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UN NUOVO VON GLOEDEN
 
di: Giovanni Dall'Orto

Copertina di ''Von Gloeden ieri e oggi''

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I problemi che deve risolvere chi vuole proporre un nuovo libro di foto di Wilhelm von Gloeden (1856-1931) sono due: il primo è trovare foto autentiche, il secondo trovare foto inedite.

Il primo nasce da una serie di circostanze, non ultima la disinvoltura con cui dopo gli anni Cinquanta (dopo cioè che Roger Peyrefitte rilanciò nel suo Eccentrici amori [1949] la figura ormai dimenticata del "Barone di Taormina") chiunque possedesse foto di nudo d'inizio secolo le spacciava per opera di von Gloeden. Spesso laddove mancava la sua firma i collezionisti o i commercianti hanno trovato "simpatico" aggiungerla, anche perché in questo modo il valore commerciale aumentava...

Di fronte a tale disinvoltura (oggi impensabile) non va comunque dimenticato che negli anni Cinquanta e Sessanta le foto di Gloeden, oltre ad essere quasi sconosciute, erano classificate appena appena al di sopra della produzione pornografica, e  quindi non considerate meritevoli degli scrupoli filologici di una "vera" foto d'arte. 

Sia come sia, il risultato è che moltissime immagini di fotografi di nudo maschile di fine Ottocento, soprattutto von Plüschow e Galdi, girano oggi il mondo sotto il nome di Gloeden. Ancora di recente un editore americano ha proposto un lussuoso (e costoso) libro di "inediti di von Gloeden", che all'occhio di chiunque abbia visto un po' di foto dell'epoca si rivelano in gran parte di altri autori italiani, specie Plüschow e Galdi: alcune si direbbero addirittura opera di fotografi inglesi! Certe "disinvolture" sono tutt'altro che scomparse...

W. von Gloeden - Terrazza a Mazzarò (dettaglio) - 1904 circa

Il problema è ulteriormente complicato dal fatto che Gloeden iniziò a fotografare a Napoli sotto la guida del cugino Wilhelm von Plüschow (1852-1930), e quando si trasferì a Taormina portò con sé foto in cui appaiono modelli e oggetti di von Plüschow. Ad esempio, il modello del ritratto che apre il presente libro è usato normalmente da Plüschow; anche il broccato scuro alle sue spalle appare in innumerevoli foto di Plüschow. Eppure la foto viene dall'archivio di von Gloeden.

Il problema dell'autenticità delle foto è stato risolto, per il presente libro, utilizzando esclusivamente un archivio fotografico taorminese che fu creato utilizzando foto disponibili a Taormina, prima che venissero barbaramente disperse le immagini possedute dagli eredi di Gloeden (oggi in mano a un collezionista privato di Napoli che non mi ha consentito di esaminarle).

Questo archivio era stato già ampiamente usato da precedenti editori, e quindi a prima vista non presentava grande interesse. Al contrario, controllando per scrupolo, ho avuto una gradita sorpresa: coloro che mi avevano preceduto hanno tutti privilegiato un certo tipo di immagini "accademiche", scartandone altre meno "accademiche", molte delle quali presentate in questo libro.

Gloeden è stato in effetti conosciuto finora soprattutto per le sue foto "accademiche", oggi descritte per burla come: "ragazzi senza mutande con l'insalata in testa". Sono immagini, destinate in parte ai pittori, che cedono a tutti i vezzi di un certo accademismo allora imperante: urne, pampini, turbanti, alabastri, tappeti, scimitarre, pelli di pantera e chi più ne ha più ne metta.

Questo bric-à-brac teatrale (anzi, già cinematografico: il kolossal-kitsch di un film come Cabiria (1914) è un suo parente stretto) ha lo scopo di fornire una patina e un alibi artistico a una forma d'arte, la foto di nudo maschile, che i contemporanei di Gloeden dubitavano fosse arte: per molti era infatti solo l'avveramento dei più sozzi sogni dei pornomani.

Ecco perché tante immagini di Gloeden insistono al di là del logico e del necessario nel loro richiamo alla "classicità" e alla Grecia antica. In questo richiamo cercano disperatamente una giustificazione ideologica alla propria esistenza: gli orpelli e le "insalate" servono a smorzare l'intensità oltraggiosa ("pornografica") del nudo maschile, velandolo con il rispettabile schermo dell'"Arte" e della "Classicità".

Foto di Wilhelm von GloedenEbbene, l'esame delle foto "scartate" dagli editori che mi hanno preceduto mi ha permesso di scoprire che accanto ai ragazzotti "in insalata" pubblicati di solito (qualcuno per completezza appare anche nel presente libro), Gloeden coltivava una ricerca di nudo asciutto, "nudo e crudo", che non aveva bisogno di pretesti o scuse. È un nudo potente, di forte impatto, e soprattutto essenziale e diretto.

La vera "classicità" di Gloeden, la sua capacità d'innestarsi sulla grande e feconda tradizione del classicismo, appartiene senza dubbio a queste foto, e non a quelle in cui egli è costretto, per non scioccare i contemporanei, a nascondere proprio la classicità (che ha sempre esaltato senza puritanesimo l'Eros del corpo maschile nudo) sotto un classicismo di maniera e stucchevole, fatto appunto di pampini e bronzetti da souvenir turistico.

È proprio questa, ci pare, la parte meno caduca del suo lavoro. Agli occhi di oggi le scimitarre e i tappeti di Gloeden non conferiscono più quell'aura di "artisticità" per evocare la quale furono originariamente collocati nelle foto.

Foto di Wilhelm von GloedenE forse nessuno riuscirà oggi a vedere nel ragazzo nudo che suona un piffero il pastore di Teocrito e la Sicilia letta attraverso Teocrito, cosa comune ai tempi di Gloeden fra i turisti d'Oltralpe (come dire: i clienti di Gloeden). Oggi in quell'immagine noi vediamo un ragazzo siciliano d'inizio secolo in posa per un fotografo accademico che aveva letto Teocrito: e non è la stessa cosa.

Non lo è perché nel corso di quasi un secolo è cambiato il modo di guardare una fotografia, è cambiato il nostro modo di rapportarci a queste immagini e al linguaggio che parlano. Le suggestioni epidermiche e "gastronomiche", inserite per tranquillizzare i palati puritani dei contemporanei, sono mute per noi: in questo modo riesce finalmente a parlarci proprio ciò che l'orpello intendeva occultare e far tacere. 
Ciò che emerge è superbo, e colloca Gloeden fra i grandi artisti del nudo di tutti i tempi.

W. v. Gloeden - Dettaglio da: Nudo sdraiato su pelle di tigre. Datato 1926 ma anteriore.

Il secondo problema di cui abbiamo detto all'inizio di questa presentazione è trovare immagini inedite. La continua riproposta delle stesse immagini tende a far pensare che ormai il pubblicabile sia stato pubblicato. Non è così. Delle più di tremila foto (e qualcuno arriva fino a settemila) di cui sappiamo essere stato composto il catalogo di Gloeden, meno d'un migliaio è stato pubblicato.

Se si pensa che la collezione di negativi superstiti di Gloeden oggi in possesso del collezionista di Napoli comprende, mi è stato detto, circa un migliaio di lastre e duemila positivi, e che molte centinaia di foto diverse sono in mano di collezionisti di tutto il mondo, è facile prevedere che ci vorrà ancora parecchio prima che gli inediti si esauriscano.

Nel nostro caso abbiamo risolto il problema di fornire un'opera non ripetitiva esaminando tutti quanti i libri di von Gloeden messi in commercio fino alla fine del  1992, con l'eccezione di uno, Taormina fin-de-siècle, che ci è risultato introvabile. 
Abbiamo fotocopiato tutte le immagini, che abbiamo poi diviso per modello, e sulla base di questo "catalogo" è stata fatta la scelta, scartando le immagini già apparse altrove. 
Con quattro o cinque eccezioni: ci siamo permessi di riproporre alcune foto già edite per un motivo banalissimo: erano davvero belle, ed erano apparse solo su libri oggi non più in commercio. In altre parole, nel corso della scelta abbiamo scartato quattro o cinque mediocri o sbiadite foto inedite, preferendo altrettante foto edite ma belle. Spero che nessuno avrà a risentirsi per questa scelta.

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Il lavoro di catalogazione e selezione ha riservato alcune sorprese. 

Wilhelm von Gloeden - Doppio ritrattoLa prima è la scoperta del fatto che le distruzioni di negativi di Gloeden avvenute in epoca fascista, di cui si è tanto scritto in passato, potrebbero non avere inciso sulla sopravvivenza della sua produzione tanto quanto si era temuto. Mi sono formato la convinzione che almeno metà delle immagini di nudo di Gloeden sia sopravvissuta (e non è poco, per un genere d'immagini bollato come "pornografico"), e che la possibile scomparsa dell'altra metà non pregiudichi irreparabilmente la comprensione del suo lavoro.

Confrontando alcune immagini che ritraggono il suo campionario (che ci sono state tramandate) e l'insieme delle foto pubblicate finora, ho notato infatti che di tutte o quasi le sequenze di immagini presenti in quel catalogo ci è arrivata almeno una fotografia, e spesso anche due, tre o più. (Le sequenze presentano lo stesso modello nella stessa situazione con variazioni solo minime: in una il viso è di tre quarti, nell'altra è di fronte e così via).

Forse l'ultima produzione di Gloeden, la meno "accademica", è quella che potrebbe avere patito più danni, ma finché quanto è nelle mani dei collezionisti non sarà stato pubblicato, sarà impossibile verificare se ciò sia vero o meno.

Una seconda sorpresa emersa dal lavoro di catalogazione è stata una più giusta collocazione della produzione di nudo di Gloeden nell'ambito della sua più vasta produzione fotografica.

Esaminando anche il resto della sua produzione emerge con chiarezza come la Sicilia che Gloeden ha ritratto sia un luogo della fantasia: non è mai esistita. È infatti la proiezione di un'immagine costruita più da secoli di propaganda anti-italiana (cioè anti-cattolica) in terra tedesca che dall'osservazione: l'Italia come "terra in cui fiorisce il limone" (Goethe), terra di rovine classiche, e poi di briganti, preti, terremoti, barbarie culturale... e corpi splendidi.

von Gloeden, Autoritratto come brigante italiano

W. von Gloeden, Autoritratto come brigante italiano [ca. 1905].

Tutto questo, senza nessuna esclusione, appare nelle fotografie di Gloeden: e se oggi conosciamo e apprezziamo solo i suoi nudi è perché le sue foto di improbabili briganti o di preti da operetta ci fanno solo scappare da ridere, mentre le sue rovine classiche hanno la stucchevolezza della cartolina illustrata e del "souvenir d'Italie". 

Tutto questo spiega un poco l'incomprensibile estraneità e indifferenza che si percepisce in Italia, a iniziare da Taormina (ma non in Germania) verso Gloeden, che è un autore tedesco che ha prodotto per vendere a tedeschi e anglosassoni l'incarnazione delle loro fantasie preferite (tutte: compresi il brigante, il prete, la rovina classica... e il terremoto).

Quel tanto (anzi, quel molto) di razzistico che è il presupposto delle immagini di Gloeden è ovviamente estraneo a noi italiani, e spiega la nostra difficoltà a riconoscerci nel ritratto (in realtà una caricatura) che di noi il "Barone fotografo" ha lasciato.

In effetti, per vedere nei corpi dei pescatori e contadini che hanno posato per Gloeden, nelle loro mani callose e nei loro piedi screpolati e anneriti la "classicità" e la perfezione formale delle statue di Prassitele o Fidia, ci voleva una buona dose di autoinganno.

Ci voleva l'occhio di chi intendeva ad ogni costo vedere l'Italia come una terra pre-civile, selvaggia, con abitanti che vivevano seguendo gli impulsi animali della carne (e quindi della sessualità) senza l'ingombro della civiltà, colonialisticamente vista come "fardello dell'uomo bianco", maledizione dei popoli del Nord-Europa e protestanti.

L'Italia appare in queste immagini come il paradisiaco giardino... d'infanzia d'Europa, e la Sicilia in particolare come la terra priva del "fardello dell'uomo bianco" per il suo essere "araba" al tempo stesso che "greca" (e per la mentalità di un "ariano" nordeuropeo del XIX secolo (e anche del XX secolo) tra arabi, greci e italiani non esiste differenza). Quanti "ritratti di giovane arabo" ha prodotto Gloeden usando ragazzi di Taormina! È un caso? No, è l'espressione d'una mentalità: quella dei turisti nordeuropei che andando in Sicilia ne tornavano con un "souvenir d'Arabia".
 

In queste foto (del 1898 ca.) lo stesso modello, "Peppino", è usato per un'immagine "greca" e per una "araba". Il fotografo tedesco vede quindi nel ragazzo siciliano ciò che desidera vedervi: anche se pretende di "svelare" o "ritrarre" la realtà, in verità la crea.

Senza questo fondamento razzista, questa felix culpa feconda, non sarebbe stato possibile il mondo immaginario di Gloeden, nato inseguendo "altrove" (a Sud) un'inesistente età dell'oro pre-civile, pre-morale e pre-cristiana. 
Proprio come oggi noi italiani la inseguiamo nel Terzo Mondo, a iniziare da Pasolini in poi.

A mio parere Gloeden arrivò, alla fine della sua vita, a liberarsi, almeno in parte, da questa mentalità (magari costretto dall'evoluzione del gusto, più che per convinzione). Le sue ultime foto (riconoscibili dalle pettinature "anni Venti" ed "anni Trenta" dei modelli) non sono più archetipi incarnati, imposti dall'alto, ma ritratti di persone. Desiderabili e carnali finché si vuole, ma persone.

Ma qui il discorso ci porterebbe lontano, ed è ora di far punto.
 

Tomba di Gloeden
La tomba di Gloeden, nella sezione acattolica del cimitero di Taormina. Da Mussa, p. 70.

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Von Gloeden oggi

Assieme alle foto di Gloeden abbiamo voluto proporre immagini di autori contemporanei che si ispirassero a lui, per mostrare come, per vie diverse, l'impulso creativo liberato da Gloeden abbia funzionato da stimolo nelle generazioni successive di fotografi italiani. In effetti i fotografi di nudo in cui è avvertibile il richiamo a Gloeden sono molti più numerosi di quelli raccolti nel presente libro.

Esaminando le immagini di questi autori si nota come più che da von Gloeden stesso l'ispirazione sia stata stimolata dall'immagine fantastica della Sicilia che egli ha creato, che è diventata per i fotografi contemporanei un "luogo immaginario" in cui ambientare le foto, proprio nel modo in cui per Gloeden lo era il "luogo immaginario" della Sicilia di Teocrito.

Per Tony Patrioli, un autore che ha già pubblicato numerosi libri di fotografia di nudo (fra i quali ricordo Mediterraneo e Giro d'Italia, editi anch'essi da "Babilonia") riallacciarsi a Gloeden è stata quasi una scelta obbligata. 

Patrioli ha iniziato a fotografare il nudo maschile negli anni Settanta, quando in Italia Gloeden era praticamente il solo fotografo di nudo di cui fosse consentita una qualche circolazione. 
Attratto come Gloeden dalla bellezza "mediterranea" e per così dire "di casa nostra", Patrioli ha trovato in Gloeden un predecessore al quale ha sempre amato richiamarsi.

Dopo anni di strada, nel corso dei quali ha creato e imposto uno stile autonomo (si sente parlare spesso di una foto di nudo "alla Tony Patrioli"), egli ama ancora riallacciarsi in qualche immagine al mondo mediterraneo a fantastico di Gloeden, come citazione e "omaggio" a un precursore che ha mostrato quanto si potesse fare in un campo fino ad allora negletto.

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Per Sebastian (questo è ovviamente uno pseudonimo) che è nato e vive in Sicilia, a poca distanza dai luoghi dove Gloeden visse e lavorò, il richiamo a Gloeden è un pretesto di partenza, spesso citato intenzionalmente nelle pose e nelle ambientazioni. In lui però il richiamo alla classicità avviene come recupero di una tradizione che egli sente vivere in sé e nella sua terra: per questo i suoi ragazzi non sono figure di sogno, ma persone concrete.

Sebastian ha prodotto le foto che qui appaiono negli anni Settanta e Ottanta per alcune riviste tedesche, segno questo del fatto che la tradizione di foto "alla Gloeden" non si è mai spenta nel Paese d'origine del "barone fotografo". Il presente libro è il primo a cui "Sebastian" contribuisce.

fregio di separazione

Fare clic per un ingrandimentoInfine GiovanBattista Brambilla è, per la giovane età, separato da Gloeden dalla lezione di molti altri fotografi di nudo, in primo luogo Bruce Weber e Herbert List, ma ama, quando ritrae la bellezza mediterranea, riproporre come citazione l'atmosfera di Gloeden, sia pure filtrata attraverso le successive esperienze artistiche della foto di nudo.

Brambilla collabora con numerose riviste italiane e straniere; le foto che vi proponiamo sono le sue prime immagini pubblicate su libro.

Giovanni Dall'Orto

Ringraziamo per l'aiuto prestatoci Volker Janssen (Berlino) e Nino e Vittorio Malambrì (Taormina).

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L'autore ringrazia fin d'ora chi vorrà aiutarlo a trovare immagini e ulteriori dati su persone, luoghi e fatti descritti in questa pagina, e chi gli segnalerà eventuali errori in essa contenuti.

Note

[1] Edito in origine come prefazione del volume: Giovanni Dall'Orto (a cura di), Von Gloeden ieri e oggi, Babilonia, Milano 1993, pp. 3-5.

Quello che ripubblico è il testo originale, che al momento della pubblicazione ha subito i soliti adattamenti e tagli.

Ho però apportato qualche lieve aggiornamento e correzione e aggiunto ex novo la parte iconografica.



Edito in origine come prefazione del volume: Giovanni Dall'Orto (a cura di), Von Gloeden ieri e oggi, Babilonia, Milano 1983, Ripubblicazione non permessa senza il consenso dell'editore.

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