. 2) che menziona espressamente la sua condanna, ha permesso di smentire Dore, nonché, una volta nota la data, di recuperare la sentenza. Che è il testo che pubblico qui di fianco.

La vicenda si può riassumere come segue, anche grazie ai chiarimenti aggiunti nella sentenza d'assoluzione. A seguito d'un sequestro di materiale "osceno" ad alcuni "pregiudicati" a Milano, in cui erano presenti foto di Galdi, la polizia di Roma, che stava cercando indizi per processare
Wilhelm von Plüschow, aveva aperto un'indagine su Galdi, sospettandolo di lenocinio.
Galdi era riuscito a far sì che durante la perquisizione la polizia trovasse unicamente foto di nudo artistico, avendo evidentemente  nascosto molto bene quelle della sua produzione esplicitamente pornografica, ed era riuscito ad allontanare i sospetti per il lenocinio.
Grazie a ciò, l'1 novembre 1906 il procedimento contro di lui fu sospeso, per insufficienza d'indizi.
Tuttavia, quando nel maggio 1907 Pl
üschow fu denunciato, per stupro, dal padre d'un minorenne e arrestato, l'inchiesta fu riaperta, e Galdi uscì nuovamente "pulito" dall'imputazione di lenocinio, tuttavia fu condannato per smercio di materiale osceno. (Significativamente, nella stessa data in cui iniziava il processo a Plüschow, quasi come preludio ad esso).
Palesemente, la preda a cui aveva mirato la polizia era
Plüschow, per la sua rete di prostituzione minorile.

Particolare decisivo fu senz'altro il fatto che il processo Plüschow fu una delle espressioni italiane dell'ondata d'omofobia che spazzò l'Europa in coincidenza con lo Scandalo della Tavola Rotonda, mentre Galdi era eterosessuale (o almeno, bisessuale). Impressiona infatti, leggendo le sentenze contro Pluschow, il disinteresse dimostrato dai giudici nei confronti delle donne e delle bambine sue vittime, perché la loro intera attenzione è calamitata dalla corruzione dei maschi.

Non ci è dato sapere quali trattative siano avvenute "dietro le quinte", tuttavia è evidente che qualcosa di simile a un accordo dev'essere stato raggiunto. Galdi si sarà impegnato a "cambiare vita", buttando alle ortiche la fotografia e dedicandosi alla famiglia (s'era sposato da pochi anni), e alla galleria d'arte.
In cambio, quando fece ricorso contro la condanna, ne uscì assolto.
Visto che ormai il "pesce grosso" era stato condannato, la polizia non dimostrò verso quello "piccolo" lo stesso zelo ostentato con Plüschow.
Eppure, paradossalmente, il solo dei due che avesse
davvero prodotto foto di persone impegnate in atti sessuali (sia gay che etero) era Galdi, non Plüschow!

[2] Ho pubblicato qui la sentenza d'assoluzione.

[3] "Deposizione". 

[4] La specificazione era importante, perché nel codice penale in vigore nel 1908, per ottenere una condanna per oscenità non bastava che l'opera fosse oscena, ma era necessario anche il "dolo", ossia che fosse stata anche intenzionalmente prodotta e offerta pubblicamente e a scopo di lucro.
Invece, la produzione d'immagini "immorali" (cioè, all'epoca, qualsiasi foto di nudo integrale) per fini ben circoscritti, come l'insegnamento del nudo agli artisti o dell'anatomia ai medici, era tollerata.
In altre parole, in un'epoca in cui la rappresentazione del nudo in quanto tale (specie se in fotografia) o la descrizione della sessualità erano di per sé "oscene", la cultura laica aveva stabilito che se un'opera riusciva a "redimere" un contenuto discutibile grazie a meriti artistici, scientifici o filosofici, la società aveva interesse ad allentare le leggi sull'oscenità.
Ecco perché, prevedibilmente,
Galdi sostenne al processo d'aver solo creato sussidi visivi strettamente riservati a scienziati e artisti.
Al che la corte obiettò  che permettendo a chiunque di spacciarsi per tali, senza verificare la qualifica, in realtà aveva fatto un pubblico commercio.

[5] Oltre a dover tener conto del principio di cui ho parlato nella nota precedente, i giudici  qui inciamparono in una questione per l'epoca assai controversa, ossia stabilire se la fotografia fosse solo una riproduzione meccanica, una "fotocopia" della realtà, incapace della creatività che caratterizza l'arte, oppure se, come giuravano i fotografi (tra i quali, Wilhelm von Gloeden), potesse essere arte.
La questione era complicata, in questo caso, dal soggetto del nudo, sulla rappresentazione fotografica del quale esistevano infiniti dubbi.
Se la cavarono, sbrigativamente, negando che la fotografia potesse produrre arte.


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