Home page Giovanni Dall'Orto > Scritti di cultura gay > L'omosessualità nei videoclip musicali

2009 <-- L'omosessualità nei videoclip musicali --> 2011

Videoclip gay.

L'omosessualità nei videoclip musicali -

Parte 4 - (2006-2014)

2010

A cura di Giovani Dall'Orto
2010 - Promo, parodie e fan-art
2010
.
.
2010 - Algora - "Mr High Heels". Dal Cd: Nubes blancas sueños raros [2008].

Il cantautore spagnolo Victor Algora si sforza di produrre canzoni "d'autore" al di fuori della banalità dei motivetti di consumo, per le quali utilizza testi ricercati e un po' ermetici che a volte risultano poetici, altre volte invece solo oscuri (per lo meno per chi, come me, non conosce gli ambienti della movida e "di tendenza" a cui alludono fittamente).
Per fortuna il testo di questa graziosa "Mr High Heel" è oscuro solo a tratti, ed anche se sono certo di non aver percepito un sacco di allusioni a persone e fenomeni della movida spagnola, almeno il senso generale è chiaro.

Algora canta a nome d'una commessa d'ipermercato di nome Mari Carmen Lopez (di Guadalajara, proprio come lui...), che racconta di come al lavoro abbia conosciuto uno strano personaggio: "Io indossavo la divisa d'ordinanza, / lui alti tacchi a spillo".
Nonostante la stravaganza, "Mister Tacchi a Spillo", sempre "fedele ai concetti di tendenza kitsch", è un personaggio introdotto nella moda e nella cultura: "Mi sorprese potergli parlare / di Vivienne Westwood o della Dietrich".

Il personaggio è però decisamente strambo:

Nonostante tutto, i due han fatto amicizia: Mr High Heel ha ora invitato la commessa alla festa sulla terrazza di casa sua, e Mari Carmen per questo considera speciale quel giorno.

E questo è tutto: un semplice quadretto per raccontare una persona eccentrica, un travestito decisamente sui generis.

.
.
Da questa canzone un po' surreale, pubblicata nel 2008, Manuel Otero dello studio Mutador ha ricavato nel 2010 un videoclip... "postumo", anch'esso minimalista come la canzone, perfino sussiegoso nella sua presentazione compassata e impassibile del cantante e del "Signor Tacchi a Spillo".
Algora canta in primo piano, mentre dietro a lui balla, con la massima nonchalance del mondo, un giovane effeminato coi capelli lunghi e i baffi, con addosso un completo grigio e tacchi a spillo.

Il risultato è bizzarro, ma originale e gradevole.
Il video è certamente gay, ma in un modo non palese, semplicemente allusivo. Per esempio il regista si diverte a mostrare Algora vestito con una divisa da supermercato proprio mentre sta cantando: "Mi chiamo Mari Carmen Lopez e lavoro all'ipermercato", facendoci venire dubbi sul sesso effettivo dell'"io narrante" della canzone: "donna biologica", trans, o semplice loca?

Divertitevi a deciderlo voi, godendovi questo video essenziale e dalla musica accattivante.

[Torna in cima alla pagina]


.
Christina Aguilera si struscia contro una ballerina.
 
2010 - Aguilera, Christina - "Not myself tonight" - Dal Cd: Bionic.

"Questa notte non sono me stessa": quando si dice un titolo azzeccato!
Se infatti si tolgono da questo video tutte le idee "prese in prestito" dai video di Madonna e di Lady Gaga, resta solo una manciata di fotogrammi, insufficienti a dire chi fosse, nel XXI secolo, la signora Christina Aguilera.

Mi sfugge il vantaggio che si sperava di ottenere facendo in modo che qui l'Aguilera non fosse se stessa, bensì un incrocio fra due cantanti sue rivali. Probabilmente i creatori del video puntavano a fare di lei una sintesi fra le due concorrenti, ma hanno fallito l'obiettivo e ne hanno fatto solo un ircocervo, metà dell'una e metà dell'altra, con nessuna delle due metà riconoscibile come Aguilera.
Peccato, perché la musica di per sé è un dignitoso pezzo da ballo, incalzante e avvolgente quanto basta, e di stile sufficientemente diverso da quelli delle due cantanti summenzionate.

Nel video, ispirato a un'estetica sadomaso/bondage/fetish/rubber posticcia e tutta esteriore, la signorina Aguilera con addosso la divisa della battaglia di Sade-Masoch si struscia giudiziosamente di tanto in tanto contro un'altra signorina, anch'essa munita di abiti tribali S/M (di colore diverso), mentre canta:

Nessun erotismo in questi spezzoni lesbici, e nulla che non si sia visto già mille volte prima: è una speziatura fondamentalmente inutile, per fingersi "trasgressivi" a costo zero.

Più che un videoclip, lo spot per un grande magazzino discount di abbigliamento sadomaso "per lui, per lei, per tutta la famiglia"...

[Torna in cima alla pagina]


.

2010 - Ardecore - "Per quella lei ci muore". Dal Cd: San Cadoco.

Con un martellante ritmo "ska" e con la voce roca ma piacevole del solista degli Ardecore, ecco la storia d'un delitto passionale.

"Lei" se ne va di casa per un uomo che ha voluto "prepotentemente", ma "dopo appena un anno" scopre che lui non era ciò che voleva, al punto che nella famigliola vien meno persino la voglia di cenare in casa assieme.
Ciò che "lei" vuole davvero, finisce per trovarlo altrove:

Lei adesso sta al telefono parlando con l'amica
(che non è più amica -- come crede lui)
e sente che l'amore non ha sesso, non si può fermare:
è quello che ti chiama a vivere,
non a morire.
Ma intanto lei non scappa via,
anche se al mondo chi ha un'idea
"per quella, lei ci muore".
Il problema di questa canzone, che mi ha un poco infastidito, è che è costruita su un frigido gioco di parole: prima dice che chi ha un ideale è disposto a morire per esso, poi presenta la protagonista della canzone mentre è lì che muore dietro alla sua amica, e infine mentre è vittima della gelosia del suo uomo che, scoperta la tresca, l'accoltella a morte. Mi sfugge dove stesse la necessità artistica di creare questo triplice strato di significati mortuari, soprattutto per il fatto che è la presentazione stessa dell'amore lesbico come "ideale" a lasciarmi perplesso. Infatti l'amore passionale è prima d'ogni altra cosa un sentimento, e non certo un'idea fissa che una si ficca in testa per chissà quali motivi, fino al punto di lasciarci stupidamente le penne...
.
.
La scelta del tema di cronaca nera da parte degli Ardecore sarà anche dettata da un'esigenza di originalità, come lo sarà pure la scelta d'un amore lesbico, visto che di delitti passionali a sfondo eterosessuale sono già pieni gli archivi e le canzonette.
Ed io non credo (mi rifiuto di credere) che nel 2011 qualcuno abbia voluto, anche solo inconsciamente, riesumare la regola vigente per romanzi e film negli anni Sessanta e Settanta, quando di amori omosessuali si poteva parlare solo a patto che andassero a finire male, altrimenti scattava l'accusa di "offesa al comune senso del pudore".
Ciò detto, resta comunque il fatto che questo video richiama alla mente proprio quel tipo di approccio al tema, e ciò non è certo gradevole.

Quanto al video in sé, è professionalmente curato e nitido, con il cantante (di ottima presenza scenica e bravo a gestire mimicamente la narrazione) che si alterna a due attrici e un attore che "sceneggiano" (senza nessun colpo d'ala né alcuna situazione particolarmente esplicita) il testo della canzone.
La resa è volutamente un po' "sporca", come si addice alla narrazione d'un fattaccio di cronaca nera, con atmosfere a tratti claustrofobiche e il clou girato in piena notte.
Il clip non dice insomma nulla di nuovo sulla tematica omosessuale, ed è un peccato, perché la confezione è gradevole e la musica martellante è molto adatta al tema scelto.

Per finire, non posso fare a meno di notare che, assieme ad altri prodotti, anche questo filmato segnala il crollo (a partire dal 2010) del tabù tutto italiano sulla messa in scena degli amori omosessuali nei videoclip, dato che anche in canzoni a tematiche spudoratamente gay (che so: "Gino e l'alfetta") fino ad ora i registi avevano preferito, terrorizzati, "parlare d'altro".
Ben venga, allora, questo cambiamento... anche se avremmo preferito che non fosse inaugurato proprio dall'ammazzamento d'una lesbica fedifraga nel mezzo d'una strada...

[Torna in cima alla pagina]
 


.
Un fotogramma da ''Je suis une superstar'' di Bimbo Boy.
.
2010 - Bimbo Boy - "Je suis une superstar". Dal Cd: Je suis une superstar.

Trascorsi i fasti omosessualmente espliciti, ma decisamente caserecci, di "Drama queen" ("Checca istrionica"), che non gli avevano portato un successo neppure di scandalo, Bimbo Boy ci riprova con un videoclip professionalmente più curato e omosessualmente meno trasgressivo, per vedere se (vedessi tu mai) le Muse gli possono dare una seconda chance sulla strada del successo.

Il video di "Je suis une superstar" presenta quindi, con un nuovo arrangiamento, una canzone del 2003 (dal testo deliberatamente camp-gay-trash):

Più esplicito di così! Ma trattandosi d'una "seconda occasione", il filmato cerca di smorzare l'enfasi omosessuale del testo, con una storiellina che presenta un protagonista (che non è il cantante ma un modello) che con l'istrionismo checchesco non ha nulla a che fare.
La vicenda è infatti quella del produttore d'un video intitolato "Je suis une superstar" (to'!) che audiziona "nuovi talenti" per il ruolo del protagonista. Tutti gli aspiranti si rivelano, fra la disperazione crescente del produttore, autentiche schiappe.
  .
La scena lesbica da ''Je suis une superstar'' di Bimbo Boy.
.
E fra loro va qui segnalata una coppia di donne lesbiche di mezza età, che si propone per un numero "erotico" in una vasca da bagno (anche se a voler essere maliziosi c'è da chiedersi se le manifestazioni d'orrore e disgusto del produttore di fronte a loro siano da attribuire alla qualità del numero, o a sue ipotizzabili tendenze sessuali...).
Alla fine, disperato, il produttore ha un'intuizione: si toglie la camicia e rimane in canottiera (rivelando un fisico splendidamente tornito -- peccato solo che abbia un viso non proprio da urlo!) e scopre che la superstar la può fare meglio lui degli aspiranti che ha audizionato...

Considerata la sfacciataggine con cui Bimbo Boy ha gestito la propria immagine, accusarlo di reticenza e velataggine sarebbe ingeneroso (basta ascoltare con attenzione il testo per non avere il minimo dubbio sulle sue tendenze sessuali!).
Ma è chiaro che la concezione di questo videoclip è nelle mani di qualcuno che magari di marketing ne comprende più di lui, ma che ritiene che la tematica omosessuale non giovi alle fortune del cantante (al punto che il micragnoso regista non esibisce neppure un banalissimo torso nudo là dove potrebbe). Dunque il video prende curiosamente le distanze dal camp per una canzone che invece di camp è intrisa, cosicché il risultato è a mio parere di routine nonché decisamente moscio.
 

Un fotogramma da ''Je suis une superstar'' di Bimbo Boy.

Vedremo se questa pensata dell'"Uomo del marketing" ha compiuto il miracolo e farà di Bimbo Boy, contro ogni pronostico, una superstar.
Nell'attesa di saperlo, potete consultare online addirittura un making of di questo video. Che però non è propriamente memorabile, esattamente come il video.
 
[Torna in cima alla pagina]


2010 - Cipria - "Gigolò" (singolo).

Come ho già detto parlando della canzone, il testo in sé non permette la definizione di "canzone a tematica gay", dato che  non specifica l'orientamento dell'io narrante, che è un prostituto che magnifica le proprie doti e promette di far "volare" chi acquisterà le sue prestazioni. Né viene mai specificato il sesso dei/delle clienti, ed anche se in italiano in genere per "gigolò" s'intende il prostituto che si offre a donne, a questo livello potrebbe anche proporsi ad una clientela maschile:

Poi però il video provvede a disambiguare la materia, mostrandoci il cantante del complesso (dotato di adeguata presenza scenica e due occhi tanto azzurri da sembrare colorati con la computergrafica) al telefono con una donna un po' sovrappeso ed agée. Dunque è tutto chiaro: il signorino si vende alle donne, e questa canzone non rientra nel tema della presente bibliografia.
Ciò viene confermato dalla narrazione, che vede il prostituto recarsi all'appuntamento con la cliente (che a dire il vero, quando è mostrata a figura intera sembra un travestito, con l'aria da zombie e una parrucca farlocca, e non ho dubbi sul fatto che anche questa ambiguità sia deliberata). Strada facendo, i compomenti del complesso incontrano uno alla volta il cantante/prostituto e si uniscono via via a lui, salvo essere bloccati dal "buttafuori" all'ingresso del locale, nel quale entra solo il cantante, che incontra la cliente.

Le scene finali vedono il complesso trasformato nell'orchestrina che allieta i clienti del locale, tant'è che il prostituto saluta la cliente e va ad esibirsi sul palco, riprendendo il suo ruolo di vocalist del gruppo.
Dunque, tutto parrebbe chiaro e definito.

E invece no. Perché nel videoclip la presenza gay viene tirata in ballo da una serie di scritte (ingraziosite da qualche refuso) che verso la fine intervallano le immagini, affermando che ogni giorno in Italia persone eterosessuali ed omosessuali ricorrono ai gigolò perché insoddisfatte del loro uomo. Ed ogni anno ci sono gigolò che si arricchiscono senza chiasso, senza badare alle caratteristiche fisiche altrui.
E qui arriva un'affermazione stranissima: "Se tutti fossimo gigolò saremmo un po' meno ricchi, ma più etero e omosessuali sarebbero felici". Ah, ecco... Bastava pensarci...

In conclusione arriva poi la vera cannonata: dopo che è apparsa la parola "Fine", è menzionato la manifestazione del Sicilia Pride del 2010, che si sarebbe tenuta a Palermo il 19 giugno di quell'anno. E sinceramente mi si scusi se non vedo il rapporto fra la prostituzione ed un gay pride...

Al di là di queste considerazioni, la canzone gode d'un ritornello davvero azzeccato ed orecchiabile, di un cantante bravo e con una bella voce (oltre che - come detto - di una presenza fisica che lo rende credibile nel ruolo in cui appare nel video). Merita quindi decisamente la visione.

Peraltro la versione pubblicata dal gruppo su Youtube è vistosamente fuori sincrono: immagino sia un'ingenua misura anti-pirateria.

[Torna in cima alla pagina]


.

2010 - Elektra - "I don't do boys". [single].

È super-esplicito, questo video lesbico, ma non più della canzone stessa, che fin dal titolo precisa "Non mi faccio mai i ragazzi". E prosegue:

Questo perché le ragazze hanno
labbra seducenti, occhi seducenti, corpi seducenti, sorrisi seducenti.
Sto per farti impazzire:
non farti i ragazzi, fatti solo ragazze;
io mi faccio solo ragazze, con stile e classe.
Come dire: tutto un programma.

Di fronte a un testo così esplicito il video non poteva spingersi oltre senza scadere nel porno-lesbo, quindi saggiamente il regista ha mantenuto un basso profilo, sceneggiando le parole della canzone con prudenza.
L'intero video non è infatti altro che il racconto per immagini della festa privata d'un gruppo di ragazze lesbiche nordeuropee (il complesso "Elektra" è islandese!), iniziata da alcune femmes a forza di atmosfere ovattate e raffinati calici di vino e proseguita, dopo l'irruzione d'altre ragazze decisamente più orientate verso il butch, con birre a go-go, e col classico gioco della bottiglia. (Una curiosità: le lesbiche butch portano con sé un cartone di birra "Corona", che ha reso possibile la creazione del clip sponsorizzandolo!).

E qui, baci dapprima timidi, poi sempre più audaci, fino al gran finale, con coppie allacciate per terra che si baciano e pastrugnano, ma senza perdere di vista il "politicamente corretto", e quindi senza mostrare nudità femminea veruna.

Non so quanto sia reale la pratica delle orge collettive fra donne, che non mi risulta essere tanto easy quanto parrebbe da questo video... ma forse sono solo io che ho bisogno d'un corso d'aggiornamento sui costumi sessuali del XXI secolo. O forse no, forse qui siamo solo nel campo delle fantasie erotiche etero, ma tanto la canzoncina è divertente e irriverente e il video lo è altrettanto, e quindi chissenefrega se racconta avvenimenti reali o no.

 

Il motivetto della canzone è infatti carino ed orecchiabile, il video è esplicito senza mai scadere nella volgarità (salvo che per i più bigottoni), le fanciulle (per chi apprezza il genere) carucce (fin troppo, decisamente al limite della fantasia erotica lesbo-chic). Per queste ragioni, pur trattandosi solo d'un motivetto allegro e senza pretese, direi che il clip sia riuscito e meritevole di visione.

Se poi si leggono i volgarissimi commenti lasciati dai maschi etero su Youtube (che vanno da: "È tutta questione di c.... Lo sappiamo che in fondo lo volete" a: "Lesbismo e femminismo: perché non a tutte è concesso essere belle") emerge pure che perfino video "disimpegnati" come questo sono assolutamente necessari. Ed urgenti.

[Torna in cima alla pagina]



 
[recensione da completare]
Jarvis, Cosmo - "Gay pirates" - da - Gay pirates.
Non so cosa sia passato per la testa di questo cantante eterosessuale quando ha creato questa fantasia d'amore omosessuale fra due... pirati del XVII secolo -- un tema, che come tutti notano, è di bruciante attualità.
So però che è stata un'ottima idea, perché con l'aria di raccontare una favoletta con tanto di pirati in costume, può affrontare un tema che di bruciante attualità lo è sì: l'omofobia.
Sul tema degli amori fra pirati sono stati scritti libri interi, che da un punto di vista storiografico sono poco più di fantasie masturbatorie prodotte da quella tipologia di gay che viene attratto sessualmente dalla violenza e dalla brutalità. E siccome i pirati erano degli assassini di professione, dovevano essere molto eccitanti, e "quindi" (?) molto gay.
Jarvis, che non è uno storico ma un banale canzonettaro, riporta la questione

This water is too salty,
For me to even drink.
I'd rather walk the dreaded plank
Than stay another week.

But it's you my love
You're my land ahoy

And i'm sick of being beaten
And whipped and lashed to death,
I want one night with no gang-rape
But i won't hold my breath.

But it's you my love
You're my land ahoy
Yeah, you're my boy

Yo-ho, Sebastian
Let's go far away
Somewhere where the captain won't be mad.
Yo-ho, Sebastian
I want to love you good
We deserve much better than we've had.

They say they're gonna kill me
If i look at you once more.
Pissed in my hammock yesterday,
So I'll sleep on the floor

I'd be under the sea,
but you hold me above.

They put glass on my sandals,
So my feet would bleed all day,
And they forced me to wear them,
Or they said they'd make you pay

I'd be under the sea,
but you hold me above.
'Cos you're the man i love

(ritornello)

The captain found out 'bout us,
And ordered them to throw,
Us both overboard tonight,
Together we will go.

But i'm yours you know
And I'll love you still in hell

I hope they didn't tie up,
Your hands as tight as mine,
I'll see you on the bed of this
Blue ocean babe, sometime

But i'm yours you know
And I'll love you still in hell
Down we fell
And i'm singing.

(ritornello)


.
Un fotogramma da Point G di Gael.

2010 - Gaël - "Point G". Da: Youtube.

Questa volta il nuovo video che Jodel Saint-Marc ha realizzato per Gaël Valot, per la canzone "Point G." (G come Gaël, come punto dell'orgasmo femminile, e come Gay) si rivela per i miei gusti un po' troppo eccessivamente eccessivo.

La vicenda del clip è semplice: un signor G. (il cantante) invita due coppie (etero) di amici a cena. Inizia a cantare per loro, e a un certo punto fa scivolare la performance in un palese tentativo di trasformare la cena in un'orgia a cinque.

Due dei suoi ospiti (un uomo e una donna) appaiano affascinati dalla prospettiva, mentre i loro rispetti partner, scandalizzati, abbandonano la casa.
Dopo un congruo numero di fotogrammi tesi a farci comprendere, senza mostrarcelo, che il trio sta adempiendo al suo desiderio, inizia ad apparire sangue fra le mani del signor G., che alla fine sarà ripreso di spalle mentre osserva i corpi distesi (morti, o solo esausti dal piacere per quanto un po' strapazzatini?) dei suoi partner.
Ma nel fotogramma finale la mano della donna che se n'era andata lo afferra con violenza da dietro. Vendetta, o intimazione a fare a lei quello che era stata fatto agli altri? Chissà...

A differenza di quanto avviene nel precedente video Jesus is gay, che nonostante la demenzialità del testo ha una sua coerenza narrativa, qui la decisione di scandalizzare per il gusto di scandalizzare è piuttosto scontata, e non costituisce una sorpresa per nessuno. Voglio dire, tutti i video di Saint-Marc si concludono ormai con situazioni sadomaso, quindi era il minimo che potessimo aspettarci. Un artista dovrebbe evitare di ripetersi troppo...

 
Un fotogramma da Point G di Gael.

La canzone, come migliaia di prodotti dello stesso tipo, è decisamente gradevole, pur senza essere destinata a lasciare una traccia nella storia della musica occidentale: si ascolta con piacere, e si dimentica senza dispiacere.
Si poteva fare di più...
 
[Torna in cima alla pagina]


.

2010 - Kazaky - "In the middle". Da: "Youtube".

Il gruppo ucraino dei Kazaky è il tipico prodotto dell'epoca di Internet, e più specificamente di Youtube. Su Youtube sono stati infatti lanciati con un'operazione di marketing chiaramente pensata per i gusti del mercato occidentale. Cantano in inglese, e solleticano sfacciatamente i gusti del mercato gay.

Una loro biografia, apparsa sulla versione inglese di Wikipedia (prima ancora che su quella in ucraino!) con tempestività troppo sospetta per non essere frutto del loro P.R., specificava che il gruppo era nato dalla volontà del coreografo Oleh Zhezhel e del suo partner (sic) Artur Archibaz. La voce di Wikipedia è stata prontamente editata per far sparire l'aspetto gay del gruppo (se volete divertirvi, leggete i commenti isterici che chiedono di cancellare del tutto la pagina!), ma la versione precedente può essere ancora recuperata nel riepilogo storico.
E l'aspetto gay emerge comunque da una bizzarra caratteristica pensata per farsi notare: il fatto che i ballerini danzino indossando vertiginosi tacchi a spillo.
Oltre a ciò (ma questa potrebbe essere solo una strategia di marketing) può mirare soltanto ai gay l'insistenza con cui il regista ritrae il torace nudo e imperlato di gocce d'acqua degli scultorei ballerini.

In questo primo video del gruppo gli aspetti gay sono perciò decisamente espliciti, e al tempo stesso mitigati da qualche scaltra strategia che permetta, a chi non vuole vedere, di non vedere. In particolare, i tacchi a spillo sono specialmente visibili in una ricorrente figura danzante in silhouette (controluce), che per un riflesso condizionato s'è portati a identificare con una donna, proprio grazie alla presenza dei tacchi a spillo. Solo un esame attento di questa figura rivela che si tratta d'un uomo. E se si arriva a capirlo, a questo punto il gioco diventa fin troppo chiaro.

 

Il video è assai curato dal punto di vista formale, anche se deve scontare l'handicap d'un testo che è semplicemente inesistente (tre parole ripetute all'infinito!) e di una musica dance che è poco più che rudimentale, ripetitiva all'eccesso. Lo salva solo la bravura dei ballerini, che oltre ad essere carini sanno decisamente muoversi, alternandosi in scene sui tacchi a spillo e scene di break-dance.

Prodotto destinato a un rapido consumo, un rapido successo e ad un'altrettanto rapida scomparsa, i Kazaky sono comunque riusciti a proporre qualcosa di diverso dal solito, in questo videoclip, anche se onestà impone di dire che per un filmato musicale qui la musica ha un ruolo davvero marginale, rispetto alla danza e all'esibizione degli addominali torniti.
Ma sempre l'onestà impone di notare come, sul tema gay, questo gruppo sia esplicito in modo del tutto inusuale nel Paese d'origine (e non solo).

Forse fra un anno (passata la novità della "trovata" dei tacchi a spillo e perso l'interesse per gli addominali esibiti ormai per troppe volte), i Kazaky sembreranno vecchi e scontati, ma fino ad allora, restano un gruppo simpatico, molto orientato verso la sensibilità gay, ed anche bravo a ballare.
Il video merita quindi la visione.

[Torna in cima alla pagina]
 


.
 
Fotogramma da Alejandro di Lady Gaga

2010 - Lady Gaga - "Alejandro". Dal Cd: The fame monster.

"Lady Gaga copia Madonna!". "No che non la copia!"....
Ecchissenefrega. Se la copia, è diventata ormai migliore dell'originale, se non la copia, lo fa per cosa? Per produrre canzoni che, come questa, per stile e arrangiamenti potrebbero benissimo stare in un album di Madonna senza che nessuno noti la differenza -- e questo non è un complimento.
Dunque, rinfoderiamo le pistole ed esaminiamo questo nuovo video per quel che è e per quel che vale.

Questa "Alejandro" di per sé è una canzoncina talmente scombinata che meriterebbe il dispetto che fa Paola Cortellesi alle cantanti superstar straniere, quando traduce alla lettera il testo e lo canta sulla musica originale: in questo modo la loro stupidità emerge in modo agghiacciante.
Ed anche qui, l'effetto non è che sia diverso:

Vere perle di saggezza esoterica...

Come per tutti i prodotti camp (quelli di Madonna in modo discreto, allusivo e malizioso, quelli di Lady Gaga in modo plateale, sfacciato, dichiarato ed esasperato) anche questo video non vuol dire assolutamente nulla. Si bea della bellezza dell'immagine in sé, perché il suo messaggio è che non esistono messaggi, e quelli che ci sono, sono falsi. Solo il falso è vero. (E se non avete voglia di rileggervi le "Note su Camp" di Susan Sontag, concedetemelo sulla parola).

Che l'ottica camp sia la chiave di lettura di quest'orgia visiva d'una decina di minuti lo dimostra un ballerino nella scena in cui un'ammucchiata di uomini assatanati e seminudi circonda e adora la cantante che, di spalle, si denuda. Andate a 8:16 e noterete che, nel momento in cui la nudità della diva appare ai suoi occhi, lui scoppia a riderle in faccia.
Ora, in un video come questo, in cui sono curati e controllati anche i riccioli delle ciglia delle formiche che passavano di lì, è escluso che questo "incidente" non sia stato lasciato deliberatamente, come strizzata d'occhi. "È tutto falso, è tutto staging, è tutta recitazione. Per questo lo adoriamo".
In una parola: è camp.

Video e canzonetta non hanno alcun rapporto. La canzonetta non è stupida: è francamente cretina, al di sotto del limite dell'incomprensibilità. Lady Gaga ama Alejandro (che ha una "lei" che lo concupisce), però va a letto con Fernando e con Roberto, e deve prendere una decisione. Fine della canzone.
Viceversa, il video è una tale orgia di spunti visivi che la comprensibilità è fuori discussione. Ma se lo dicessimo al regista probabilmente si offenderebbe:
"E cosa c'è da comprendere? Non vi bastano i corpi muscolosi dei maschiacci che si agitano, e la vostra diva preferita che ondeggia come una silfide, sodomizza maschi, ingoia un rosario e appare vestita (in rosso) da suora? E il costumino bianco con la freccia rossa la cui punta termina esattamente sulla vagina? Che altro volete? Anche un significato, adesso?".
No, ovviamente no, non oseremmo mai fare tale sanguinosa offesa! Anche perché chi ha provato a trarre un significato se ne è uscito con questa follia esegetica, che ho trovato su Facebook:

Vi risparmio il resto... Credo che questo signore non abbia capito che qui non c'era nulla da capire.
Ci sono tante belle immagini patinatissime (da spot di moda: il regista, Steven Klein, è in effetti un fotografo di moda), note musicali patinatissime, arrangiamenti patinatissimi, una cantante patinatissima che se non altro canta bene e balla bene ed è pure giovane e carina, e poi ci sono 12 elefanti maschiazzi 12 a torso nudo. Serviva forse altro, scusate? Ovvio, che no.
 
Due ballerini che si divertono...

Un bravissimo coreografo, "fuso" di cervello come tutti i collaboratori della Gaga, ha introdotto vaghi elementi militari e nazi che non c'entrano una cippa con il testo ma che sono infilati lì perché sono carini, e questo basta. Se da un lato ci (mi) offende la scelta politically very uncorrect dei maschioni paranazisti seminudi che all'inizio trasformano una marcia militare in un balletto, d'altro canto alla fine si rivedono gli stessi, completamente vestiti in cuoio, che incedono ai lati della diva in perfetto "catwalk" da passerella di moda, in modo languido e svenevole... e non credo che questo farà esultare i paranazisti.
E la bara, e il funerale iniziale sotto la pioggia? Che c'entravano?
Ripeto, guai a cercare una logica (che c'azzecca il supermodel Evandro Soldati in mutande con in testa un casco da poliziotto londinese borchiato? Nulla, ma era decorativo, quindi ce l'han messo).
La sola logica di questo clip è l'estetica. Non c'è un significato, non c'è un messaggio, c'è solo la voglia di produrre un clip perfettamente patinato e che stupisca. Esteticamente funziona, nel suo delirio onirico da Pink Narcissus? Sì. E allora che altro volete ancora?

Ovviamente, e prevedibilmente, data quest'ottica, era scontato che l'omoerotismo del clip fosse assolutamente sfacciato.
Non tanto nelle scene con ballerini muscolosi in mutande, o in quelle degli stessi in calze a rete e tacchi a spillo su un letto (addirittura sodomizzati alla pecorina da Lady Gaga), e neppure nella fornitura industriale di maschi ignudi in pose plastiche e molto virili, e nemmeno nella totale assenza di figure femminili eccetto la Divà.
No, tutto questo non era ancora abbastanza!
Forse timorosi d'essere fraintesi e sospettati di cripto-eterosessualismo, gli autori del clip hanno infilato anche alcune figure di ballerini che si strusciano e toccacciano sullo sfondo mentre i loro colleghi sprecano energie in primo piano con la divazza.
Questo dettaglio non si nota immediatamente, anzi si nota meglio con qualche fermo immagine. Però c'è...

Concludendo. Era difficile stupire ancora di più che in Telephone, che in pochi minuti ha bruciato l'intero immaginario di visivo di un David Lachapelle, di uno James Bidgood e di venti altri visionari camp.
Qui c'è l'effetto-assuefazione: ad ogni nuovo clip servono dosi sempre maggiori di camp e di delirio puro per avere il medesimo flash mentale.
E in effetti, Alejandro non riesce a stupire di più di Telephone. Però a stupire altrettanto, probabilmente sì.

Lady Gaga è l'archetipo, l'Idea platonica, la matrice universale delle fag-hags.
Chinate il capo e il ginocchio, o checche di tutto il mondo, di fronte alla vostra profetessa e divinità!
E cercate di non scoppiarle a riderle in faccia almeno voi... diamine!

[Torna in cima alla pagina]
 


.
Scena d'orgia iniziale. A destra, due uomini s'abbracciano.
 
2010 - Minogue, Kylie, "All the lovers". Dal Cd: Aphrodite.

Pochi video contenenti tematiche/allusioni lgbt si qualificano in pieno, quanto questo, al titolo di peggior video lgbt della storia.

Frastornati dall'escalation d'eccessi ed esagerazioni camp dei video di Lady Gaga e compagnia cantante, il regista di questo clip ha deciso di non volersi far lasciare indietro da nessuno, e così ha a sua volta premuto sul pedale dell'esagerazione.
Dimostrando, nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno, che quella camp è una vera e propria estetica, e che per maneggiarla senza scottarsi occorre capirla bene, meglio se dall'interno. Essendo imitazione della paccottiglia, il camp non tollera imitazioni che non siano a loro volta camp, sotto pena di veder sparire la magia e quindi tornare paccottiglia tutto ciò che luccicava... Il che è esattamente quanto accade qui, avendo preso troppo sul serio una serie d'esagerazioni, che così non riescono mai ad essere camp.

Il testo della canzone spiega che: "Quelli che se ne sono andati prima / non sono paragonabili a te / (...) / Non reggono il paragone, / tutti gli amanti".
Il video illustra la tesi mostrando uomini e donne che s'incontrano per strada e si liberano dei vestiti, restando in biancheria intima (tutta molto alla moda, al punto da far pensare ad uno spot di underwear), e iniziano ad abbracciarsi, baciarsi eccetera, uomini con donne, uomini con uomini e donne con donne, con una suddivisione fra le varie opzioni molto politically correct mirata a "Rendere omaggio ai miei fans gay", come ha rivelato le cantante in persona.

Nel video si forma presto un crocchio di corpi brulicanti, 'ncoppa al quale sta, come la mozzarella in cima alla pizza, la cantante, anch'essa discintamente vestita, e fatta roteare e sussultare dal carname che brulica sotto di lei.

 
La piramide di corpi s'innalza...

Sarebbe stato già brutto così, perché quel brulicare di membra seminude dà l'impressione d'una scatola di cagnotti (per chi non fosse del Nord: larve di mosca, usate come esche per pescare) appena scoperchiata.
Ma lo storyboard si spinge ancora oltre, e il mucchio d'esseri umani inizia a crescere, a cono (sempre con la mozzarella che canta in cima alla pizza), e cresce, cresce, cresce, fino ad eguagliare in altezza i grattacieli.

E qui le immagini che evoca questo carnaio non sono affatto d'erotismo e sensualità delicata (nonostante un cavallo bianco che corre al rallentatore, che è alternata a quella della lievitazione della pizza). Viene in mente semmai, se va bene, un grappolo d'api pronte a sciamare, e se va male il brulichio di formiche intente a scarnificare il cadavere d'un topo. O altre cose peggiori, che preferisco non elencare.
Non so a chi sia venuta in mente l'immagine demenziale della catasta di corpi, ma il pensiero corre subito a coloro che stanno alla base, che certamente con quel peso immane addosso sono morti schiacciati, proprio belli cadaveri e stecchiti... Mooolto erotico...

Niente da fare: l'eccesso va affrontato senza eccedere. E invece qui s'è passato il confine impalpabile e invisibile tra eccesso camp ed eccesso semplicemente di cattivo gusto.

La mostruosa piramide di corpi.

Per carità: per quanto riguarda il lato formale, il video è fatto con estrema cura, le immagini sono spazzolate con attenzione una per una, ed è stata spesa una fortuna in computer-graphic. I critici sono entusiasti del lato formale, e chi sono io per contraddirli?
Il clip insomma non ha nulla da invidiare, per cura e confezione, ai filmati girati con tutti i santi crismi. Anche la canzone non sarà forse nulla di più che gradevole e orecchiabile, ma è confezionata con estrema cura (perfino eccessiva, risultando un po' leccatina).

Il punto debole non sta qui, perciò.
È proprio l'idea di base ad essere cretina. Il clip sembra uno di quegli spot di deodorante che promettono di diventare irresistibile al punto che chiunque passi a fianco ci zomperà addosso. Solo che mentre questi spot limitano (giustamente) l'iperbole al massimo a due o tre esempi di seduzione, qui la metafora s'è estesa a centinaia, migliaia di corpi, che si montano in groppa l'un l'altro come animali cosparsi di feromoni e impazziti per la fregola.
Disgustoso.

Non è vero che Lady Gaga si nasca: non esiste nulla di più costruito al tavolino di lei. Però è altrettanto falso che Lady Gaga ci s'improvvisi.
Come questo video ha dimostrato, e a proprie spese.

[Torna in cima alla pagina]
  


.
Un fotogramma da ''Te amo'' con Rihanna.
2010 - Rihanna - "Te amo". Dal Cd: Rated R.

Lo sfruttamento del tema lesbico per fini commerciali è antico quanto il mondo, e non s'è dovuto certo aspettare Rihanna per vederlo utilizzare nel campo dei videoclip (Madonna lo ha fatto a lungo, e molto tempo prima).
Eppure, pochi altri clips possono vantare quanto questo un uso altrettanto esteso e studiato a tavolino del lesbian chic per titillare e attrarre i consumatori.
A iniziare dal testo, che affronta apertamente e senza peli sulla lingua il corteggiamento lesbico d'una donna eterosessuale da parte d'una donna (che sarà spagnola o ispanica, visto che si esprime in spagnolo) che molto eterosessuale non pare proprio:

(Wow: non lo si può certo definire "reticente"!)

Quanto alle immagini: come in qualsiasi altro prodotto che usi il lesbian chic per vendere, anche qui le donne in campo sono belle da mozzare il fiato (la partner della cantante è la top model francese Laetitia Casta), giovani da fare invidia, ricche da far spavento (il clip è ambientato in... un castello francese), ed ovviamente false come un fiore di plastica.
 

Un fotogramma da ''Te amo'' con Rihanna.

Le due esibiscono un guardaroba degno di un defilé di haute couture, con abbondanza di tacchi a spillo, lingerie di pizzo nero, spacchi e centimetraggi di pelle nuda atti a rendere dritto ciò che era molle negli spettatori eterosessuali (maschi) assatanati.
Le fanciulle provvedono inoltre a strusciarsi di continuo su ogni pezzo d'arredamento a portata di tiro (con preferenza per mura e divani), e solo chi non abbia mai avuto una gatta in calore in giro per la casa non comprenderà da cosa possa essere causato un tale bizzarro comportamento.

Le immagini sono curate nei dettagli in modo spasmodico, ma è l'ossessione per gli status symbols a raggiungere livelli addirittura ridicoli (i personaggi del clip vanno in giro per il parco e per la casa seminudi, poi però all'improvviso spunta fuori un camino acceso, con fiammate alte a sufficienza per arrostirci un bue... e questo giusto per creare un poco di atmosfera!).
Per i più intellettuali fra noi, c'è perfino qualche metafora, come quando le due donne siedono ai capi opposti d'un lungo tavolo, nel mezzo del quale arde un fuoco che fa da barriera fra loro.

La canzone è di per sé riuscita, con un ritornello grazioso che ti rimane impresso, l'arrangiamento è estremamente curato, il suono è pulito fino alla leccataggine... E noi che in Italia non riusciamo a vedere trattato con rispetto il tema lgbt in un videoclip, non possiamo che essere stupiti per la spensieratezza e la leggerezza con cui Rihanna ha preso di petto (o di seno) il tema.
Tutti aspetti, questi, che raccomandano la visione di questo filmato.

Il solo dubbio che mi rimane è che la leggerezza del video mi pare eccessiva, come una bella scatola che dentro risulti vuota. Il risultato è infatti assolutamente indistinguibile da quella d'un filmato pubblicitario (ok, ok, anche un videoclip è un filmato pubblicitario, ma io intendevo dire "uno spot televisivo"), che inciampa deliberatamente in un luogo comune dietro l'altro allo scopo di far arrivare forte e chiaro un concetto a un pubblico di spettatori non propriamente geniali.
In questo contesto il lesbismo cos'è? Un altro prodotto fra i tanti? Una spezia per insaporire un hamburger? O forse una moda per donne ricche, annoiate, e senza nulla di meglio da fare?

Lo so, forse sono troppo severo.
Il clip è gradevole e non fa una grinza da nessuna parte. Ed io ho lottato per decenni affinché l'omosessualità diventasse un tema come mille altri, da trattare senza più nessuno scandalo o particolare attenzione, cioè con leggerezza e quasi spensieratezza.
...Ma allora perché vederla trattare con tanta leggerezza, e superficialità, come qui, mi dà così fastidio?
 

Un fotogramma da ''Te amo'' con Rihanna.

P.S. A dimostrazione del fatto che il lesbian chic non prende mai sul serio il proprio tema, di questa canzone, che è indubitabilmente a tema lesbico, esiste anche un videoclip in versione eterosessuale, con Justin Timberlake a subire le attenzioni erotiche della cantante...

[Torna in cima alla pagina]


2010 - Promo, parodie e fan-art


.
Un'immagine da ''Pag - The lady is dead''
 
2010 - Raz, Roy - "Pag - The lady is dead" (= The irrepressibles - "In this shirt", dal Cd: Mirror mirror, 2010).

Strane cose, ha reso possibili Internet.

Ad esempio questo videoclip, che non è un videoclip in senso stretto, dato che non è stato commissionato né dai musicisti (il gruppo da camera rock "The Irrepressibles", con un vocalist, Jami Mc Dermott, che ricorda molto da vicino Antony) né dalla loro casa discografica, bensì (almeno, così ho letto) come video promozionale da una serata gay di Tel Aviv, PAG.
È infatti opera d'un artista video israeliano, Roy Raz, che ha utilizzato una canzone preesistente ("In this shirt") come base per creare un filmato onirico e surreale, avente per fulcro l'amore omosessuale.

Che Raz abbia fatto centro me lo rivela il numero sorprendente d'amici che me lo stanno segnalando, con una diffusione tipicamente "virale", e questo nonostante il fatto che in Rete non si trovi praticamente nessuna notizia sul regista.

Il video colpisce per due motivi: per l'enorme impatto estetico delle sue immagini, e per la perfetta amalgama fra immagini e musica

Dopo lunghe e "raffinatissime" discussioni esegetiche coi miei amici, sono giunto alla conclusione che le immagini non "significano" nulla. Non esiste, in altre parole, una narrazione: la forza del video si basa interamente sull'impatto estetico e visivo delle immagini stesse.
Anche l'immagine apparentemente più "semplice" da decifrare - due donne che giocano a tennis palleggiandosi un cuore - non è tale: quello che viene palleggiato è semmai un fegato, come si può notare con un semplice "fermo immagine".

La visione della realtà omosessuale di questo filmato tende ad essere al tempo stesso lirica e critica.
Per dirne una, l'intero video è girato con una viratura plumbeo-perlacea che non è certo gioiosa, ed alcune immagini sono alquanto crude, se non violente (un uomo ha il capo trasformato in un ammasso di brandelli di carne, che egli strappa, rimanendo infine senza testa).

D'altro canto un gruppo di tre ragazzi, non stereotipicamente belli ma decisamente graziosi e ritratti in modo assai lirico e affettuoso, si denuda al rallentatore e inizia un rapporto sessuale, che però è simboleggiato da un flusso di liquido nero volteggiante che parte da uno, attraversa il secondo, e si salda al pene del terzo.
 

Il surreale rapporto sessuale a tre.
 
Altri due ragazzi (graziosi pure loro) si toccano a vicenda con gran tenerezza, ma con mani sporche di vernice nera, per cui ogni loro carezza sporca sempre di più il corpo dell'altro.
 
Due ragazzi si sporcano carezzandosi

Oltre a ciò due ragazze quasi identiche (due gemelle?), come detto, giocano a tennis con un fegato, mentre altre due donne si affrontano e si guardano e si toccano: una di loro ha il pube trasformato in un triangolo di perle, e la seconda apparirà poco dopo con la bocca ingemmata di perle.

 
Il pube-gioiello.
 
Su tutto incombe un'eccentrica donna anziana vestita da ballerina (in tutù nero, come il cigno nero del Lago dei cigni) che in parte osserva imperturbabile, in parte manovra un tritacarne.
 
Intervalla la visione un gruppo di tre "classici" bodybuilders bonazzi che lavano un'automobile in calzoncini (un cliché che, assieme all'anziana signora, mi sembra citi direttamente il videoclip francese Wallie Catcha di MaMa) con gesti grossolanamente erotici.
 
I lavamacchina.

Tutte le immagini sono riprese al rallentatore, una scelta che conferisce al video un andamento solenne, maestoso, assolutamente adatto alla musica, che è a sua volta solenne e malinconica.

Le parole della canzone commentano un amore impossibile e perduto per un ragazzo di nome Jake, e contribuiscono al video con una vena di malinconia, d'amore intenso e disperato:

In conclusione.
L'arte non deve necessariamente "dire" qualcosa. Può anche limitarsi a "mostrare", lasciando che siamo noi spettatori a cercare di far "dire qualcosa" alle immagini.

Sicuramente è il caso di questo filmato, che pur non avendo un messaggio strutturato cattura lo spettatore con gli elementi sparsi e non strutturati della bellezza, della grazia, della maestosità, e della tristezza. Tocca ad ogni spettatore decidere come mescolarli, nonché quale significato far scaturire dalle immagini.

Mille di questi video, Roy Raz.

[Torna in cima alla pagina]


 .
 Un'immagine del video California gays

2010 - Yezak, Ryan James - "California gays". Da: Youtube. [Parodia del brano "California gurls", di Kate Perry].

Iddio esiste e punisce i malvagi.
Lo si deduce dalla punizione inflitta alla perfida casa discografica della cantante statunitense Kate Perry, che quest'estate ha lanciato il motivetto da spiaggia "California gurls" (riprendendo il titolo di una canzone da spiaggia dei Beach Boys degli anni Sessanta), accompagnandola con un videoclip assolutamente vomitevole.

Già la canzone in sé non è altro che un tipico "tormentone" estivo (e come tale ci ha rintronati praticamente ovunque, fino a che è giunto l'autunno a graziarci), ma il clip peggiora le cose, proponendo la cantante come una coniglietta mielosa affogata in una marea di dolciumi e zucchero filato. E visto che il testo parla di quanto siano carine le ragazze della California, per capire cosa "ci azzecchino" i dolciumi del video con le parole della canzone immagino ci voglia la sfera di cristallo... oppure una forte compulsione eterosessuale che spinge a vedere le donne come dolciumi da divorare.

Di fronte a questo filmato svogliato e confuso che, come si suol dire (mi scusino del linguaggio le signore -- di entrambi i sessi) "ha pisciato fuori dal vaso", uno sconosciuto regista gay poco più che ventenne, Ryan Yezak, ha dimostrato una volta di più che la crisi dell'industria musicale nasce molto più dalla carenza d'idee valide che dalla "pirateria" internettiana. Con una manciata di dollari e un gruppo di studentelli universitari gay reclutati tramite la Rete, Yezak ha infatti creato "California gays",  una parodia che è decisamente più accattivante e riuscita del video ufficiale.

 
Un'immagine del video California gays
 
Va detto che il risultato è praticamente professionale, e questo si spiega con il fatto che la California è notoriamente base di un'industria del cinema attorno a cui ruota una quantità di professionisti tale, che trovarne qualcuno momentaneamente disoccupato, oppure ai primi passi e quindi alla ricerca d'occasioni per farsi conoscere, non s'è rivelata un'impresa difficile. Questo video "amatoriale" poteva contare infatti su coreografo (la brunetta scatenata col ciuffo nero), costumista, trovarobe, ballerini e quant'altro serve per realizzare un filmato "vero" (c'è stato perfino uno sponsor che ha coperto le spese!).
Insomma, la definizione di "amatoriale" in questo caso s'applica solo a metà, a differenza che in altre parodie sempre in chiave gay ispirate dalla medesima canzone, dove all'opera c'erano veri "dilettanti".
Solo qualche sbavatura evidente rivela anche ad un semplice "non addetto ai lavori" la confezione "autoprodotta": per esempio l'immagine del ragazzo che all'inizio del clip schecca contro uno sfondo di foglie è palesemente sovraesposta, i montaggi di riprese diverse in cui la luce aumenta e diminuisce di botto, oppure il fatto che il ballerino biondo alla fine del filmato sia praticamente ustionato dal sole (è color aragosta bollita), cosa che in un filmato professionale non sarebbe "passata". Ma si tratta pur sempre d'un filmato prodotto in casa, accontentandosi di quel che si poteva fare con pochi dollari, e nella cucina casalinga anche gli avanzi non si buttano, si riciclano.
 
Un'immagine del video California gays
 
Lo scatenato gruppetto d'amici non è intervenuto sul testo della canzone: l'audio è pari pari quello della Perry (che si dice abbia gradito l'omaggio, al punto da "tweettare" ai suoi fans l'Url del video su Youtube), il che rende ancora più camp l'operazione, dato che il video gioca sul senso che girl, "ragazza", può avere nel gergo gay. Per esempio mentre la Perry si chiede cosa sarà mai a rendere le ragazze californiane tanto speciali (sarà forse qualcosa nell'acqua?), le immagini mostrano un ragazzone che esce da una piscina...
La femminilità interiore prorompe da tutto il gruppo di "ragazze" che ballano, con una tale naturalezza da farci capire che qui c'è una deliberata polemica con lo stereotipo (sì, è diventato a sua volta uno stereotipo) del gay supermacho, tenuto a "dare una buona immagine" di sé e della "categoria". Qui si divertono tutte da pazze, quali sono, e il loro divertimento è contagioso, e si trasmette allo spettatore. I quattro milioni e mezzo di contatti registrati da questo video su Youtube nel momento in cui scrivo queste righe dimostrano che anche gli utenti hanno apprezzato il gioco.

Insomma, la godibilità del video nasce tutta da una sfacciata "checcaggine" non solo esibita, ma delibata ed ostentata, arrivando al punto da riprendere pari pari i passi dei balletti del primo dopoguerra con procaci ragazze in costume da bagno, fra palloni da spiaggia ed ombrelloni (qui, ovviamente, rigorosamente rainbow). La differenza è solo che qui al posto delle conigliette ci sono graziosi ragazzotti (scelti quasi tutti in base all'avvenenza fisica: notevole) che mettono in mostra la loro bellezza.
Tutto ciò ha prevedibilmente attratto le ire dei soliti catoni del mondo gay, che hanno accusato il video d'essere stereotipato e vacuo...
Critica che dimostra unicamente che al mondo, di palloni gonfiati che amano prendersi troppo sul serio, ce n'è dappertutto.
Anche fra i California gays.

Un'immagine del video California gays

P.S. Se interessa il video in cui il regista che spiega perché abbia provato l'irresistibile impulso interiore di girare questo clip, Why I made California gays, lo si trova su Youtube (ovviamente è in inglese).

[Torna in cima alla pagina]
 


.
Un'immagine del video ''Peacock''.
 
2010 - Yezak, Ryan James - "Peacock". Da: Youtube. [Parodia del brano "Peacock", di Kate Perry]
 
Le idee pazze e nuove di solito funzionano una volta sola: alla seconda magari restano pazze, ma nuove certo non lo sono più...

Dopo l'inatteso successo mondiale del video-parodia di "California gays", il regista gay Ryan Yezak ci riprova con una parodia d'un'altra canzone di Kate Perry, "Peacock" ("Pavone"), motivetto orecchiabile (ma nulla di più) interamente basato sul gioco di parole stupidino fra "peacock" (pavone) e "cock" ("uccello", nel senso di membro virile):

Un'immagine del video ''Peacock''.
 
La formula è la stessa del video precedente: un gruppo di ragazzotti sessualmente attraenti che ballano in mutande facendo le pazze, parodiando una canzone, ma senza intervenire sulla base musicale (anche in questo caso la voce è pari pari quella di Kate Perry e il testo è immutato). Anche in questo caso il video è autoprodotto e non commissionato dalla casa discografica: è nato specificamente per la diffusione non commerciale, tramite Youtube.

Peccato che la verginità si possa perdere una volta sola, e l'incosciente spensieratezza del video precedente (premiato da milioni di visite su Youtube) in questo replay sia totalmente svanita.
Infatti "Peacock", pur mantenendo l'aria un po' casereccia di filmato girato alla buona da un gruppo d'amici, questa volta ha ben presenti (fin troppo!) le potenzialità promozionali per i giovani artisti che hanno partecipato alla sua realizzazione (molto divertente l'interminabile lista finale di credits, che stupisce anche per la quantità di persone coinvolte per un lavoro dall'apparenza ostentatamente semplice e "alla buona").

Gli aspetti più gustosamente camp del video precedente (quelle del  gruppetto di "pazze" che schecca sulla spiaggia) sono stati qui mitigati, e l'ambientazione è più leccata e simil-professionale (appare perfino una "simbolica" e "artistica" sequenza in cui i ballerini, in una stanza candida, si carezzano sporcandosi a vicenda di vernice nera: immagino, ehm, questo conferisca lo spessore d'un vero e proprio "contenuto" intellettuale ad una canzone che parla di cazzi e cang... ehm ehm, pavoni?). Sembra perfino che i ballerini si divertano meno... magari per lo stress di dovere a tutti i costi riuscire a fare il bis del successo di "California gays".
 

L'angolino del contenuto ''artistico''.
L'angolino del contenuto "artistico".
 
Purtroppo quel che mette irrimediabilmente il piombo nelle ali a questo filmato è la canzone stessa: al di là del gioco di parole volgarotto, che ci si può anche divertire ad esplicitare per immagini (molto divertente la scena in cui un ragazzo alla fine lo mostra davvero, il "pavone") non c'era molto di più su cui lavorare. Anzi, la goliardata finale del balletto con i falli in strass verde, pur in piena sintonia con il testo della canzone, è solo di cattivo gusto e basta.
 
Il coreografo del video '?Peacock'' ha appena visto il pavone.
Il coreografo del video "Peacock" ha appena visto il "pavone"...
 
Ne è venuto fuori un videoclip carino, con tanti bei ragazzi che ballano a torso nudo, che però a conti fatti sembra il saggio finale d'una scuola americana di cinematografia, di quelli, per capirci, che invadono a dozzine ogni anno i festival di cinema gay...

Ciò detto, sia chiaro, il clip è godibile ed è sicuramente superiore, come qualità di confezione, ad un sacco di roba che viene propinata a titolo "ufficiale" dalle case discografiche.
I ragazzi fanno del loro meglio, e visto che il progetto non ha alle spalle una struttura di produzione professionale il risultato del loro lavoro è senz'altro egregio.
Il motivetto musicale è banale ma carino (e nulla di più) e la sua resa in immagini è adeguata.
Infine i ballerini sono nell'insieme decisamente boni (chi più, chi meno), il che immagino non dispiacerà a nessuno.
 

La goliardata col fallo in strass.
La goliardata col fallo in strass.
 
Tutto ciò non toglie che cercare di "elevare" una canzone cretina proponendo un lavoro "serio" e con qualche velleità artistica è una scelta suicida. La strada giusta, a mio parere, sarebbe stata ancora quella di "California gays": premere l'acceleratore sul lato demenziale e delirante, senza aver paura di tuffarsi nel camp da capo a piedi...

A conti fatti, comunque, il risultato è godibile e sono certo che tutti si divertiranno a guardarlo; dubito solo sul fatto che questo filmato "usa-e-getta" rimarrà nella memoria e nell'immaginario collettivo gay negli anni a venire.

[Torna in cima alla pagina]


 
<--- Torna all'indice di "L'omosessualità nei videoclip musicali".
<-- Torna al 2009.
Vai al 2011 -->
 

[Torna alla pagina principale] [Torna all'indice dei saggi di cultura gay]
[Mandami correzioni, suggerimenti o proponimi un nuovo link]