![]() |
|
//p. 1// In nome di Sua MaestàVITTORIO EMANUELE IIIPer grazia di Dio e per volontà della nazioneRE D'ITALIA==o==Udienza del 25 Maggio 1908. LA CORTE DI APPELLO DI ROMA Sezione Appelli penali composta dagli illustrissimi signori avvocati: Geco Cav. Alfredo Presidente Ferrante Cav. Giovanni Tortora Cav. Gerardo Consiglieri Santasilia Cav. Giuseppe V. Varni ab.. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa del Pubblico Ministero contro Pluschow Guglielmo fu Edoardo di anni 55 nato a Moysmar[2] dom.<iciliat>to in Roma fotografo. Libero[3] presente Imputato dei delitti di cui agli articoli 346 e 338 Cod. Pen. //p. 2// appellante dalla sentenza resa dal Tribunale penale di - Roma in data - 4 Aprile 1908 [4] ritenuto colpevole - fu condannato alla Re- clusione per mesi sette e giorni quindici e a Lire mille di multa. LA CORTE Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere
Tortora Cav. Gerardo
Sentito l'appellante e il difensore ed il Pubblico Ministero; Sentito ancora l'appellante che ebbe per ultimo la parola; Ritenuto[5] che nel 6 Maggio 1907 Marinelli Alfredo espose al Commissa- rio di P.S.[6] di Trevi di questa Città come avendo trovato delle fotografie //p. 3// al nudo di suo figlio Ernani d'anni 12 ne ebbe da costui spiegazioni, che durante le sue permanenze di garzone nel Caffè Farraglio (?) in via del Corso Umberto I nel Giugno e Luglio 1906<,> veniva adibito di [sic] portare il caffè al fotografo <(>in detta via al 333<)> Pluschow Guglielmo, e prima venne fotografato vestito, dopo ignudo alla presenza di altre persone straniere. Ed altra volta <con> una ragazza d'anni 12 fotogra- fati ignudi, tenendo scambievolmente la mano nelle parti pudenti[7] [sic], mentre il Pluschow aveva maneggiato il membro dell'Ernani per farlo erigere; mentre poi ritornato nello studio fotografico gli venne somministrato dal Pluschow un bicchie- rino di liquori e subito preso dal sonno si trovò su d'un letto tutto sparso di liqui- do vischioso, ciò che gli faceva intendere d'aver sofferto atti vituperevoli, però dalla perizia eseguita sulla persona del ragazzo non si riscontravano traccie di violenza. Prima che venisse fotografato con la bambina[8], fuori la presenza di costei, si fece maneggiare l'asta virile. Fu poi fotografato con altri ragazzi ancora. L'autorità di P.S. aveva già sospetti sul Pluschow per tutto ciò, che di lurido si consumava nel suo studio fotografico, sotto l'apparenza di studi artistici, e ciò fin dall'epoca in cui il Pluschow soffrì un furto, 12 gennaio 1904[9], non esitò <quindi> a fare una perquisizione in quello studio e nelle ore poi verso il mezzodì dell'8 dello stesso mese di Maggio<,> recatisi in quella località, e propriamente nella stanza da let<to,> rinvenne il diciottenne Moretti Amedeo in atto di rivestirsi alla presenza del Dott. Wulnez [sic] Luigi[10] e del commesso dello studio Pietro Magnotti, al che il Pluschow ebbe a dichiarare d'aver mostrato quel giovanetto nudo al Dott.<ore> per suoi studi circa lo sviluppo dei muscoli. Di qui venne pure eseguita la perquisizione<,> e dei 33 volumi contenenti fotografie furono sequestrati quattro, dal N. 29 al 33, come pure molte di quelle sciolte[11]. In un tiretto[12] del comò si rinvennero tutti gli indirizzi dei giovani fotografati alcuni dei quali con contrassegni, di bian<co>, chiaro, piccolo, sporco. Non poca luce di ciò che si consumava in quello studio fotografico l'autorità di P.S. desunse dalle voluminose corrispondenze seque<stra-> //p. 4// te, per cui quello studio era il convegno di persone destituite d'ogni senso morale, ed il Pluschow era l'intermediario di tutte queste sozzure. Ed è perciò che fu proceduto al suo arresto, ed iniziata la formale istruzione[13]<,> durante la quale altra perquisizione fu disposta dall'autorità giudiziaria<,> sequestrando altre fotografie e corrispondenze<,> anche per le lettere che all'imputato per- venivano durante l'istruzione. E la Camera di Consiglio con ordinanza del 15 Ott.re 1907<,> respinta la domanda di libertà provvisoria e dichiarato non farsi luogo <a procedere> per difetto d'indizi circa il reato di violenza carnale in danno di Marinelli Ernani[14], rinviò l'imputato sotto lo stesso modo di custodia innanzi al Tribunale di Roma per rispondere del delitto di cui all'art 333 C.P. per aver commesso atti di libidine sulla persona del Marinelli; del reato di cui all'art. 345 detto C. per avere<,> anteriormente all'8 Maggio 1907<,> per servire all'altrui libidine, indotto alle prostituzione ed eccitato alla corruzione persone d'età minore<,> abitualmente ed a fine di lucro, non<ché> del delitto previsto dall'art 339 C.P. per aver in Roma<,> anteriormente all'8 Maggio 1907<,> offerto in vendita fotografie oscene, a fine di lucro, of- fendendo il pudore. Respinta poi dalla Sezione d'Accusa con sentenza del- l'11 Nov. 1907 l'opposizione contro l'ordinanza della Camera di Con- siglio<,> che negava la libertà provvisoria, il Tribunale con sentenza del 4 Aprile 1908 dichiarò non farsi luogo <a> procedimento penale a carico di Pluschow Guglielmo in ordine all'imputazione di aver commesso atti di libidine sulla persona del Marinelli Alfredo [sic] per l'avvenuta ed accol- ta remissione[15]. Modificato poi il titolo del reato d'aver indotto alla prostituzione ed eccitato la corruzione di persone d'età minore<,> abitualmente ed a fine di lucro<,> in quelle di cui all'art. 346 C.P. d'aver agevolato e facilitato la cor- ruzione<,> abitualmente ed a fine di lucro, per cui condannò il Pluschow per questo reato, e per l'altro d'aver offerto in vendita fotografie oscene, of- //p. 5// fendendo il pudore, a fine di lucro e pubblicamente art. 229 C.P., e con il versante (?) giuridico per la pena corporale condannò il detto Pluschow alla reclusione per mesi sette e giorni quindici, ed a lire mille di multa, ai danni verso chi di ragione ed alle spese del giudizio. Venne ordinato pure la confisca degli oggetti sequestrati attinenti al reato. Che dall'indicata ordinanza sentenza, e dall'ordinanza emessa dal Tribunale in corso del giudizio nel 3 Aprile debitamente protestato dalla difesa ha prodotto appello<,> deducendo[16]<:> 1°) la violazione dell'art. 311 <del> C.<odice di> Procedura Penale, avendo il Tribunale ritenuto nella sua ordinanza che potessero leggersi tutte le lettere sequestrate sia nella casa del Pluschow che negli uffici postali<,> dirette a lui da persone in gran parte sconosciute al Pluschow<,> e che non furono e non potevano essere chiamate in giudizio, sia durante il periodo istruttorio che nel dibatti- mento. E poiché manca qualunque autenticità delle lettere stesse, non possono essere considerate né come corpi di reato, né come documenti. Ed è però[17] che si denunzia la nullità del dibattimento e della sentenza del Tribunale. 2) La nullità dell'istruttoria di tutti gli atti precedenti il dibattimento inquantoché il Pluschow, al quale venivano contestate dall'Istruttore le risultanze dell'accusa<,> non essendo assistito d'un interprete<,> non era e non fu in grado di rispondere con coscienza, e di far valere le sue ragioni di difesa. 3) Ancora la nullità dell'istruttoria e del dibattimento<,> essendo risultato dalle dichiarazioni fatte dal perito interprete nominato dal Tri- bunale in udienza, che le lettere unite[18] agli atti<,> e delle quali si tenne conto sia nell'istruzione che nel dibattimento<,> non erano state fedelmente tradotte. 4) In merito poi si deduce la inesistenza degli estremi del reato previsto dall'art. 346 C.P.<,> non avendo il Pluschow col solo fatto d'aver fotografato al nudo i suoi modelli favorito od age- volato la prostituzione o la corruzione dei medesimi per servire //p. 6// all'altrui libidine. 5) L'inesistenza altresì del reato d'oltraggio al pudore art. 339 C.P.<,> non avendo le fotografie repertate[19] nello studio del Pluschow alcuno di quei caratteri che secondo la legge costituiscono l'oscenità d'un disegno o d'un oggetto qualsiasi. L'oscenità consiste nelle pose, nelle azioni del soggetto<,> non già nella sola nudità. Tanto più poi questi studi foto- grafici sono fatti per servire di modelli e di guida, agli artisti, pittori, e scultori, che d'esse si valgono per l'arte loro. Né è provato in alcun modo che il Pluschow distribuisse ed esponesse al pubblico ed offrisse in vendi- ta le fotografie stesse. Con memoria a stampa si sviluppano più ampiamente i motivi di merito[20].
In Diritto
Ritenuto che sono inattendibili i dedotti motivi di rito con cui s'attacca la regolarità<,> sia del periodo istruttorio, sia del dibattimento innanzi ai primi giudici. È pure vero che deve deputarsi[21] l'interprete alla persona ignara della lingua italiana art. 91 C.P.P.[22], però non si rendeva necessario nel caso in esame, perché il Pluschow rispose a tutte le interrogazioni sia innanzi all'autorità di P.S., sia nei formati interrogatori, che ripetutamente sostenne innanzi al Giudice Istruttore, e mai richiese l'interprete, né il magistrato precedente ebbe la necessità <di> chiamarlo<,> tanto erano esa- urienti e dettagliate le risposte, che in sua difesa credeva[23] l'imputato di riferire, e che esattamente vennero inserite nei relativi verbali d'interrogatorio, come si desume chiaramente dai fg. 12 - 34 - 104 - V. 1 ed 868 V. 1[24], da cui in cui con dettagliata precisione dà le risposte ad ogni [illeggibile][25] zione in ordine agli elementi raccolti dalle molteplici dichiarazioni delle parti lese e dei testimoni, nonché sulle specifiche <elen-?> cate nei documenti sequestrati. Se intervenne l'interprete nel pub- plico dibattimento fu per ragione d'opportunità<,> come s'è verificato //p. 7// anche all'udienza di questa Corte<,> avendo l'appellante dichiarato di non conoscere l'idioma italiano. Sicché sfugge del tutto la sollevata eccezione di nullità del periodo istruttorio perché smentita dal fatto ed operato dello stesso imputato, che tardivamente vuole ora <di>sconoscere. Né la difesa sollevò questa eccezione innanzi ai primi giudici, i quali per ragione d'opportunità credettero di fare intervenire l'interprete prevedendo che l'imputato avesse [sic] dichiarato di non sapere l'italiano<,> come ha fatto ora. Né miglior fondamento ha l'altro dedotto motivo di nullità del dibattimento per essersi data lettura dei documenti sequestrati senza la presenza delle persone, che al Pluschow scrivevano, ed infatti l'onora<bi>lità dei dibattimenti non venne offesa, giacché non è vietato di dar lettura di documenti sequestrati, quali nella specie le lettere pervenute al Pluschow anche da lontani paesi, perché sono state acquisite agli atti e non sono da considerarsi perciò come una escussioni testimo- niali, ma sono atti della causa per l'accertamento della verità, e ciò si desume dal combinato disposto degli art. 124, 144-145 C.P.P. Per cui è fatto obbligo all'istruttore di numerare e controfirmare le tutte le carte, che debbono poi essere riconosciute dall'imputato, il quale rispose dando le sue giustificazioni e spiegazioni. Sicché non era necessario che tali lette- re e documenti venissero confermati da coloro che li avevano all'imputa- to spedite, e ben fece il Tribunale a respingere l'eccezione sollevata dalla difesa, e che questa Corte non può non confermare. Nem- meno ha solida base l'asserita nullità di tutta l'istruzione del processo e dell'eseguito dibattimento, perché a dire dell'interprete Kloss Riccardo, nominato per assistere all'udienza dal Tribunale, siasi dal perito De Grossi Giovanni incorso in errori nel tradurre le lettere e documenti sequestrati e ciò sia perché esso Kloss non venne chiamato per control- //p. 8// lare l'operato del perito De Giorgi, il quale tradusse tutte le lettere e i do- cumenti nel periodo istruttorio, né perché il Kloss non indicò ai giudici le varianti e discordanze nella traduzione fatta dal De Giorgi. Ma a prescin- dere a [sic] tutto ciò la Corte<,> ai sensi della giustizia per la risoluzione della presente causa circa le due imputazioni attribuite all'appellante<,> può anche fare a meno di tali lettere e documenti, perché si avva- lorerebbero sempre[26] le prove a carico dell'appellante, perché si raccolsero elementi di fatto sicuri e certi per le concordi e molteplici deposizioni dei testimoni<,> <tali> da emettere con ogni cognizione di causa il giudizio, tenuto conto poi della quantità di fotografie sequestrate in relazione alla specifica imputazione dell'offesa al pudore art 332 C.P. Ritenuto che per quanto riflette il reato ammesso dall'impugnata sentenza<,> d'aver l'appellante agevolato e facilitato la corruzione <-> abi- tualmente ed a fine di lucro <-> dei minorenni, che si recavano nel suo studio fotografico, si osserva che basta por mente alle varie deposizioni dei testimoni per formarsi il convincimento ineluttabile di ciò che succe- deva in quello studio. È fuori dubbio che il Pluschow raccoglieva quei giovani in tutte le località della città, ai bagni al Tevere, al passeggio, al teatro<,> e senza il consenso dei genitori li invitava ad andare nello studio, ove in diverse pose ignudi li fotografava e quasi sempre alla presenza dei forestieri suoi amici, alcuni dei quali anche dott.<ri> vi prendevano le misure del corpo dei giovani, a loro dire per scopo scientifico, mentre sui piedi non si prendeva misura di sorta[27], come afferma il testimone Cuneo Rodolfo (ff. 94 V. 3 e 59 dibattimento), <Amedeo>[28] Moretti fog. 95 V. 3 venne mostrato nudo anche ad altri signori, <e> ciò viene asserito pure da Ceccarini Umberto chiamato [illeggibile][29] lo Umberto<,> f. 252-258, il quale<,> per la confidenza che aveva
//p. 9// con il Pluschow e gli amici che frequentavano lo studio<,> da Montepulciano inviò una lettera, chiedendo sussidi e mandando anche baci e bacioni, al Pluschow ed ai forestieri, tuttoché il Ceccarini attribuisse la colpa a colui, che gli scrisse la lettera, pure l'amico Gabrielli non poteva scrivere in quel modo senza d'averlo suggerito esso Ceccarini. E non di minore importanza è la deposizione dell'altro testimone Massi Rodolfo f. 279, addetto allo studio del Pluschow, e s'apprende come costui faceva masturbare i ragazzi per l'erezione del pene prima di fotografarli; e aggiunse che era abbastanza svelto per capire che il Pluschow doveva essere ruffiano e che i signori forestieri frequentatori dello studio erano pederasti attivi e passivi[30], ed ai giovani fotografati scriveva con lettere anche fermo in posta[31] invitandoli al suo studio e per metterli in relazione con quei forestieri. Ed il Sabatini Attilio, f. 360, non depone diversamente, prima di essere fotografati il Pluschow tastava loro il pene per accertare che non fossero affetti da mali venerei, e quando si fotografavano assistevano alle diverse pose forestieri amici del Pluschow, e tra costoro il Wulner[32] che prendeva le misure delle membra dei giovani che compensava con £ 2.50[33]. Andavano a quello studio certo Drien, altro denominato il Paralitico ed il Baron Volf[34]; e fra i giovani correva la voce che costoro fossero pederasti, ed infatti proprio il Sabatino venne invitato dal Volf d'andare a casa<,> dicendo che si sarebbero divertiti, capì[35]. e non ci andò. Negli ultimi giorni di carnevale del 1907<,> aggiunse il Sabatini<,> si vestì da donna e recatosi nello studio del Pluschow e da costui fu presentato ad un signore inglese, il quale poco prestava fede di essere un'uomo[36], ad invito del Pluschow si svestì, ed allora quel signore l'abbraccio, baciò e maneggiò il pene regalandogli lire due. Pur accettando le modificazioni fatte dal Sabatini, di non conoscere il Drien e che il Paralitico gli venne mostrato da Rodolfo Mas- si e Giuseppe Pierani come pederasta, è certo che questi ultimi erano giovani che venivano fotografati dal Pluschow. E che i forestieri andassero in cerca di questi giovanetti lo si rileva dalle deposizioni stesse del Sabatini e dell'altro<,> il Massi Rodolfo. Giacché l'uno afferma d'essersi per strada incontrato con il Dott. Victor<,> che aveva del suo fotografie[37]<,> e gli propose di apprendere la lingua tedesca, lo condusse in casa in Via della (Vite?)[38] ed ivi gli leccò //p. 10// l'orecchio, ed il Massi depone che un prete inglese[39] vedute le fotografie voleva conoscere l'indirizzo del giovane Pierani, ma il Pluschow si rifiutò perché il Pierani s'era accorto che costui aveva dei tagli all'inguine per malattia vene- rea, però dopo a Trinità dei Monti[40] fu riconosciuto, ed afferma il Pierani fog. 299 d'essere stato condotto insieme a Massi delle volte in osteria ed anc<he> al Teatro, e poi fotografati tutti e tre ignudi nello studio del Pluschow. Sicché vien meno l'assunto di costui affermando che si occupava di stu- di artistici, e che i dottori si recavano collo scopo scientifico di rilevare il continuo sviluppo delle membra degli individui. Ed invece come appare anche dalle altre molteplici deposizioni di testimoni, in quello studio ave- vano convenio [sic] gli amici del Pluschow per soddisfare le loro concupiscenze, <ad>operando le fotografie, in quelle diverse pose oscene, per <rin>tracciare gli individui fotografati con le indicazioni fornite dal Pluschow, il quale aveva premura di conservare tutti gli indirizzi, segnando anche delle specifiche d___ciazioni, come innanzi s'è detto, ad alcuni dandogli il nome di Madamigella, grande Menaci[41], deposizione di Massi R<odolfo> f. 29. Altri elementi di fatto si rilevano dai testimoni Francesco D'_____[42] f. 216, Consorti Rodolfo f. 155, il quale ultimo quantunque al p<ubblico> dibattimento abbia procurato d'attenuare le circostanze deposte nel periodo istruttorio, pure dichiarò di non intendere escludere ciò che precedentemente aveva deposto, e cioè di aver saputo dai due commessi del Pluschow che costui presentava i giovanetti da lui fotografati a signori forestieri pede- rasti, ed aggiunse d'aver egli inteso avanti le proposte del Pluschow di re- carsi dal Conte Fersen[43], perché sarebbe stato largamente compensato, però si rifiutò, intanto incontratosi a Napoli con il Pluschow fu da costui accompagnato a Capri ove si trovava il Fersen, dal quale ebbe proposte oscene, e gli toccava il pene, e seppe dalle persone //p. 11// di servizio ciò che di più turpe avveniva in quella villa<;> di tutto ciò non poteva essere ignaro il Pluschow, sia per l'offerta fatta al Consorti, sia per l'amicizia, che intercedeva[44] con il Fersen, sia per averlo accompa- gnato al [sic] Villa in Capri[45], ed assiduo frequentatore dello studio del Pluschow, il quale ultimo del suo studio ne faceva ritrovo d'oscenità, giusta[46] le deposizioni di Durasco Virgilio f. 216, il quale fu fotografato in diverse pose insieme ad altri giovanetti ed anche solo, ed in quest'occasione comparan- dolo con loro 3 s'abbracciò e gli maneggiò il pene, per non riprodurlo com- pletamente floscio. Fu condotto in quello studio dal suo amico Solidi Armando presentando[47], con suo cugino, e dal Pluschow veniva chiamato fondiano, sul quale il Pluschow consumava atti di libidini, come afferma il Durasco e <com'è> negato però dal Solidi, ma è più attendi- bile la deposizione del Durasco, non volendo il Solidi confessare la sua turpitudine. Ora<,> sono più che sufficienti tali elementi di fatto, oltre <a> quelli deposti al pubblico dibattimento dagli altri testimoni, per determinare con sicura coscienza le responsabilità dell'appellante in ordine al reato di aver facilitato, indotto ed eccitato la corruzione di persone d'età minore<,> abitualmente ad a fine di lucro. E si riscontra- no gli elementi giuridici di cui all'art. 346 C.P. ritenuto[48] con l'impugnata sentenza<,> ed infatti il Pluschow attirava nel suo studio tutti i ragazzi indicati nell'elenco, ed anche delle bambine<,> tutti d'età minore e senza il consenso dei genitori, e l'esponeva alla vista dei forestieri, i quali si permettevano anche di toccare, baciare, misurare le membra di quei ragazzi, oltre che il Pluschow faceva offerte per soddisfare i turpi desideri di quei suoi amici forestieri, e su di ciò s'ha la prova palmare[49]<,> da tutto il processo<,> che metteva in relazione quei ragazzi con i suoi amici, e costoro alcune volte sconoscevano[50] certi i ragazzi per le fotografie comprate nello studio d'esso Pluschow, il quale ritraeva utile di questo suo mal fare<,> per lo meno con la vendita delle fotografie, che poco o nulla servivano per lavori artistici, ma invece <servivano> per eccitare l'altrui libidine. Il Pluschow ammette d'aver venduto quelle fotografie ma al di sotto del costo<,> vo- lendo solamente ricuperare le spese, ciò che non è verosimile, do- po tutto ciò che s'è accertato d'andare in cerca per tutti i ritrovi della città di ragazzi e bambine. Il lenocinio è un reato contro il buon costume, ma non è una forma di complicità nel reato medesi- mo, perché costituisce un reato penale a sé stante, e l'obbietto[51] che lo contrad-
//p. 12// distingue è che il fatto sia commesso per servire all'altrui libidine, e che il lenocinio si riferisca non meno a colui ch'eccita la persona minore alla prostituzione che a colui che favoreggia la prostituzione di questa persona minore, la quale trova ostacolo per ritirarsi da quel turpe mercato. E nell'ipotesi dell'art. 366 C.P.<,> per aversi il reato di favoreggiamento alla prostituzione non si richiede altro che l'età minore della vittima<,> l'abitualità<,> ed il fine di lucro. L'essere o non essere la persona minore già corrotta a nulla rileva, perché <il lenocinio ne> impedisce il ravvedimento, e la fa continuare nella corruzione e nella mala vita, sicché a nulla vale come parere per difesa del Pluschow che tutte quel- le persone minorenni già essere corrotte[52], giacché non s'ha il diritto di farle continuare in quel mestiere che perverte l'anima ed il corpo, e <le> si incoraggia a continuare. Non è il solo fatto d'aver fotografato al nudo, ma ha favorito ed agevolato la prostituzione corruzione per tutte le circostanze innanzi accertate. Riconosciuto che dall'esame espletato sulle fotografie sequestrate la Corte è pienamente convinta di non versarsi[53] in meri studi artistici ed a scopo d'arte, ed invece il Pluschow esercitava un vero commercio di fotografie oscene. È pur vero che l'arte anche dal nudo s'ispira all'idealità ed al bello, però al Pluschow premeva più di mettere quasi sempre in evidenza le parti genitali e quelle deretane, servendosi di ragazzi e ragazze, che non oltrepassavano la maggior parte gli anni 18. L'atteggiamento, le diverse pose che faceva prendere a quei ragazzi[54], più che l'espressione artistica rilevava rivelano l'oscenità, allettando i lubrici sentimenti lascivi di coloro, che guardano quelle fotografie. Né è certamente commendevole[55] il fatto di fare assistere a tutte quelle pose delle persone estranee, e pure volendo assua ritenere per vero, che quei dottori per scopo scientifico prendevano le misure delle membra delle persone fotografate, certamente aveva il Pluschow autorizzato d'impunemente esporre quei ragazzi e bambine in quella maniera, che non solamente dai dottori, ma anche a perso- ne estranee di cui s'assentiva[56] la presenza (?), ed alcune di costoro consumavano veri e propri atti osceni; oltre che <ne> venivano fatti dallo stesso Pluschow per mantener duro il pene; e ciò non con un solo, ma quasi tutti i ragazzi. Tutto questo andamento rivela anche l'animo del Pluschow ed il fine che si proponeva, per cui non concorreva il sentimento artistico, ma quello invece dell'oscenità nel più vero senso della parola. E tra le tante fotografie se ne scorgono alcune, //p. 13// che manifestamente rappresentano l'oscenità, per cui non occorre altro che l'atto mate- riale della copula; e non sono veramente lavori artistici, perché l'aggrappa- mento(?), il movimento e lo sguardo danno il vero concetto d'aver avuto il Pluschow avuto di mira d'eccitare le libidini, come si scorge dalle fotogra- fie N. 8467, 9350, 7145, 7070, 7140[57] ed altre simili; in cui le quali per sé stesse arrecano offesa al pudore. E che vi sia stata la pubblicità lo si accerta dalla confessione stessa dell'appellante, ed il fine di lucro esiste, quantunque dal Pluschow si voglia far credere di ricavare solamente ciò che spendeva per fare le fotografie. Sicché s'hanno tutti gli estremi del reato di cui all'art. 332 C.P. Ritenendo che dalle fatte riflessioni non è il caso di ripetere il dibattimento né di disporre una nuova traduzione della corrispondenza sequestrata, perché la Corte attinge[58] il suo convincimento dalle persone stesse che furono fotografate, e che frequentavano lo studio del Pluschow, e dalle fotogra- fie sequestrate. Mentre poi dalla nota della P.S. dell'8 giugno 1907 s'apprende che varie doglianze si muovevano contro il Pluschow quando aveva il suo studio in via Sardegna, tanto che la Banca d'Italia lo licenziò[59] f. 243. Ritenuto che le spese d'appello sono a carico dell'appellante. Per Questi Motivi
Letti gli art. 419<,> 568<,> 66<;> Rigetta l'appello prodotto da Pluschow Guglielmo della sentenza del Tribunale di Roma del 4 Aprile 1908<,> e la stessa confermando ordina che s'esegua, ed all'uopo rimanda la causa ai primi giudici per l'ulteriore suo corso. Condanna l'appellante alle ulteriori spese d'Appello. Così deciso e pubblicato all'udienza della Corte d'Appello di Roma del 25 Maggio 1909 alla presenza dell'appellante e del P. M. [Firme] Com. Greco Alfredo Cav. Ferrante Cav. Tortora Cav. Santasilia
[Fare clic qui per l'indice delle pagine su Gloeden e Plueschow] ------------------------------------- |
Note
[1] La trascrizione, inedita, a cura di Giovanni Dall'Orto, è tratta dal fascicolo processuale conservato presso l'Archivio di Stato di Roma. (Non conosco la segnatura, perché l'ho richiesto e ottenuto per via telematica). La
grafia dell'atto è molto peculiare e minuta; la situazione è
peggiorata dal fatto che lo scrivano non lasciò spazi ai margini del
foglio, per cui la rilegatura in volume delle carte rende spesso
impossibile decifrare, se non a senso, le parole adiacenti al margine
centrale. Che nella scansione appaiono fuori fuoco e di sbieco. Dopo la condanna di primo grado, Plüschow fece ricorso soprattutto per opporsi all'espulsione dall'Italia, che in effetti avvenne dopo il respingimento dell'appello.
[2] Errore di lettura della località di nascita,
indicata correttamente nella sentenza di primo grado come "Wismar". [3] Al momento dell'appello Plüschow aveva già scontato la condanna al carcere.
[4] La sentenza di primo grado è online qui.
[5] "Constatato che”.
[6] "Pubblica Sicurezza" (la polizia).
[7] Non sono note foto di tipo "esplicito" di questo tipo scattate da Plüschow
(mentre per Vincenzo Galdi si conoscono parecchi casi).
[8] Per quanto da un punto di vista
morale e legale non faccia nessuna differenza il fatto che la
corruzione di minore abbia per vittima una bambina o un bambino, e
nonostante il fatto che (a differenza di Gloeden) Plüschow
abbia prodotto una quantità enorme di nudi femminili, è notevole il
fatto che in tutta la sentenza si accenni sempre alla presenza di
bambine e ragazze tra le vittime solo en passant.
[9] Cfr. Anonimo,
Ladri
al lavoro!,
''Avanti'', 18 gennaio 1904, p. 3.
In quell'occasione, in cui qualcuno fra i "ragazzi di vita" usati
da Plüschow scassinò la
porta dello studio, furono sequestrate diverse foto giudicate "oscene".
[10] Il celebre cantante lirico e attore tedesco Ludwig Wüllner (1858-1938), la cui carriera subì per questo scandalo una breve eclissi, durante la quale si rifugiò a Taormina, dove frequentò Wilhelm von Gloeden.
[11] Su questo materiale sequestrato esiste il saggio di Giuseppe Falco, Su alcune anomalie sessuali, "Rivista di medicina legale e giurisprudenza medica", 1919, pp. 100-106 e 133-137.
[12] Dialettale nord-italiano per "cassetto".
[13] "Fu deciso d'iniziare formalmente un processo a suo carico".
[14] Prima della riforma della
legislazione sullo stupro, nel 1907 in Italia si poteva procedere per
corruzione di minore, o stupro di persone che avesse già compiuto i
12 anni, solo su querela di parte.
[15] Ritiro della querela.
[16] Quelli elencati qui di seguito, numerati, sono i cinque argomenti per cui la difesa di Plüschow chiedeva che fosse dichiarato invalido il processo di primo grado.
[17] Perciò.
[18] Accluse, aggiunte.
[19] Trovate, e poi esibite come reperti.
[20] L'avvocato difensore di Plüschow (che in primo grado si chiamava Lazzè e il cui cognome nell'appello non è per ora noto), come si usava fare all'epoca, produsse una memoria difensiva, che poi fece stampare in pochi esemplari per renderne più agevole la lettura ai giudici, a cui fu consegnata. Non se ne ha per ora alcuna traccia. [21] Provvedere, fornire. [22] "Codice di Procedura Penale". [23] Riteneva utile. [24] Si tratta dei f<oglio> e del
v<olume> dei documenti raccolti per istruire il processo: a
quanto si apprende dalle citazioni, i volumi dovevano essere almeno
tre. [25] Parola illeggibile perché sbiadita e di scorcio, dal contesto è richiesto un termine come "afferma/zione". [26] "Manterrebbero in ogni caso il loro valore". [27] Modo indiretto per affermare che le misure a cui erano interessati i clienti erano quelle dei genitali, non certo quelle dei piedi. [28] La parola, all'estremo margine destro, è illeggibile perché sbiadita e di scorcio. Tuttavia dal processo di primo grado si apprende che il nome del Moretti era "Amedeo". [29] La parola, all'estremo margine destro, è sbiadita e di scorcio. Si potrebbe integrare ipoteticamente con "<picco->lo". [30] Il tribunale usa qui il termine nel significato generico di "sodomiti" o "omosessuali", senza riferimento specifico all'età dei partner, al contrario di quanto fa oggi il termine, che è sinonimo di "pedofili". [31] Era un servizio che permetteva, a
chi non aveva o non voleva rivelare un indirizzo in una città, di
farsi inviare la corrispondenza a un ufficio postale, che la teneva "ferma in posta" per un periodo di tempo, durante il quale
esibendo il documento indicato nell'indirizzo era possibile
ritirarla. [32] Sempre Ludwig Wüllner. [33] La cifra era davvero esigua, circa 12 euro, anche se ai prezzi dell'epoca permetteva di comprare sei chili di riso o cinque litri di vino. [34] Probabile italianizzazione di un cognome Wolff. La storpiatura dei cognomi è comunissima nei documenti dell'epoca, perfino, come in questo caso, in quelli ufficiali. [35] "Ma il Sabatini capì cosa intendesse fare, e non ci andò". [36] Era molto effeminato, "dava pochi segni di essere un maschio". [37] Credo voglia dire che si era già procurato fotografie di nudo di Sabatini. [38] La grafia idiosincratica rende difficile capire cosa intendesse lo scrivano, comunque una "Via della Vite" esiste a Roma, non lontano dallo studio di Pluschow, quindi la lettura è probabile. [39] Mi è stato chiesto se si potesse
trattare di Frederick Rolfe
("Baron Corvo", 1860-1913), notoriamente appassionato di foto di
nudo maschile, mentre era seminarista al Collegio Scozzese a Roma,
che non dista molto dallo studio di Plüschow. [40] All'epoca, luogo di prostituzione maschile. [41] Mia lettura ipotetica, forse errata. [42] Illeggibile, perché sull'estremo
margine destro. [43] Si tratta del famoso barone Jacques d'Adelswärd-Fersen (1880 - 1923), protagonista del romanzo di Roger Peyrefitte, L'esule di Capri, nominato anche nel processo di primo grado. [44] "Intercorreva". [45] La celebre Villa Lysis, tuttora esistente. [46] "Secondo". [47] "Che lo presentò". [48] "Invocato", usato per la condanna di primo grado. [49] "Palese". [50] Intende dire: "riconoscevano". [51] Oggetto. [52] Nei processi per "corruzione di minore" era circostanza attenuante o addirittura esimente il fatto che il minore fosse già corrotto prima del reato. [53] "Del fatto che non si sta parlando"... [54] Si noti, ancora, la sparizione delle "ragazze" dall'imputazione, come se ai giudici la loro sorte non importasse. [55] "Meritevole di lode", di approvazione. [56] "Consentiva". [57] Nell'unica foto fin qui rintracciabile, fra quelle nominate col numero di catalogo, è presente un giovane in piedi, in nudo frontale, a cui una donna anch'essa nuda e in piedi appoggio le testa sulla spalla. A onor del vero, benché il pene del giovane sia flaccido, è plausibile l'accusa qui formulata di averlo manipolato per accrescerne il volume. [58] Trae, deriva.
[59] Nel senso che gli chiuse il conto corrente.
|